Come sta il biologico? Domanda legittima, a pochi giorni dal Report della Commissione Europea, che ha reso noto il progresso della Superficie Agricola Utilizzata (Sau) coltivata in regime "organic". I dati indicano che nel 2021 l'agricoltura biologica copriva circa 15,9 milioni di ettari di terreno agricolo nell'Ue, pari al 9,9% della Sau. Nel 2020 la Sau a bio dell'Unione Europea era di 14,7 milioni di ettari, mentre nel 2012 l'estensione si fermava a 9,5 milioni di ettari (+68%).

 

In particolare, quattro Paesi dell'Ue rappresentano i tre quinti della superficie biologica totale dell'Ue nel 2021: Francia (17,4%), Spagna (16,6%), Italia (13,7%) e Germania (10,1%). In termini di estensione, parliamo di 2,8 milioni di ettari per la Francia, 2,6 milioni di ettari per la Spagna, 2,2 milioni di ettari per l'Italia e 1,6 milioni di ettari per la Germania.

 

Diversa è la classifica se osserviamo l'incidenza della Sau biologica sulla superficie agricola totale. In base a quest'ultimo criterio al primo posto nel 2020 si colloca l'Austria (26%), seguita da Estonia (23% nel 2021) e Svezia (20% nel 2021). Portogallo, Italia, Finlandia, Repubblica Ceca, Lettonia, Danimarca, Slovenia, Spagna e Grecia vantano quote superiori al 10% (dato: 2021, Fonte Eurostat).

 

Fanalini di coda in Ue per quota di agricoltura biologica si posizionano Bulgaria (1,7%) e Malta (0,6%).

 

La sintesi del Rapporto di Bruxelles mette in evidenza un settore in movimento, per quanto forse appaia ancora lontano il raggiungimento degli obiettivi fissati dalla strategia Farm to Fork della Commissione Europea, che si pone l'obiettivo di portare le aree coltivate con metodo biologico al 25% dei terreni agricoli coltivati in Ue entro il 2030. Molto complesso.

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L'altro elemento di riflessione riguarda il fatto che i numeri rappresentati si riferiscono al 2020 e al 2021, prima cioè della crisi innescata nel 2022 con l'invasione dell'Ucraina da parte della Russia. Una destabilizzazione dei prezzi, dei costi di produzione, della capacità di spesa delle famiglie notevolmente ridimensionata dall'inflazione, che ha stressato il settore del biologico.

 

Collocandosi in una fascia "premium prize", il biologico negli ultimi dodici mesi ha perso l'1,1% del proprio fatturato, fermandosi a 3,9 miliardi di euro, secondo l'analisi Nomisma/NielsenIQ pubblicata su Il Sole 24 Ore all'inizio di questa primavera. Cifre che collocano il bio solamente al 3,2% del giro d'affari complessivo del food&beverage.

 

I costi di produzione del biologico restano più elevati rispetto al convenzionale e non sempre il mercato, soprattutto nelle fasi di crisi, è in grado di trasferire per intero tali maggiori uscite. Inoltre, il comparto è oggi alle prese con un consumatore sempre più attento, che guarda oltre l'elemento "organic" del prodotto e chiede ulteriori elementi di sostenibilità, dal "residuo zero" a packaging più green. Fattori che, inevitabilmente, fanno salire i prezzi e restringono la platea degli acquirenti in una fase in cui l'inflazione resta particolarmente elevata. Oggi, infatti, circa il 30% delle persone in Italia acquista prodotti bio: non è poco, ma la platea potrebbe con qualche accorgimento essere estesa.

 

Intanto, sul versante della produzione in campo, nei giorni scorsi la Conferenza Stato Regioni ha approvato lo schema di decreto del Ministero dell'Agricoltura e della Sovranità Alimentare e delle Foreste per l'adozione del Piano Nazionale delle Sementi Biologiche, con l'obiettivo di aumentare la disponibilità delle sementi biologiche. Il fine è ridurre l'utilizzo di sementi non biologiche, contribuendo con agricoltori, ricercatori e tecnici ad un miglioramento genetico delle specie. "Il Piano - secondo quanto riportato dalla Conferenza delle Regioni - verrà aggiornato con cadenza triennale, assicura la disponibilità di seme di qualità e rappresenta l'opportunità di sviluppare una produzione agricola di pregio, sostenibile e sicura".

