Così il ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina ha commentato l'accordo approvato dal Parlamento europeo sugli Ogm: sancito ufficialmente il diritto degli Stati membri di limitare o proibire la coltivazione di organismi geneticamente modificati sul territorio nazionale, anche se questi sono autorizzati a livello europeo, per motivi di natura economica ed agricola.
"Un risultato che non era scontato e sul quale si lavorava da più di quattro anni - ha ricordato Martina - È una scelta che risponde alle attese degli agricoltori, dei territori e di tutti gli italiani che hanno a cuore la qualità, la tipicità dei nostri prodotti alimentari e la distintività del nostro modello agricolo. Bene quindi che ora sia data libertà di scelta ai singoli Paesi dell’Ue. In Italia rinnoveremo il divieto di coltivazione del mais Mon810 e proprio nei prossimi giorni ci confronteremo con i ministri Lorenzin e Galletti per procedere”.
L'accordo raggiunto con il Parlamento Europeo ha migliorato il testo approvato in prima lettura dal Consiglio europeo nel giugno scorso sotto tre aspetti rilevanti:
- le valutazioni sui rischi ambientali e sanitari, di competenza dell'Agenzia europea per la sicurezza alimentare, dovranno essere aggiornate ogni due anni per tener conto del progresso scientifico e del principio di precauzione che è un pilastro del diritto ambientale internazionale;
- gli Stati membri possono chiedere, tramite la Commissione europea, alle imprese produttrici di Ogm, di escludere i loro territori dal novero dei Paesi nei quali intendono chiedere l'autorizzazione europea alla coltivazione; ma questa fase di "negoziato" con le imprese non è più obbligatoria, e gli Stati membri potranno decidere di passare direttamente al divieto di coltivazione per le motivazioni indicate nella Direttiva;
- gli Stati membri, prima di introdurre il divieto di coltivazione, dovranno comunicare il relativo provvedimento alla Commissione europea ed attendere 75 giorni per il parere, ma durante questo periodo di attesa gli agricoltori non potranno comunque procedere alla semina dei prodotti interessati dall'ipotesi di divieto.
La notizia è stata accolta da un coro quasi unanime di commenti positivi da parte delle organizzazioni agricole italiane.
"Siamo di fronte - ha detto Roberto Moncalvo, presidente di Coldiretti - ad un importante e atteso riconoscimento della sovranità degli Stati di fronte al pressing e alle ripetute provocazioni delle multinazionali del biotech. L’Europa da un lato, le Alpi e il mare dall’altro, renderanno l’Italia finalmente sicura da ogni contaminazione da Ogm, a tutela della straordinaria biodiversità e del patrimonio di distintività del made in Italy".
Moncalvo ha inoltre ricordato che quasi 8 cittadini su 10 (il 76 per cento) si dicono contrari al biotech nei campi. Secondo una analisi della Coldiretti, nell'Unione europea nel 2013 sono rimasti solo cinque, su ventotto, i paesi a coltivare Ogm (Spagna, Portogallo, Repubblica Ceca, Slovacchia e Romania), con appena 148mila ettari di mais transgenico Mon810 piantati nel 2013, la quasi totalità in Spagna (136.962 ettari).
"Da parte nostra - ha spiegato la Cia - non c’è un atteggiamento oscurantista o ideologico, né una preclusione nei confronti della ricerca, ma è chiaro che bisogna tutelare prima di tutto quelle che sono le esigenze peculiari delle produzioni tipiche dei territori agricoli italiani, che sono appunto diversificate e legate saldamente alla storia, alla cultura, alle tradizioni delle variegate realtà rurali. Il nostro “no” agli Ogm scaturisce quindi dalla semplice consapevolezza che la loro introduzione può annullare la nostra idea di agricoltura e il maggiore vantaggio competitivo che abbiamo all’estero".
"D’altra parte, la domanda alimentare nel nostro Paese è chiara e netta: prodotti di qualità, tracciabili, biodiversi, tipici, che fanno grande il made in Italy nel mondo, con esportazioni che muovono 34 miliardi di euro l’anno - ha concluso la Cia - E i mercati stranieri chiedono vini, oli, formaggi, salumi e trasformati tipici dei nostri territori, con i loro sapori caratteristici assolutamente non omologabili".
A discostarsi il parere di Confeuro, per la quale la decisione del Parlamento europeo "rappresenta un passo indietro verso la conoscenza e, con tutta probabilità, l'antefatto di un prossimo caos".
Secondo il presidente Rocco Tiso, la posizione dell'Europarlamento "evidenzia ancora una volta l'incapacità dei Paesi europei di assumere una posizione condivisa e di raggiungere la costruzione di quel soggetto politico da tanti anni evocato. E' anche per questo che ci appare ancor di più incomprensibile la soddisfazione di istituzioni e organizzazioni".
"La libera scelta – ha concluso Tiso – farà prevalere le regole del mercato su quelle del buonsenso. E tutto questo avverrà sulle spalle dei cittadini e in piena continuità con le politiche agroalimentari che hanno causato la crisi del settore primario".
© AgroNotizie - riproduzione riservata
Fonte: Agronotizie