La pubblicazione dei dati sull’avanzamento della spesa dei Programmi di sviluppo rurale nelle regioni del Mezzogiorno d’Italia, in particolare in quelle in ritardo di sviluppo, ha fatto rumore e smosso le organizzazioni agricole.

Sin dalle prime ore era stato il presidente di Coldiretti Puglia, Savino Muraglia – nella regione dove il disimpegno automatico delle risorse è ormai certo – ad attaccare: “La Regione Puglia continua a navigare a vista, senza correggere gli errori di programmazione, anzi peggiorando la situazione con modifiche ai criteri di accesso a bandi pubblicati nel 2016, con un effetto boomerang che ha aperto la strada ad ulteriori ricorsi”.
“I ritardi accumulati nell'avanzamento del programma di sviluppo rurale rischiano di farci perdere oltre 260 milioni di euro. – aveva sottolineato Muraglia - Questo è infatti il volume delle risorse che i nostri agricoltori e i nostri territori rischiano di perdere al 31 dicembre 2019”.

La Puglia – sulla base dei dati Agea aggiornati al 31 agosto 2019 - in realtà rischia di perdere sul Fondo europeo per l’agricoltura e lo sviluppo rurale 157 milioni in favore delle regioni più efficienti nella spesa, in primis la Calabria, che da tempo ha raggiunto gli obiettivi di spesa - lasciando senza possibilità di cofinanziamento europeo una spesa da 260 milioni, che dovrebbe essere ventilata, per essere ottenuta se pur con ritardo, da un incremento del cofinanziamento regionale pari al valore del disimpegno sul Feasr. Un controsenso nella regione destinata ad incrementare il budget del Psr per 330 milioni di euro sul Fondo sviluppo e coesione per fare fronte alla rigenerazione dell’olivicoltura nell’area infetta da Xylella fastidiosa. Soldi che la ministra alle politiche agricole Teresa Bellanova ha nuovamente assicurato arriveranno da gennaio 2020 in Puglia, nella sua visita resa ieri 

Sulla spinosa questione dei Psr al Sud si è mossa l’Anga, l’associazione dei giovani di Confagricoltura. Anche perché in prospettiva, a pagare il conto più alto nel caso il rischio di disimpegno automatico si trasformasse in realtà, sarebbero proprio i giovani del Sud che intendono investire nel settore agricolo. AgroNotizie ha intervistato Giangiacomo Arditi, vicepresidente nazionale per il Sud di Anga, che chiede una svolta sui Psr: meno burocrazia e maggiore aderenza dei programmi alle esigenze dei territori e delle imprese agricole. 

Psr nelle regioni in ritardo di sviluppo: dove stanno andando?  
"Basilicata, Campania, Puglia e Sicilia, sono queste le regioni in chiaro ritardo nella spesa dei fondi previsti dai rispettivi Psr. I dati che si evincono dal “Report di avanzamento della spesa pubblica dei programmi di sviluppo rurale 2014-2020” appena pubblicato da Rete rurale nazionale sono impietosi. Il rischio immediato è che non si riesca a raggiungere entro dicembre la soglia di spesa necessaria per scongiurare il disimpegno di parte dei fondi del Feasr.
Per essere chiari rispetto alle conseguenze di tanto, bisogna sottolineare quanto l’agricoltura sia importante per l’economia di queste regioni, quanto essa giochi un ruolo fondamentale nella tutela del paesaggio e nella produzione di quelle eccellenze in campo agroalimentare ormai indissolubilmente legate all’industria del turismo. Bisogna ricordare le decine di migliaia di operatori del settore, i loro posti di lavoro e la dignità delle loro famiglie e di quelle degli imprenditori del Sud che già si trovano ad operare in un contesto di deficit infrastrutturale".


