E' quel che viene fuori da un comunicato della Cia di Livorno che fa un bilancio preventivo dell'anno in corso che non promette niente di bello per l'agricoltura della costa toscana, alle prese con i cambiamenti climatici.
Prima il tristissimo 2017 con le sue gelate d'aprile e la lunghissima siccità primaverile ed estiva, che ha fatto segnare il record di anno più siccitoso degli ultimi due secoli, chiuso paradossalmente da una alluvione che ha straziato Livorno, portandosi via nove persone e lasciando una enorme scia di danni in campagna e in città.
Ora un 2018 che si è aperto con le gelate in mezzo a un febbraio mite, che ha distrutto buona parte delle carciofaie della Val di Cornia, seguite poi da una primavera piovosa che ha impedito il normale andamento dei lavori in campo e che fa sentire anche ora i suoi strascichi. E i contraccolpi si sentono soprattutto sugli olivi, sul grano e sulle viti e ortive.
Sugli olivi, il gelo e la neve di febbraio hanno portato danni che sono apparsi chiari nei mesi scorsi con rotture della corteccia delle piante già all'inizio della ripresa vegetativa, che hanno aperto la via alla rogna, con sofferenza degli alberi e compromissione anche dell'allegagione.
Sul grano, sia tenero che duro, le piogge di fine primavera stanno facendo uscire dalle trebbiature in corso un grano slavato con basso peso specifico e poche proteine, una problematica che si sta facendo molto sentire quest'anno anche da altre parti d'Italia.
E il grano oltre ad essere di bassa qualità è anche meno, con una resa a ettaro più bassa, e con un prezzo che continua a rimanere sulle quotazioni basse dell'anno scorso, se non addirittura a scendere.
E ora le piogge ricorrenti ed il clima caldo umido di queste settimane, favoriscono lo sviluppo delle malattie fungine e delle infestanti, particolarmente sentito nelle vigne ma anche in altre colture, in particolare le ortive da pieno campo, costringendo gli agricoltori ad intervenire più frequentemente, con il conseguente aumento dei costi di produzione, che limano i già magri ricavi aziendali.
Insomma, un andamento anomalo, osserva la Cia, che se mai ce ne fosse ancora bisogno fa ben vedere quelli che sono i cambiamenti climatici in atto e le conseguenze per il territorio e la sua agricoltura.