Otto giorni di intensi lavori che hanno visto il team di esperti Ue visitare macelli, luoghi di allevamento e di trasformazione in diversi territori dell'Isola, con il supporto dei colleghi del ministero della Salute, del Centro di referenza nazionale pesti suine, dal personale degli Uffici veterinari per gli adempimenti comunitari (Uvac) e dai Nuclei antisofisticazioni e sanità (Nas) della Forza Armata dei Carabinieri.
In attesa del report finale sulle azioni messe in campo dalla Regione, che sarà redatto nei prossimi mesi, gli ispettori del Fvo hanno comunque espresso un primo giudizio improntato a "cauto ottimismo". Il team Ue ha riscontrato infatti un nuovo approccio politico e una nuova visione complessiva del programma di eradicazione al cui interno è stata rivista la strategia d’azione e snellita la catena di comando con la creazione dell’Unità di progetto.
L’Unità di progetto ha apprezzato le prime osservazioni degli ispettori di Bruxelles, ribadendo la volontà di voler proseguire con forte determinazione verso il raggiungimento dell’obiettivo.
"Il nostro interesse - ha spiegato il responsabile dell’UdP e direttore generale della presidenza della Regione, Alessandro De Martini - non è ottenere piccole deroghe da parte dell'Ue, ma liberare per sempre la Sardegna dal bollino nero di zona infetta da peste suina africana. Una libertà che permetterebbe alla nostra Isola, e soprattutto ai territori dell’interno, di valorizzare le produzioni agroalimentari favorendo lo sviluppo e l’occupazione".
Gli ispettori Fvo hanno registrato un cambio di passo che fa la differenza rispetto all’ultima visita del 2013, quando sbarcarono in Sardegna alla chiusura di un biennio pesante sul versante dei focolai di Psa che avevano interessato i territori di sette delle otto Asl regionali.
Gli ispettori Ue hanno quindi invitato l’UdP a non abbassare la guardia e a proseguire le attività di contrasto del virus sia sul versante dei controlli sanitari sia in quello della lotta all’allevamento irregolare. Una strada da percorrere rafforzando il lavoro di squadra e allargando la comunicazione fra i soggetti istituzionali e gli allevatori illegali.
Un bilancio quindi importante che nasce anche dai numerosi studi presentati agli esperti europei dai tecnici del Servizio veterinario regionale e da quelli dell’Istituto zooprofilattico sperimentale della Sardegna, che monitorano costantemente la presenza della malattia fra i maiali domestici e il selvatico in tutta l’Isola.
Ultima relazione esposta proprio questa mattina a Sassari riguardava la presenza del virus nei cinghiali. Tanti dati raccolti sul campo dal personale della Regione e rielaborati poi insieme ai campioni prelevati dai cacciatori sui cinghiali abbattuti. Solo nella stagione venatoria del 2015-2016 sono stati quasi 15mila i rilevamenti giunti nei laboratori regionali.
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Autore: Mimmo Pelagalli