Da inizio anno il latte mantiene inalterate due costanti rispetto al 2019: produzione più elevata e prezzo più basso.
E nemmeno la leggera flessione delle consegne registrata in luglio lascia presumere un’inversione di tendenza.
Stessa cosa per il rialzo del prezzo del latte spot, quello venduto fuori contratto.

I dati riferiti da Assolatte confermano che nella seduta del 31 agosto la quotazione del latte spot sulla piazza di Lodi ha toccato i 35,25 euro al quintale, con un aumento del 2,92% rispetto a inizio agosto. Ma il confronto con i prezzi dello stesso periodo dell’anno precedente mostrano uno sconfortante meno 21,67%.

Se a questi due elementi si aggiungono le conseguenze sul mercato della pandemia, non ci si stupisce se il prezzo del latte non riesce a riportarsi su valori capaci di restituire un adeguato margine agli allevatori.
 

Consegne mensili di latte vaccino
(Fonte: © Ismea)

I mercati europei

Non va meglio sui mercati europei, dove il prezzo medio del latte perde ancora posizioni.
Le analisi della Commissione europea su questa filiera indicano in giugno una quotazione di 32,6 euro al quintale.

Rispetto al mese precedente la flessione è dell’1,1%. Situazione identica a quella registrata nel giugno del 2019, quando il prezzo registrava un calo dell’1,1%, ma che nonostante ciò quotava 33,5 euro al quintale, il 2,6% in più rispetto ad ora.
Unica nota positiva arriva dal prezzo del latte in polvere scremato, che segna un più 1,3% su base congiunturale.
 

 

Nel mondo

Un’occhiata all’andamento dei principali prodotti caseari nelle aree a maggiore produzione mostra una marcata dicotomia, che evidenzia come la situazione del settore sia tutt’altro che stabile.

Nella Ue l’aumento del prezzo del burro (+3,3%) si contrappone alla brusca caduta sui mercati Usa (meno 9,7%).
Situazione analoga per il latte in polvere, mentre il cheddar, il formaggio di riferimento per gli scambi internazionali, precipita di quasi il 30% negli Usa.
 


Quanto latte c’è

Per completare il quadro è necessario prendere in esame l’andamento della produzione, che nel caso della Ue registra nel giugno 2020 un aumento dell’1,9% rispetto al 2019 e identico aumento lo si riscontra nella produzione di formaggi.
Significativo l’aumento della produzione di latte in polvere intero (+6,6%) e del latte per il consumo fresco (+3,9%).

Aumenti che si allineano in misura quasi identica, specie per la produzione di latte, con quanto avvenuto negli Usa e in Nuova Zelanda (+1,8%), mentre la produzione australiana segna un modesto ribasso.
 


Il ruolo della Cina

C’è dunque più latte nel mondo e tenendo conto della riduzione dei consumi causata dalla pandemia, l’andamento dei mercati è condizionato più che in passato dai movimenti di import-export internazionale.

Un campo quest’ultimo dove un ruolo di primo piano è giocato dalla Cina, fra i principali acquirenti di prodotti lattiero caseari sui mercati mondiali.
Sempre con riferimento a giugno, che rappresenta il mese più recente per questo tipo di rilevazioni, la Cina ha aumentato le sue importazioni per quasi tutte le tipologie.
Ma va peraltro segnalato che questo aumento non ha premiato i prodotti europei, tutti in flessione nei flussi verso Pechino, con l’unica eccezione dei formaggi e del lattosio.
 


Le incognite

Per tentare una previsione sulla prossima evoluzione del mercato, occorre infine guardare cosa accade sul mercato dei formaggi, principale destinazione del latte prodotto in Italia.
Il prezzo del Parmigiano Reggiano (il riferimento è al prodotto con la stagionatura più breve, oltre i 12 mesi), che da gennaio a giugno non ha mai smesso di perdere posizioni sul mercato, scendendo sino a circa 7,50 euro al chilo.
Da qualche settimana si assiste a un leggero recupero, sino a raggiungere gli 8 euro al chilo. Poca cosa rispetto agli oltre 11 euro che venivano pagati un anno fa. Comunque un segnale di ripresa del quale tenere conto.

Che tuttavia si scontra con la debolezza delle quotazioni del Grana Padano “giovane” (nove mesi di stagionatura), scese a poco più di sei euro al chilo e ben lontane dai massimi di 8 euro registrati nel 2019. E la situazione non è dissimile per le stagionature più lunghe.

Tenendo conto che nella formulazione del prezzo del latte alla stalla si fa riferimento fra l’altro all’andamento di mercato del Grana Padano, è difficile che l’aumento del prezzo del latte spot visto all’inizio possa tradursi in un’inversione di tendenza del mercato. Sul quale pesano ancora le incognite della pandemia.
Tutti fattori che invitano a non spingere più del necessario sulla produzione di latte.
Compito difficile quello delle previsioni di mercato.
Un aiuto può venire dall'esame delle tendenze in atto. Ma occorre conoscere i "numeri del latte" e in tempi di mercati globali lo sguardo deve allargarsi a livello internazionale.
Le fonti non mancano e AgroNotizie le raccoglie per dare ai lettori gli strumenti per orientarsi.