Certo, l'agricoltura secondo Svimez da anni è uno dei driver di sviluppo del Sud, ma quali le conseguenze di un eventuale disimpegno del Feasr?
"I Psr sono uno strumento fondamentale per lo sviluppo di un settore strategico che non può permettersi di perdere tempo, di un settore che ha bisogno di rinnovarsi per far fronte alle sfide del presente. Il tempo è, in assoluto, un fattore fondamentale nei processi di innovazione e lo è ancor di più in un settore che per caratteristiche intrinseche non può sempre rinnovarsi con velocità: un nuovo impianto arboreo ha bisogno in media di 3-5 anni per entrare in produzione. La situazione è grave, alcuni settori dell’agricoltura sono in ginocchio. Con il disimpegno dei fondi la tragedia si trasformerebbe in farsa. E questa farsa credo sia ascrivibile principalmente ad una mala gestio della cosa pubblica intesa in senso lato".

Il rischio disimpegno in effetti sembra elevato, ma esistono al Sud anche modelli positivi?
inutile puntare il dito, gli operatori del settore comprendono bene la complessità del sistema, sono ben consapevoli dei vari piani legislativi e amministrativi che concorrono alla regolamentazione e alla gestione del nostro settore; esistono, però, esempi virtuosi come la Calabria (senza guardare necessariamente a nord) che ha già speso il 44,6% del suo budget. Tali esempi vanno seguiti. È necessario che si passi all’azione, con regole chiare e semplificando la burocrazia per evitare che i suoi legacci diventino un capestro. Nonostante tutto, gli agricoltori italiani (custodi delle meraviglie dei nostri territori), continueranno a combattere contro ogni difficoltà, come hanno sempre fatto, e continueranno a produrre quelle eccellenze che rendono l’Italia leader mondiale dell’agrifood. Sarebbe utile per tutti percorrere questo cammino avendo a fianco il volto efficiente delle istituzioni, quella parte dello Stato che quando funziona al meglio, funge da volano per l’economia. Ce lo aspettiamo, se lo aspettano le aziende storiche, se lo aspettano le migliaia di giovani che rappresentano il futuro del mondo agricolo".

Quali sono le prospettive per le quattro Regioni ancora a rischio disimpegno automatico del Feasr?
"Rispondo regione per regione, riferendomi ai dati messi a disposizione da “Rete rurale nazionale”. La Campania dovrà rendicontare 121 milioni entro fine anno per poter utilizzare i 73,2 milioni del Feasr.  Ad ora il rischio disimpegno è del 6,68% del budget, ma è probabilmente la regione più attrezzata per farcela. Devo sottolineare l’inadeguatezza del budget per soddisfare le richieste di primo insediamento e, probabilmente, l’adozione di criteri premiali di fondo perduto (in taluni casi fino al 90%) che hanno incoraggiato la classica “pioggia di richieste”.

La Sicilia ha il Psr con il più budget alto d’Italia, il cui 7,39% è a rischio disimpegno. Per scongiurare tale perdita dovrà rendicontare entro il 31 dicembre almeno 161,4 milioni. Qui gli operatori del settore sono meno ottimisti che in Campania. Anche questa volta la misura 6.1 (e non solo) poteva essere scritta con criteri più chiari per ciò che concerne le premialità riguardanti le “unità lavorative per anno”, evitando di prestare il fianco ad una moltitudine di ricorsi.

La Basilicata dovrà spendere 80,4 milioni. Benché la cifra possa sembrare più raggiungibile rispetto alle altre regioni, è proporzionata all’entità del suo Psr; balla sulle spalle degli imprenditori un disimpegno pari all’11,97 del budget. La situazione è critica.

La Puglia presenta la situazione più disastrosa. Il rischio di disimpegno tocca quota 16,05% e per evitarlo dovrebbero essere investiti ben 259,6 milioni (sempre entro il 31 dicembre). In questo caso l’evenienza in cui dovessero perdersi investimenti, in una regione già falcidiata dall’epidemia di Xylella, che rischia di spazzare via il settore olivicolo di uno dei più grandi produttori di olio al mondo, avrebbe veramente del paradossale.

Purtroppo il disimpegno di una parte di quel denaro è dato per assodato, noi rimarremo fiduciosi fino alla mezzanotte del nuovo anno, ma la perdita di anche un solo punto percentuale sarebbe una vergogna. Per conservare un po’ di ottimismo, bisogna ricordare che i soldi disimpegnati non torneranno a Bruxelles, ma resteranno in agricoltura andando a rimpinguare i Psr delle regioni virtuose".