Insostenibili rincari

Il primo a crescere è stato il prezzo del grano duro, sospinto dall'emergenza sanitaria, che ha aumentato i consumi domestici.
Poi l'emergenza Covid ha innescato un cortocircuito, con rincari insostenibili per la maggior parte delle materie prime destinate all'alimentazione degli animali.
Ora è necessario intervenire per garantire la sostenibilità finanziaria delle aziende zootecniche e non perdere capacità produttive in un paese, come l'Italia, che è fortemente deficitario per i prodotti di origine animale.
E questo lo scenario tratteggiato da Achille Perego sulle pagine di "QN" del 13 settembre, che ricorda anche la necessità di un piano di potenziamento dello stoccaggio per le principali commodity, unitamente a un piano nazionale per aumentare la produzione di proteine per l'alimentazione degli animali.

Bisogna anche fare i conti sul peso che ha la logistica sul sistema agroalimentare e che con i suoi ritardi aumenta il peso dei costi.
Altre criticità si riscontrano nei noli marittimi e dei container trasportati via nave, dove l'aumento dei costi di nolo minaccia il record dei 50 miliardi di export ai quali punta l'agroalimentare italiano.
L'articolo si conclude ricordando l'aumento del prezzo degli imballaggi, che a volte costano più del prodotto che contengono.
Emblematico l'esempio del pomodoro, dove il margine della distribuzione supera il 50%, mentre il 18% riguarda la produzione industriale, il 10% la bottiglia che contiene il prodotto, il 6% va ai trasporti, il 3% per tappo ed etichetta, il 2% per la pubblicità e infine appena l'8% è il valore riconosciuto al pomodoro.
 

A Bruxelles piace il Prošek

Fa molto discutere la dichiarazione del commissario europeo all'Agricoltura, Janusz Wojciechowski, che ha definito la denominazione Prošek del vino croato come conforme ai requisiti di ammissibilità e validità.
Molti i giornali che il 14 settembre hanno commentato questa dichiarazione, e fra questi "Il Sole 24 Ore", dove Micaela Cappellini ha definito la vicenda come uno schiaffo di Bruxelles al vino made in Italy.
Ora l'Italia ha 60 giorni di tempo per presentare ricorsi e obiezioni a questa richiesta proveniente da Zagabria.
Un ok al Prošek croato sarebbe infatti un bello smacco per il Prosecco italiano, da tempo campione di incassi in particolare sui mercati stranieri.

La questione, prosegue l'articolo, appare alquanto complessa in quanto il vino croato, pur chiamandosi Prošek, non ha nulla a vedere con il nostro Prosecco, trattandosi infatti di un vino passito da bere a fine pasto.
A questo proposito Paolo De Castro, coordinatore del gruppo ricerca e sviluppo alla commissione Agricoltura dell'Europarlamento, conferma che si tratta di vini diversi, ma si corre il rischio di ingenerare confusione tra i consumatori, in particolare quelli extra europei.
Il Consorzio di tutela del Prosecco minaccia battaglia e probabilmente non saranno i soli, in quanto il via libera europeo sarebbe un precedente pericoloso le cui derive sono facilmente intuibili.
 

Pomodoro cercasi

Sono molti i giornali che anche nel giorno seguente, il 15 settembre, affrontano la vicenda del Prošek analizzandone altri aspetti, pur senza aggiungere molto, se non l'aumento delle proteste per questa decisione che Bruxelles potrebbe prendere.
Visto che in proposito ancora non è detta l'ultima parola, meglio ricordare un interessante approfondimento che il 15 settembre è stato pubblicato dal settimanale "Panorama" sul tema del pomodoro da industria e della sua trasformazione.
L'articolo, firmato da Carlo Cambi, inizia prendendo in esame la profonda crisi produttiva, tanto che ora l'industria di trasformazione fatica a soddisfare le richieste dell'export.
Intanto si ricorda che il pomodoro da industria vale 3,5 miliardi di euro, dà lavoro a 7mila imprese agricole, a 90 aziende di trasformazione ed impiega circa 10mila addetti.
Alla crisi del pomodoro si aggiunge quella della difficoltà di reperire la materia prima per produrre i barattoli per inscatolare pelati conserve e passate.
All'origine di tutti questi problemi ci sarebbero i cambiamenti climatici, con temperature anomale che hanno portato alla maturazione i pomodori nello stesso momento.

Al contempo la carenza di manodopera e le difficoltà del trasporto hanno bloccato i processi di trasformazione. Almeno 600mila tonnellate di pomodori, si legge nell'articolo, sono rimasti in campo a marcire.
Nel frattempo le importazioni in Italia di pomodori trasformati sono raddoppiate nei primi sei mesi di quest'anno.
È una filiera da ripensare, conclude l'articolo, dominata dalla grande distribuzione, che spinge i prezzi al ribasso e in questo modo favorisce i prodotti di importazione.
 

