In questo articolo tenteremo di fare un po' di luce sulle ricadute della tassonomia Ue sul comparto agroenergetico italiano.
Tralasceremo tutti gli altri argomenti - nucleare, gas naturale, agricoltura - che in origine erano inclusi nella bozza e sono stati rimandati a future direttive a causa dei disaccordi. In definitiva, tenteremo di rispondere alla domanda che sorge spontanea al comune cittadino: la tassonomia Ue porterà qualche beneficio concreto alla salute del pianeta? O è l'ennesima sorella dell'inutile direttiva sulla lunghezza delle banane (regolamento di esecuzione (Ue) n. 1333/2011 della Commissione del 19 dicembre 2011)?
Cos'è la tassonomia Ue e perché tanta polemica?
La tassonomia Ue è un sistema di classificazione che ha come scopo quello di definire quali attività sono "ecologicamente sostenibili", in modo da stimolare il mondo finanziario - banche, assicurazioni e gruppi di capitali - a investire maggiormente in esse. In sintesi: una "lista dei buoni", che per espresso volere della Ce non è abbinata ad una "lista dei cattivi", precisamente perché si deve intendere come strumento incentivante e non punitivo.Tale approccio è, nella modesta opinione dell'autore, il principale motivo delle polemiche che hanno accompagnato la gestazione della tassonomia sin dalle prime riunioni degli "esperti di alto livello" (High level expert group on sustainable finance, Hleg, un comitato istituito dalla Ce a dicembre del 2016). A quanto pare, i membri della Ce non hanno considerato il fatto che le persone percepirebbero come "cattivo" ogni settore o attività che non sia incluso nella lista dei "buoni". Quindi, il risultato di tale approccio è che tutti i diversi portatori di interesse e associazioni di categoria fanno pressione perché vogliono assicurarsi un posto nella lista dei "buoni". Come si può immaginare, quando un "cattivone" come il nucleare ha un posto fra i "buoni", e l'agricoltura invece viene depennata dalla lista, la bufera politica e mediatica è inevitabile.
La lunga gestazione della tassonomia Ue
A giugno del 2018 la Ce creò il Teg, Technical expert group composto da trentacinque membri - provenienti dal mondo della finanza, industria, associazioni di categoria, accademici e Ong - e supportato da oltre cento consulenti.Il compito del Teg è assistere la Ce nello sviluppo di:
- Un sistema di classificazione europeo, chiamato appunto tassonomia Ue, per determinare la sostenibilità di un'attività economica.
- Uno standard europeo per i Green bond, una serie di strumenti finanziari per implementare il Green deal.
- Metodologie di benchmark europei climatici e di comunicazione strategica.
- Linee guida per migliorare la comunicazione da parte delle imprese delle informazioni relative al clima.
In estrema sintesi, la tassonomia Ue è la lista delle attività economiche che si possono considerare sostenibili perché, secondo gli esperti del Teg, rispettano i seguenti tre criteri:
- Le attività contribuiscono sostanzialmente al raggiungimento di almeno uno dei sei obiettivi ambientali:
• Mitigazione del cambiamento climatico.
• Adattamento al cambio climatico.
• Sostenibilità e protezione delle risorse idriche e marine.
• Transizione verso l'economia circolare.
• Prevenzione e controllo dell'inquinamento.
• Protezione e ripristino della biodiversità e gli ecosistemi. - Il raggiungimento di uno degli obiettivi suddetti non causa un "danno significativo" agli altri. La definizione di "danno significativo" è abbastanza complessa, pertanto si rimanda all'art. 17 del citato regolamento (Ue) 2020/85. Il rapporto finale sulla finanza sostenibile, pubblicato dal Teg a marzo 2020, raccomanda inoltre l'applicazione delle norme ISO 31000:2018 Risk management guidelines ed ISO 14015:2010 Environmental management - assessment of sites and organisations (Easo) per valutare il "danno significativo".
- Garantiscono il rispetto delle normative sociali internazionali (ad esempio, le linee guida della Oecd sulle attività delle multinazionali e quelle dell'Onu sugli affari ed i diritti umani).
Le polemiche sull'agricoltura, i biocarburanti e le biomasse forestali
A dicembre 2020 la Eba, European biogas association, propose una serie di emendamenti al testo del rapporto finale del Teg, in quanto quest'ultimo:
- Non considera il concetto di "biogas fatto bene", il quale non comporta rischio di Iluc e quindi non produce alcun "danno significativo" a nessuno dei sei obiettivi.
