Numerose sono infatti le ricerche che avrebbero ipotizzato legami fra agrofarmaci e malattie gravi. Ora nuove ricerche giungono a incupire gli scenari al centro dei quali giacciono i mezzi di difesa delle colture. L’ultimo della serie è uno studio pubblicato su Environmental Health Perspectives e sviluppato tramite una cooperazione fra diverse istituzioni americane, fra cui il “Department of Public Health Sciences” e la “Division of General Medicine, School of Medicine”, entrambe dell’università di California Davis.
Secondo i ricercatori, solo fra i bambini americani di otto anni dal 2007 al 2012 si sarebbe osservato un incremento del 78% nei casi di autismo e proprio gli esteri fosforici sarebbero stati correlati alle sindromi di tipo autistico. Non vi sarebbe invece alcuna correlazione con i generici ritardi nello sviluppo mentale, i quali parrebbero più attribuibili ai carbammati, ma su questo punto i ricercatori mantengono una certa prudenza. Infine, le esposizioni multiple (esteri, piretroidi, carbammati e organoclorurati) non avrebbero mostrato incidenze differenti da quelle delle classi chimiche singole.
Come impostazione, sono stati individuati 970 bambini, di cui 486 affetti da sindromi autistiche, 168 da ritardi generici e 316 “typical”, ovvero sani. Sono state poi correlate le casistiche di autismo in funzione della prossimità delle abitazioni ai campi in cui sono stati applicati insetticidi e da questa comparazione sarebbero emerse per i ricercatori alcune evidenze significative a sfavore soprattutto degli esteri fosforici. Le sostanze attive in questione sarebbero specialmente chlorpyrifos, poi acephate e diazinone.
Leggendo i risultati finali della ricerca californiana, le esposizioni a questi insetticidi prima del concepimento non pare abbiano effetti, mentre si riportano incidenze di un fattore 1,6 fra gruppi di bambini autistici concepiti entro 1,5 Km da aree trattate rispetto a quelli concepiti in aree non trattate. In pratica, se si vive vicino a campi trattati con esteri fosforici parrebbe esserci una probabilità del 60% superiore di sviluppare autismo nel nascituro. Numeri quindi importanti, anche se va sempre ricordato che ciò non significa che vivere in prossimità di campi trattati implichi il rischio del 60% di avere figli autistici, come talvolta viene frainteso quando si leggono queste percentuali. Tanto per intendersi, in Italia l’Osservatorio Autismo della Regione Lombardia segnala valori di autismo che variano fra 4,5 e 7 ogni 10.000 bambini. Ovvero percentuali fra 0,045 e 0,07%. In tal caso, un aumento del 60% del rischio farebbe salire questi valori a 0,072 e 0,112%.
Sia come sia, da studi dell’Epa statunitense l’autismo avrebbe iniziato a crescere in modo stranamente accelerato dopo il 1988, mostrando le percentuali maggiori di crescita fino al 1992. Poi, la crescita percentuale avrebbe rallentato, pur non arrestandosi mai. Crescite percentuali analoghe si sarebbero ritrovate anche in altri Paesi, come per esempio la Danimarca, anche se con valori molto inferiori in termini assoluti.
Non si stenta quindi a capire le motivazioni di ricerche mirate all’individuazione di una causa, come appunto la ricerca che ha dato spunto a questo articolo. Un vero peccato però che nella pubblicazione californiana non siano riportati i dati assoluti numerici su sui è stata sviluppata l’analisi statistica, ma solo i valori finali delle correlazioni. Le conclusioni dello studio sarebbero infatti state più intellegibili se oltre a riportare i valori numerici “prior conception”, cioè prima del concepimento (tab. 2 pag. 27), fosse riportata anche un’analoga tabella con i numeri “post conception”, ovvero quelli sui quali si sarebbe basata l’analisi statistica che avrebbe dimostrato quel famoso +60% di incidenza. Un giudizio completo sul lavoro in questione non è quindi possibile se non con un atto di fiducia. Gli stessi autori sottolineano i punti deboli della ricerca, soprattutto nella valutazione dell'esposizione. Questa infatti non comprende tutte le potenziali fonti, anche quelle non agricole, come per esempio gli usi istituzionali, residenziali, disinfestazioni, giardinaggio, nonché fonti alimentari.
Autismo e agricoltura in America
Mentre l’autismo cresceva del 78% nei bambini di otto anni fra il 2007 e il 2012, cosa succedeva agli esteri fosforici? La stessa Epa americana riporta dati in calo nell’uso degli insetticidi organofosfati, dopo un picco d’uso nel 1999 dovuto a un’esplosione del famigerato “Bollworm” del cotone, ovvero Pectinophora gossypiella. Fra il 1996 e il 1999 gli esteri sarebbero aumentati passando da circa 34 mila tonnellate a 41 mila tonnellate. Già nel 2004 si era scesi a meno di 21 mila tonnellate e nel 2007 si era sotto le 15 mila. In pratica, dal 1999 al 2007 si è assistito a un calo negli usi superiore al 63%.
Contemporaneamente, sulla medesima rivista che ha pubblicato la ricerca sull’autismo sono comparse altre ricerche che hanno evidenziato come fra il 1999 e il 2004 si siano più che dimezzati i livelli urinari dei metaboliti degli esteri fosforici nella popolazione americana (riduzioni fra 50 e 90%). In parole povere, nel corpo degli Americani sono circolati sempre meno esteri fosforici. Un parametro del tutto logico, considerando che nello stesso lasso di tempo gli usi avevano subito un’analoga diminuzione.
Dal momento che l’autismo si diagnostica dai 20 mesi in su, fino ad alcuni anni di età (scuole elementari), l’incremento dei casi di autismo osservati fra il 2007 e il 2012 dovrebbe essere dovuto, in caso i “colpevoli” fossero gli esteri fosforici assorbiti durante la gravidanza, a usi in crescita negli anni dal 2000 in poi. Cosa che non è invece avvenuta, mostrandosi al contrario un calo vistoso degli esteri proprio in quel periodo. Senza quindi nulla togliere allo studio californiano, guardando un po’ più dall’alto i trend epidemiologici, insieme a quelli degli usi agricoli, parrebbe non esservi alcuna correlazione. Per lo meno quando si parli di questa famiglia di insetticidi.
Leggendo poi i dati del “Centers for Disease Control and Prevention” e correlandoli con quelli relativi all’agricoltura si rimane ancor più perplessi. L’incidenza dell’autismo sarebbe infatti salita nei bambini di 8 anni da 1:150 nel 2000 a 1:88 nel 2010. Nel 2012 il rapporto sarebbe ulteriormente sceso fino a 1:68, con un minimo di 1:175 in Alabama e un picco di 1:45 nel New Jersey. Una differenza abissale che però con l’agricoltura pare entrarci poco, dato che in Alabama, Stato agricolo del Sud, si coltivano 965 mila ettari mentre nell’urbanizzato e orientale New Jersey sono solo 127 mila. In altre parole, vi si coltiva circa un ottavo dei terreni, ma vi sarebbe un’incidenza dell’autismo 3,9 volte superiore. Ciò collide non solo con le ipotesi che vorrebbero gli agrofarmaci responsabili dell’autismo, ma collide anche con quanti redigano disinvolti grafici di correlazione fra autismo e crescita degli usi di glifosate sulle colture trasngeniche, le quali nel New Jersey sono praticamente una rarità.
Si auspicano quindi ulteriori approfondimenti sul tema, magari ricordandosi anche di riportare nelle pubblicazioni tutti i numeri raccolti e non solo quelli derivati dalle proprie analisi statistiche…