Come tutti gli anni, l'Agenzia europea Eurobserv'ER ha pubblicato il Barometro delle Biomasse Solide con i dati consolidati del 2021. Malgrado la tassonomia, le farneticazioni della politica europea sul miraggio dell'idrogeno pulito e l'ostilità ideologica dei gruppi ecologisti, sono sempre più numerosi gli europei che si scaldano con la legna.

 

Involuzione al Paleolitico o dimostrazione che le ideologie "verdi" non trovano riscontro nella realtà fattuale? Al lettore la conclusione.

 

In questo articolo ci limitiamo a presentare la situazione di fatto in un riassunto del Rapporto di Eurobserv'ER. Rapporto che riguarda - è il caso di sottolinearlo - la situazione energetica prima dell'inizio della guerra in Ucraina, quindi il quadro generale non può che peggiorare.

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Il consumo energetico europeo nel 2021 è stato influenzato da tre fattori: un inverno più rigido e lungo di quelli precedenti, la ripresa delle attività economiche nell'uscire dall'emergenza covid-19, e le prime speculazioni sul prezzo del gas innescate dalla Russia prima di invadere l'Ucraina.

 

L'aumento simultaneo della domanda energetica e del costo del gas naturale ha spinto i grandi operatori energetici a sostituire i combustibili fossili con biomasse. Finite le scorte di combustibili solidi industriali, i continui aumenti del costo del gas hanno costretto gli operatori ad attingere dal mercato dei pellet "premium", innescando la competizione di prezzi con i consumatori domestici. Il risultato è stato un incremento dell'8,1% del consumo di biomasse solide rispetto al 2020 ed un'impennata del prezzo dei pellet (il prezzo ad agosto 2021 è quasi triplicato rispetto a quello dell'anno precedente).

 

L'insieme del consumo industriale di biomasse - cogenerazione, teleriscaldamento e generazione elettrica - e domestico - legna da ardere e pellet - ha raggiunto quota 104,2 Mtep (milioni di tonnellate equivalenti di petrolio). Le biomasse solide si collocano quindi al primo posto nella produzione di energia rinnovabile: più di tre volte la produzione eolica e idroelettrica (rispettivamente 33,2 Mtep e 31,8 Mtep nel 2021), sette volte la produzione da pompe di calore (14,9 Mtep nel 2021) e 7,66 volte la produzione dell'intero parco solare fotovoltaico (13,6 Mtep nel 2021, secondo stime preliminari dell'Eurostat).

 

Il contesto internazionale

L'Italia si colloca al sesto posto europeo per consumo totale (8,874 Mtep nel 2021), di fronte ad una produzione di combustibili legnosi pari a 7,59 Mtep. Tale sbilanciamento fra consumo e produzione fa del nostro Paese il primo importatore di biomasse solide, principalmente pellet per il mercato del riscaldamento domestico.

 

I principali produttori e consumatori di biomasse solide sono, in ordine decrescente, Germania, Francia, Svezia, Finlandia e Polonia. Il mix di biomasse solide forestali è costituito all'80% da "legna, residui di legname e sottoprodotti". Il restante 20% sono pellet, altri scarti industriali e biomasse più esotiche come "black liquor" (residuo della produzione cartaria) e bagasse (prodotte però nei possedimenti ultramarini francesi, considerati dall'Eurostat come territori europei). Le importazioni nel 2021, pari a 3,66 Mtep, sono state rappresentate maggiormente da pellet nordamericani e biomasse residue extracomunitarie.

 

Il pellet la fa da padrone

Fra il 2020 e il 2021 il mercato europeo del pellet è cresciuto complessivamente del 18%, raggiungendo 24,5 Mton. La crescita del consumo è stata più forte nel settore residenziale (17%) che nel settore industriale (11%). Il settore residenziale consuma il 66,1% dei pellet.

 

Il Consiglio Europeo del Pellet segnala che le mancate importazioni da Russia e Bielorussia, unite all'aumento della domanda per riscaldamento domestico, comporteranno scarsità delle forniture e aumenti sostenuti dei prezzi. Un altro fattore che si rifletterà sull'andamento dei prezzi dei pellet nel biennio 2021-2022 e che si sta prolungando nel 2023 è l'aumento del costo dell'elettricità, principale voce di consumo nella produzione di pellet.