- Discrimina le produzioni di biometano e di elettricità da biomassa, rispetto alle altre energie rinnovabili, inquadrandole come "attività transitoria" e definendo le soglie di emissioni equivalenti di CO2 in contraddizione con quelle stabilite nella Red II (direttiva Energie rinnovabili 2018/2001).
- Limita, senza alcun criterio scientifico, la codigestione di rifiuti e sottoprodotti agricoli.
- L'iniezione di "idrogeno pulito" nei gasdotti è inclusa esplicitamente nella tassonomia Ue, ma quella di biometano no.
- L'approccio alla selezione delle tecnologie è tendenzioso, a favore della mobilità elettrica o a idrogeno, e discrimina il biometano, in particolare per il trasporto navale, su gomma e rotaia.
- Limita l'utilizzo del biometano o del biogas per il riscaldamento, favorendo le pompe di calore elettriche, senza considerare le caldaie ad alta efficienza e le pompe di calore a biometano.
Radicalmente opposta la posizione delle Ong ambientaliste: il Wwf ha ritirato dal Teg i suoi esperti per protesta e indirizzato una lettera aperta alla Ce perché ritiene che i criteri di sostenibilità delle biomasse forestali contenuti nella tassonomia Ue non tutelino la biodiversità. Tale ammorbidimento dei criteri rispetto alla prima bozza del Teg sarebbero frutto delle pressioni di Svezia e Finlandia, due Paesi che soddisfano una grande percentuale del loro fabbisogno energetico con legna e hanno un proprio sistema di certificazione della sostenibilità.
Tutte le pressioni ricevute dai diversi gruppi portatori d'interesse hanno costretto la Ce a lasciare fuori dall'atto delegato i settori agricolo e nucleare, rimandandoli ad una futura direttiva da redigere ad hoc. I settori bioenergetico e forestale sono inclusi nell'atto delegato, ma soggetti a revisione futura.
Quali saranno le ricadute della tassonomia Ue sulle aziende agricole?
In teoria, nessuna.La pagina di domande e risposte della Ce parla chiaro:
- L'agricoltura è un'attività esclusa dalla tassonomia Ue e verrà emanata una direttiva ad hoc per inquadrare gli investimenti agricoli nel Green deal.
- La tassonomia Ue si applica solo ai mercati finanziari, cioè: banche, assicurazioni, fondi di investimento.
- L'applicazione della tassonomia Ue non è obbligatoria. È solo una metodologia di valutazione che serve a comparare la sostenibilità degli investimenti in base a parametri e criteri standard.
- Non sono previste penali per chi investe in settori non inclusi nella tassonomia Ue.
- Il fatto che un settore di attività economica non sia incluso oggi, non vuol dire che non lo sia in futuro, perché si tratta di un lavoro in costante evoluzione che attualmente copre solo il 40% delle attività economiche, scelte però fra quelle che complessivamente producono l'80% delle emissioni climalteranti.
In altre parole: supponiamo un ipotetico fondo finanziario che decida di investire in un'attività di allevamento di bestiame, in un deposito di gasolio agricolo e in una fabbrica di biodiesel di prima generazione. Poiché non sono contemplate multe o restrizioni, il fondo finanziario è libero di fare tutto ciò. Tuttavia, non gli è consentito presentare tale progetto agli investitori con la qualifica di "investimento sostenibile" e né ottenere garanzie dai fondi statali istituiti per l'implementazione del Green deal e del Recovery plan (ad esempio, le garanzie Sace green per rinvestimenti sostenibili, cioè in linea con la tassonomia).
Poiché l'attività agricola in generale è stata esclusa dall'atto delegato, dovremo aspettare la ridefinizione della Politica agricola comunitaria (Pac) e l'emanazione di una direttiva ad hoc. Nella pratica potrebbero esserci delle ricadute indirette, ovvero maggiore lavoro burocratico per qualche azienda agricola. Ad esempio, nel caso in cui il cliente sia una società gestita da un fondo finanziario, l'azienda agricola dovrà accompagnare la fornitura di materia prima a informazioni e prove sulle emissioni di CO2 della sua attività, sulla biodiversità locale o sull'uso di fertilizzanti chimici, per poter consentire al fondo finanziario di ottemperare ai suoi obblighi di rendicontazione ambientale. Si tratta però di una probabilità piuttosto remota per la stragrande maggioranza delle aziende agricole nostrane.
