La campagna 2023-2024 è stata particolarmente favorevole per gli olivicoltori italiani, con produzioni abbastanza elevate a livello nazionale, pari a circa 324mila tonnellate, e un prezzo di mercato dell'olio extravergine di oliva che in questi giorni si è attestato a 9.575 euro alla tonnellata, con un incremento del 162% negli ultimi due anni.
Se gli olivicoltori italiani possono dirsi soddisfatti, non altrettanto lo possono fare gli spagnoli, che in questa campagna hanno portato a casa circa 800mila tonnellate di olio, a fronte di una media quinquennale di 1,4 milioni di tonnellate.
Ora la domanda che tutti gli olivicoltori si fanno è: come saranno i prezzi di mercato per l'olio extravergine di oliva a fine anno? Per avere delle indicazioni sugli scenari futuri abbiamo chiesto a Annachiara Saguatti, senior Analyst di Areté, società esperta di previsioni di prezzo delle materie prime agrifood.
I livelli produttivi della Spagna. Si noti che rispetto ai livelli della campagna 2021-2022, quelli dell'annata 2022-2023 sono diminuiti di circa 800mila tonnellate
(Fonte foto: Areté)
"Il prezzo raggiunto oggi dall'olio extravergine di oliva è ampiamente sopra la media degli anni passati e questo è dovuto principalmente alle condizioni climatiche sfavorevoli in Spagna, con una siccità perdurante che nella campagna 2022-2023 ha praticamente dimezzato le produzioni, colpite poi anche in quella 2023-2024", ci racconta Annachiara Saguatti. "Per avere un'idea dei prezzi per l'autunno, dobbiamo guardare all'andamento meteo dei prossimi mesi, con periodi critici, come quello della fioritura in aprile-maggio".
Sul fronte delle produzioni italiane l'annata appena passata non è stata malvagia, ma neppure sorprendente. Gli agricoltori nostrani hanno prodotto 324mila tonnellate, segnando un +34% rispetto all'anno precedente, ma comunque lontano da produzioni considerate ottime, sopra alle 400mila tonnellate. "Ad oggi le condizioni meteo per l'Italia sembrano favorevoli, ma il prossimo sarà probabilmente un anno di scarica, quindi non dovremmo avere produzioni molto elevate", commenta Annachiara Saguatti.
L'andamento dei prezzi dell'olio italiano e comunitario
(Fonte foto: Areté)
C'è poi il tema del prodotto extraeuropeo. Oggi i due principali produttori sono la Tunisia e la Turchia, con la prima particolarmente interessante a causa della possibilità per i commercianti di esportare in Europa a dazio zero. "Il peso delle importazioni sul totale della produzione in Ue arriva, in annate di scarsa offerta interna come le ultime due, di poco al di sopra del 10%. Lo scorso anno, tuttavia, la disponibilità di prodotto in particolare dalla Turchia ha sollevato il mercato Ue dalla pressione di una parte della domanda estera, permettendo un calo delle esportazioni", sottolinea Annachiara Saguatti.
A completare il quadro c'è il dato sulle scorte. Nei magazzini europei ci sarebbero appena 400mila tonnellate, diminuite nel corso degli ultimi anni per far fronte alla mancanza di prodotto proveniente dalle campagne.
"Se la produzione in Spagna dovesse tornare quest'anno alle medie storiche, prevediamo un abbassamento dei costi della materia prima olio, che tuttavia rimarranno sostenuti a causa della domanda stabile e delle scorte scarse", conclude la senior Analyst di Areté. "Se invece si dovesse verificare una nuova contrazione del potenziale produttivo spagnolo, causato dalla siccità o da altri fattori, allora i prezzi dovrebbero rimanere elevati, se non aumentare".
C'è però un tema a monte da analizzare: il modello spagnolo, tanto decantato in passato, è in crisi? Nel giro di pochi anni infatti si è passati da 1,7 a 0,7 milioni di tonnellate. Il motivo, come abbiamo detto, è di tipo climatico. La Spagna ha circa 2,57 milioni di ettari di oliveti, un terzo dei quali è irrigato. Gli impianti superintensivi, benché molto produttivi, hanno un fabbisogno idrico ingente che nelle ultime due campagne non si è riusciti a soddisfare.
Le scarse piogge, sommate alla richiesta di acqua in altri settori, come quello turistico, hanno lasciato all'asciutto gli olivicoltori. Si potrebbero aprire dunque degli spiragli per l'Italia? Nel nostro Paese abbiamo 1,1 milioni di ettari di oliveto, un po' meno della metà di quelli spagnoli, ma produciamo intorno alle 300mila tonnellate (un quinto circa degli spagnoli). Gli spazi per crescere ci sono, dunque, ma occorre valutare se seguire il modello spagnolo, con il rischio però di esporre il settore ai cambiamenti climatici, o tentare di ammodernare i nostri impianti, avendo una gestione agronomica più moderna.
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