"Ci sono moltissime persone straniere, in prevalenza cittadini europei, che lavorano nelle aziende agricole in Ticino e nel resto della Svizzera, ma non stiamo assolutamente vivendo una periodo di scarsità di manodopera", spiega ad AgroNotizie Sem Genini, segretario agricolo cantonale dell'Unione contadini ticinesi. "Le nostre aziende agricole sono di piccole dimensioni, spesso a conduzione familiare, e quasi tutte hanno persone di fiducia che vengono in Svizzera nel momento del bisogno, in prevalenza primavera ed estate, per lavorare. Non siamo dunque in emergenza manodopera, come si legge in giro".
D'altronde l'agricoltura svizzera non sta vivendo un periodo facile. Negli ultimi venticinque anni la superficie coltivata è diminuita del 16% e molte aziende agricole hanno chiuso o sono state rilevate. Il motivo? I costi di produzione elevati e la concorrenza internazionale rendono i prodotti ticinesi poco competitivi. Una situazione che accomuna Italia e Svizzera, anche se in proporzioni differenti.
Fare agricoltura in Svizzera significa avere a che fare con un ambiente eccezionale, ma difficile. Il costo degli input produttivi è elevato, come anche la manodopera. Le leggi confederali sono molto stringenti e con il franco ai massimi, è molto più conveniente importare materie prime a bassissimo costo dall'estero. Le produzioni locali però resistono, forti di standard qualitativi elevati e del marchio territoriale di provenienza.
Ma allora perché è nata la fake news della Svizzera in cerca di agricoltori? Da un lato c'è sicuramente il mito della Svizzera, ben radicato nell'opinione pubblica italiana. Dall'altro alcuni giornali nostrani hanno ripreso la notizia di un progetto per inserire rifugiati legalmente riconosciuti all'interno delle aziende agricole. Obiettivo: lavoro e integrazione. La notizia distorta che invece è passata è stata: in Svizzera ci sono pochi agricoltori e assumono gli immigrati.
La notizia ha avuto un eco così forte da spingere l'Unione Svizzera dei contadini a pubblicare un annuncio nella pagina dei contatti: "Al momento riceviamo molte richieste dell'Italia e da altre nazioni dell'Unione europea di persone che cercano lavoro riferendosi ad articoli apparsi sulla stampa italiana. Questi articoli menzionano solamente un programma per i rifugiati riconosciuti legalmente dalla Svizzera nella quale abbiamo a disposizione dieci aziende agricole. L'Unione Svizzera dei contadini non procura posti di lavoro nel settore dell'agricoltura e per questo motivo non possiamo aiutarla".
Assodato che in Svizzera non esiste una emergenza agricoltori è comunque possibile cercare lavoro. Ma come? "La cosa migliore è contattare direttamente le aziende agricole chiedendo se hanno bisogno di aiuto", spiega Sem Genini. "Sul nostro portale esiste una sezione chiamata Borsa del lavoro in cui vengono pubblicati annunci di chi cerca/offre lavoro. C'è poi il programma Agriviva che però si rivolge ai giovani che vogliono fare esperienza di lavoro e formazione in campagna".
A complicare la situazione ci si è messo il referendum federale 'Contro l'immigrazione di massa' votato dagli svizzeri ad inizio 2014. Una consultazione che, in estrema sintesi, chiede che nell'offerta di lavoro vengano privilegiati i cittadini svizzeri piuttosto che gli stranieri. La Confederazione ha dunque introdotto l'obbligo per chi cerca lavoratori di rivolgersi in primis agli Uffici regionali di collocamento e solo dopo ad altri canali. Questa novità entrerà in vigore dal primo luglio di quest'anno e coinvolge anche il settore agricolo. Prima gli svizzeri dunque, anche se i giovani che vogliono lavorare in valle o negli alpeggi è in diminuzione.
Per chi fosse interessato a conoscere meglio la realtà svizzera può iniziare dal sito dell'Unione contadini ticinesi. Nella sezione Area Lavoro sono presenti tutte le informazioni su come cercare lavoro e anche i minimi salariali. Questi ultimi sono molto alti, ma non se si pensa che un caffè al bar costa cinque euro. Per le info sugli agriturismi è invece consultabile questo sito.