 

Italia e Danimarca sono i principali consumatori di pellet con 3,4 Mton ciascuno. La differenza fra i due Paesi sta però nell'efficienza con cui tali pellet vengono utilizzati: in Danimarca alimentano anche impianti di cogenerazione, con utilizzo del calore in teleriscaldamento, da noi i pellet finiscono esclusivamente nelle stufe e nelle caldaie domestiche.

Se consideriamo solo l'utilizzo dei pellet per riscaldamento domestico, l'Italia mantiene il primato europeo (3,4 Mton), seguita da Germania (2,9 Mton) e Francia (2,7 Mton). La Danimarca scende al quarto posto con 2,6 Mton e al quinto posto troviamo la Svezia con 2 Mton.

 

Cogenerazione e teleriscaldamento a biomasse

L'Italia è al decimo posto in Europa in questa categoria. Meglio di noi sono Svezia, Danimarca, Finlandia, Francia, Austria, Germania, Lituania, Polonia e Paesi Bassi.

 

Per quanto riguarda la produzione elettrica con biomasse solide, siamo all'ottavo posto europeo con 2,385 Mtep prodotte in centrali termoelettriche (cioè sprecando il calore) più 2,144 Mtep in assetto cogenerativo. Questa nostra apparente arretratezza si deve alla parziale sostituzione del carbone con cippato. Nei Paesi del Baltico la cogenerazione è invece la regola, così come in Repubblica Ceca, Croazia, Slovenia, Lussemburgo e Ungheria. Detti Paesi partono dunque avvantaggiati nell'ottemperanza del "principio di priorità a cascata" contenuto nella Red III.

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Esiste un futuro sostenibile per le biomasse solide?

Il Rapporto conclude con alcune critiche di Pauline Lucas, direttore di Politiche dell'Associazione Euroheat & Power, alla bozza di revisione della Red II: "Limitare l'impiego di biomasse potrebbe peggiorare il processo di decarbonizzazione del nostro settore (calore ed energia elettrica, Nda), con rischio di allontanare il mercato dal sistema di teleriscaldamento (sottinteso come sistema più efficiente e ad emissioni molto ridotte rispetto al riscaldamento autonomo, Nda)".

 

Il neopresidente dell'Associazione di categoria Bioenergy Europe, Christoph Pfemeter, spiega che: "I negoziati del Green Deal hanno preso la piega sbagliata: obiettivi più alti di energie rinnovabili e decarbonizzazione, senza considerare un incremento proporzionale di bioenergia, non funzioneranno". E prosegue: "Abbiamo bisogno di più investimenti nel nostro settore invece di regolamenti Eu inapplicabili ed incertezze basate solo su emozioni. Abbiamo bisogno di massimizzare il potenziale delle energie rinnovabili e permettere alle biomasse sostenibili di circolare nel mercato, invece il Parlamento Europeo sta discutendo sulle limitazioni all'uso delle biomasse".

 

La comunità scientifica europea, rappresentata dal Joint Research Council (Jrc), ha elaborato uno studio molto dettagliato, purtroppo solo in inglese (The use of woody biomass for energy production in the Eu), con il quale ci ricorda che le foreste spesso vengono percepite come il nesso fra le soluzioni ai due grandi problemi dei nostri tempi: il cambiamento climatico e la perdita di biodiversità. Il Green Deal sarebbe stato concepito per dare soluzioni concrete a tali problemi epocali.

 

Lo studio del Jrc mette in risalto quali strategie gestionali sono benefiche e quali politiche potrebbero risultare dannose in termini di effetti sul cambiamenti climatico o di biodiversità.

 

Una cosa è certa: una politica di lungo termine per la decarbonizzazione della società europea e per la preservazione della biodiversità nel nostro continente non può prescindere dell'uso energetico della biomassa legnosa, né pretendere di spostare tutta la produzione di legname verso usi non energetici. La disponibilità di biomassa è limitata su scale temporali dell'ordine di lustri o decenni, mentre gli stock di materie fossili si sono formati a partire da biomassa accumulatasi per milioni di anni.

 

È dunque evidente che le biomasse legnose non possono sostituire completamente i combustibili fossili e le plastiche di origine petrolchimica. Per poter progredire nello sviluppo sostenibile, bisognerà fare delle scelte razionali, mettendo da parte l'emotività ed i pregiudizi cognitivi popolari, e gli interessi elettorali della classe dirigente.

 

Questo articolo è stato modificato in data primo febbraio 2023. Nello specifico è stato modificato il sottotitolo