Le facce della sostenibilità

Coniugare fra loro sostenibilità ambientale, sostenibilità economica e sostenibilità sociale.
E' ricordando questi concetti espressi dal ministro per le politiche agricole Stefano Patuanelli che il "Corriere Fiorentino" del 16 settembre anticipa alcuni temi che saranno discussi all'indomani, in occasione del G20 dell'agricoltura, in programma a Firenze.
Fra i temi affrontati quello dei giovani e l'articolo a questo proposito ricorda che solo l'8% dei nostri imprenditori agricoli ha meno di quarant'anni, mentre la media europea è dell'11%.
 

Meno terra, più giovani

I dati Istat continuano a rilevare un aumento dell'occupazione in agricoltura e una maggiore presenza dei giovani, mentre l'export continua a registrare nuovi record, ma il settore continua a perdere terreno coltivabile.
È questa la denuncia che Anna Maria Capparelli affida alle pagine del "Quotidiano del Sud" in edicola il 17 settembre.
La terra si restringe, continua, e i prezzi delle materie prime agricole lievitano, ma senza benefici per i produttori.
Nel mondo sono stati cancellati 93 milioni di ettari di aree fertili e in Italia la situazione non è differente. Nel nostro paese, infatti, è scomparso un quarto delle campagne.

E oggi c'è fame di materia prima e manca all'appello il 64% del grano tenero e il 40% di quello duro necessario per produrre la pasta.
I giovani agricoltori, approfittando del concomitante svolgimento del summit G20 dell'agricoltura a Firenze, hanno ricordato le difficoltà che si devono affrontare nelle aree rurali, in particolare quelle marginali, a causa del divario digitale e della carenza di infrastrutture.
La parola d'ordine, conclude l'articolo, è innovazione per cambiare il volto del settore, accentuandone le caratteristiche di sostenibilità.
 

Chi paga la sostenibilità

Parlando di sostenibilità Giorgio dell'Orefice dalle pagine de "Il Sole 24 Ore" del 18 settembre ricorda che questa parola è citata nel Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza) ben 465 volte.
Un termine molto inflazionato, verrebbe da pensare, ma non c'è da stupirsi visto che il 90% dei consumatori si dice convinto della necessità di una "mobilitazione ambientale".
Quando però si passa a parlare di prezzi oltre la metà di questi stessi consumatori si dichiara indisponibile a pagare di più per un prodotto sostenibile.
Così l'attuale rialzo dei prezzi delle materie prime rischia di frenare il percorso verso la transizione ecologica, soprattutto per la parte legata all'innovazione tecnologica.

Una situazione, prosegue l'articolo, che pone l'accento sulla necessità di coniugare insieme fra loro i temi della sostenibilità ambientale con quelli della sostenibilità economica e sociale.
Quando si affrontano questi temi, ricorda in conclusione l'articolo, è necessario resistere alla tentazione di cedere ai luoghi comuni.
Accade quando si parla di riduzione degli imballaggi e del packaging, dimenticando che portare l'ortofrutta sfusa sui banchi della grande distribuzione richiede sforzi imponenti in termini logistici e di refrigerazione, con pesanti impatti in termini di emissioni.
 

Il G20, finalmente

Dopo averlo trascurato nei due giorni di svolgimento, le risultanze del G20 dell'agricoltura che si è svolto a Firenze dal 16 al 18 settembre, hanno finalmente trovato un po' di spazio (non troppo, a dire il vero) sui principali quotidiani.
Fra questi "Repubblica" del 19 settembre, che ospita un servizio a firma dell'inviato Flavio Bini che ne sintetizza già nelle prime righe gli esiti: lotta agli sprechi, sostenibilità, difesa dei redditi. Che sono poi i pilastri della stessa Agenda 2030 per lo Sviluppo sostenibile.
Che però si trova a fare i conti con alcuni ostacoli imprevisti.
Fra questi il boom dei prezzi delle materie prime, che rischiano di mettere in ginocchio intere filiere.
Ad allarmare è in particolare il balzo in avanti del grano duro, sospinto dal calo della produzione in Canada e da movimenti speculativi.

La sfida più importante resta quella di assicurare cibo a un pianeta sempre più affollato e dopo sei anni dall'avvio di Agenda 2030 occorre prendere atto che un quarto della popolazione mondiale è ancora alle prese con l'insicurezza alimentare.
Un aiuto potrà arrivare dall'innovazione tecnologica che la "Carta di Firenze" (come è stato battezzato il documento finale del summit) definisce come strumento per far crescere la resilienza e la sostenibilità dei sistemi agricoli e alimentari.
L'articolo si conclude ricordando che al summit si è anche parlato del recente "caso Prošek". Il commissario europeo all'Agricoltura, Janusz Wojciechowski, ha detto che le obiezioni dell'Italia (il nome ricorda il Prosecco e induce in errore il consumatore) saranno prese in considerazione, ma al contempo ha confermato che "non ci sono motivi per rifiutare la richiesta croata".
"Di cosa parlano i giornali quando scrivono di agricoltura?"
Ogni lunedì uno sguardo agli argomenti affrontati da quotidiani e periodici sui temi dell'agroalimentare e dell'agricoltura, letti e commentati nell'Edicola di AgroNotizie.

Nel rispetto del Diritto d'autore, a partire dal 23 novembre 2020 non è più presente il link all'articolo recensito.

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