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Francia, biologico e mercato

In Francia il settore del bio non nasconde la propria preoccupazione. Dai dati pubblicati a inizio giugno dalla Agence Bio e rilanciati dal quotidiano Le Figaro, "i candidati alla conversione all'agricoltura biologica sono sempre meno e, se nel 2022 il numero di conversioni (5.330) rimane superiore a quello di chi getta la spugna (3.290), il divario si sta pericolosamente restringendo". Nel segmento dei suini o dei polli da carne le riconversioni per un ritorno al convenzionale sono ormai più numerose del percorso inverso per ottenere la certificazione "AB" dell'agricoltura biologica.

 

Tutto ciò a causa di una contrazione del mercato che in Francia si può sintetizzare in un calo delle vendite in volume del 7,6% nei supermercati nel 2022, aggravato nei primi mesi dell'anno con un -14% in volume per i prodotti bio. Lo scorso anno, secondo Agence Bio, il calo del fatturato per il comparto organic è stato del 4,6%, vicino a 600 milioni di euro.

 

Le conversioni forzate o, per lo meno, agevolate per raggiungere gli obiettivi della strategia Farm to Fork, non sembrano aver avuto successo, creando anzi una crisi derivata in prima battuta dalla sovrapproduzione e, dallo scorso anno, dalle difficoltà delle famiglie legate al boom dei prezzi.

 

Il mese scorso il ministro dell'Agricoltura francese, Marc Fesneau, ha presentato un Piano di sostegno con un importo di aiuti d'urgenza aumentato a 60 milioni di euro e con una dotazione complessiva di 200 milioni di euro. Basterà?

 

Il sindacato agricolo di riferimento per il biologico, la Fnab, ha stimato in 151 milioni di euro l'importo degli aiuti necessari nel 2022 per sostenere le aziende agricole biologiche, in particolare nei settori più colpiti, come latte, uova, carne suina e ortofrutta.

 

Germania, biologico in contrazione

In crisi anche la Baviera, tradizionalmente uno dei motori del biologico in Germania. Le conversioni hanno rallentato fino a quasi fermarsi, tanto che il governatore della Baviera Markus Söder definisce "irrealistico" l'obiettivo di innalzare la quota di agricoltura biologica in Baviera al 30% entro il 2030.

 

I calcoli li fa Michaela Kaniber, ministro dell'Agricoltura della Baviera, che posiziona la superficie coltivata ad agricoltura biologica nel Lander al 13,43% della superficie agricola totale, lontana di 16,7 punti percentuali per arrivare al 30% indicato dalla Commissione von der Leyen entro il 2030, quando mancano meno di sette anni.

 

La stagnazione dell'agricoltura biologica in Baviera, secondo il quotidiano Süddeutsche Zeitung, "va di pari passo con la contrazione del settore biologico nel suo complesso. Nel 2022, infatti, le vendite di prodotti bio sono fortemente diminuite", con una spesa inferiore di mezzo miliardo di euro rispetto all'anno precedente "a causa della crisi ucraina e dell'elevata inflazione".

 

Soluzioni in vista?

Come far ripartire i consumi? Alla luce delle evidenti difficoltà legate alla diminuita capacità di spesa dei nuclei familiari, una delle strade percorribili sembra essere quella della ristorazione collettiva e delle mense pubbliche. Un'opzione presa in considerazione tanto dalla Francia che dalla Baviera.

 

Di qui appunto lo stanziamento di 120 milioni di euro per raggiungere l'obiettivo del 20% di prodotti biologici nel menù di mense ed esercizi pubblici, come previsto dalla Legge Egalim.
Quello che è strategico, per rilanciare l'agricoltura biologica locale secondo Arnaud Rousseau, il presidente della Fnsea, il sindacato degli agricoltori francesi, "non è importare prodotti biologici, ma produrli qui".

 

Anche in Baviera si cerca di trovare la strada per aumentare sensibilmente la quota di alimenti biologici nella ristorazione collettiva, dalle mense aziendali agli asili nido, dalle mense scolastiche agli ospedali. Un comparto che coinvolge quotidianamente oltre 16 milioni di persone, dove la quota di prodotti biologici è appena dell'1% e ha notevoli margini di crescita.

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