Più concreto il rischio di maggiore onere burocratico per le aziende agricole che intendano avvalersi di una società finanziaria, o di un mutuo bancario per la costruzione di un impianto di biogas o biomasse. L'atto delegato ha eliminato la definizione di "attività transitoria" e mantenuto la soglia di emissioni a 100 grammi CO2/kWh. Queste ultime vanno calcolate sull'intero ciclo di vita, utilizzando la metodologia della Red II (directive (EU) 2018/2001 of the European Parliament and of the Council of 11 december 2018 on the promotion of the use of energy from renewable sources). Pertanto, la società finanziaria, o la banca, dovrà rendicontare le emissioni climalteranti e richiederà all'azienda agricola la compilazione di qualche modulo addizionale oppure la relazione di un tecnico qualificato, con un possibile rincaro dei costi progettuali. L'art. 31 dell'atto delegato stabilisce però che i criteri per le bioenergie verranno rivisti nei successivi aggiornamenti, per cui non possiamo sapere se ci saranno ulteriori adempimenti da rispettare per accedere ai finanziamenti. Almeno per ora, nel processo di progettazione e finanziamento di nuovi impianti bioenergetici cambia poco o niente.
Riflessioni finali dell'autore
Come nella favola di Esopo, la montagna rappresenta la Ce e la sua ideologia plutocratica. Il "ridicolo topolino" rappresenta l'ingenuità - mista ad arroganza - della cupola politica europea, la quale crede che definire dei criteri per etichettare "green" i nomi dei fondi d'investimento basti per influenzare le logiche del mondo finanziario. La pretesa di esportare tale modello ai Paesi extracomunitari sembra un tanto presuntuosa, come se la Ce fosse il Messia del cambiamento climatico e le sue decisioni fossero infallibili e applicabili ovunque. Il fatto che governi notoriamente corrotti e più o meno totalitari come Argentina, India, Cina e vari Paesi africani aderiscano alla Ipsf, International platform on sustainable finance, aumenta il sospetto che la salute del pianeta sia l'ultima delle loro motivazioni. Da un punto di vista prettamente cartesiano, redigere una tassonomia degli investimenti "green" basandosi su un elenco di criteri semplicistici non significa che ciò sia un metodo "basato sulla scienza". Esso è senz'altro uno dei tanti sistemi possibili per incentivare l'economia "green", ma non è dimostrato che sia l'unico né tantomeno il migliore.I personaggi che, nelle illustrazioni d'epoca della favola, si spaventano e fuggono davanti alle doglie della montagna sono come i vari portatori d'interesse che abbiamo visto scendere in campo. Da un lato vediamo l'Eba difendere il suo "biogas fatto bene" come la panacea per perpetuare il "modello tedesco" del biogas da letame ed insilato in grossi impianti. Sul lato opposto vediamo il Wwf, il cui "no bioenergy" aprioristico ricorda la posizione frequente dei "comitati locali" nostrani.
Se l'obiettivo è decarbonizzare l'economia europea, la redazione della tassonomia Ue per incentivare il mondo finanziario è un approccio completamente sbagliato. Ciò che la Ce dovrebbe promuovere è l'integrazione circolare dei processi produttivi in piccoli impianti, il cui impatto ambientale è intrinsecamente basso.
Il “biogasfattomeglio” si trova nel Carso
Tale approccio è però difficile da implementare, ed il motivo non ha niente a che vedere con la finanza o la tecnologia. Semplicemente, i piccoli progetti diffusi capillarmente non piacciono né alle industrie né all'alta finanza, e nemmeno agli Stati. Le prime perché non ritengono economicamente conveniente gestire molti progetti piccoli e innovativi, in quanto ciò comporta automaticamente la necessità di assumere più personale qualificato ed uscire dal "business as usual"; per lo Stato è più facile controllare e tassare pochi grossi, definendo procedure autorizzative sempre restrittive, in modo da scoraggiare i piccoli. Mentre "la alta finanza" e la "alta politica" continuano a creare nuove commissioni di "esperti di alto livello" per "discutere democraticamente" i problemi che loro stessi hanno creato, sperando di trovare una soluzione "di loro gradimento", il pianeta si avvicina sempre di più al collasso degli ecosistemi.