Che cosa riserverà il 2020 all'agricoltura?


Verso un'agricoltura più sostenibile

Partiamo dalla coda di questo 2019. Da Madrid, più precisamente, dove la Cop 25, la conferenza sui cambiamenti climatici (una delle parole d'ordine anche del prossimo anno) ha chiuso con un nulla di fatto. Niente impegni ufficiali da parte di Stati Uniti e Cina, nessuna intesa sull'articolo 6 dell'accordo di Parigi sulla regolazione globale del mercato del carbonio e tutto rinviato a Bonn 2020. Che prezzo dovrà pagare il settore agricolo?

Nel corso del 2019 il mondo agricolo è stato oggetto di attacchi "verdi", con accuse - perlopiù eccessive o fuori fuoco - di non rispettare l'ambiente. Dita alzate in tono moralista e inevitabili conseguenze in Francia, Paesi Bassi, Germania, dove gli agricoltori hanno manifestato per respingere attacchi pretestuosi o eccessivi.

Fatto sta che un conto è riportare la discussione nell'alveo dell'oggettività, un altro è autoassolversi con formula piena. L'agricoltura dovrà impegnarsi in ogni caso per essere più sostenibile (la sostenibilità sarà un'altra parola chiave del 2020), che significa innanzitutto esserlo sul piano economico, prima ancora che ambientale e sociale. Senza margini di redditività, addio ricambio generazionale, addio competitività, addio futuro: resta solo la prospettiva di aree rurali ancora più impoverite e spopolate.
 

Dazi e rapporti internazionali

A livello mondiale il 2020 sarà un banco di prova significativo per i rapporti internazionali, dove l'agricoltura è spesso ostacolata da veti, mancate intese, barriere sanitarie e guerre commerciali. I dazi fra Stati Uniti e Cina - in via di risoluzione, parrebbe, salvo smentite - sono il primo esempio di tensioni che non hanno un impatto esclusivamente bilaterale fra le due parti in causa, ma estendono i loro effetti al mondo intero.
Il caso della soia, della quale la Cina è il primo importatore, è emblematico. Dire no alla soia proveniente dagli Stati Uniti, non significa solamente per Pechino privilegiare gli acquisti dal Brasile, ma allo stesso tempo impattare sulle rotte e le dinamiche internazionali di prezzo. Le conseguenze si riverberano anche sulla zootecnia italiana.

Dire Cina significa dire da diversi mesi a questa parte anche "peste suina africana", epidemia che potrebbe essere in fase di contenimento, almeno secondo alcune fonti, ma che ha completamente stravolto i mercati mondiali. Per l'Italia, benché non siano ancora stati aperti rapporti commerciali stabili, gli effetti sono stati positivi sui prezzi alla stalla (con il record in Cun di oltre 1,80 euro/chilogrammo per i suini grassi da macello per il circuito tutelato); di sofferenza, invece, per i macellatori. Secondo alcuni la spirale rialzista dovrebbe caratterizzare anche il 2020. Vedremo.
 

2020: l'anno della Brexit

Sempre in ambito internazionale il 2020 sarà (o dovrebbe essere, il condizionale a questo punto è d'obbligo) l'anno della Brexit. Quali saranno le conseguenze sul piano dell'agricoltura? Molto dipenderà da quando si riuscirà a perfezionare un accordo che per gli analisti potrebbe essere più simile a un "no deal" che a una vera e propria intesa articolata per consentire rapporti cordiali.
La data di uscita - o meglio del via alla Brexit - è stata votata dal Parlamento britannico per il prossimo 31 gennaio. La chiusura dei negoziati commerciali con la Ue è stata annunciata entro il 31 dicembre dello stesso anno, ma proprio il corposo dossier agricolo inviterebbe alla prudenza e alla possibile valutazione di un prolungamento delle trattative. Il rinvio, in ogni caso, non potrà durare più di due anni. Altro fronte interessante sarà capire quale accordo raggiungeranno Regno Unito e Usa, alla luce della simpatia reciproca che provano i due leader, Boris Johnson e Donald Trump (nel 2020, per lui, appuntamento elettorale alla Casa Bianca).

In tutto ciò rimane da capire quale sarà l'impatto sul bilancio comunitario della Brexit, tenuto conto che il contributo del Regno Unito è di 12 miliardi di euro l'anno. Una cifra non indifferente che avrà senza dubbio un impatto sulla Politica agricola comune 2021-2027. Il settennato è puramente nominale, in quanto è ormai assodato che almeno fino al 2022 non si innesterà la nuova Pac. E forse potrebbe essere un bene per gli agricoltori, almeno quelli italiani.
I tagli annunciati al budget per l'Italia sono di 2,7 miliardi di euro in sette anni, pari a circa 380 milioni di euro l'anno. Più tardi partono, meglio è.

Contemporaneamente, bisognerà capire quali declinazioni pratiche assumerà il New green deal voluto da Ursula von der Leyen, che avrà comunque riflessi sui vincoli di natura ambientale. L'auspicio è che non si tratti di un greening sotto mentite spoglie, visti gli scarsissimi risultati che ha avuto. Un insuccesso tale da essere appunto eliminato dai progetti futuri.

Per l'Italia si apre anche un'altra incognita: sarà mantenuto il budget della Politica agricola comune già in queste fasi, visto che il paese - causa burocrazia, ritardi nei bandi, scarsa propensione della politica a condividere la progettualità con il sistema agricolo - rischia di perdere, entro la fine del 2019, 435 milioni di fondi Ue? Se i fondi, in buona sostanza, non si spendono fino in fondo, è lecito lamentarsi per le prospettive di tagli?
 

Puntare tutto sull'innovazione

Il 2020 potrebbe essere l'anno del rilancio di agricoltura 4.0, almeno secondo gli auspici del governo. Alcune forze agricole in campo, però, sono piuttosto scettiche. I fondi destinati all'innovazione e al rinnovo di un parco macchine tra i più vetusti in Europa saranno sufficienti?
Le imprese agromeccaniche, escluse dai bandi, non sono convinte che la strada intrapresa sia quella corretta, rappresentando da sole il 30% dei volumi di fatturato conseguenti alle vendite di macchine e mezzi agricoli in Italia. Eppure, una timida apertura nei loro confronti si è attuata, con l'intervento di Regione Lombardia, che consente ai contoterzisti di accedere a specifiche misure per l'acquisto di mezzi agricoli.

L'agricoltura nel 2020 dovrà anche puntare sull'innovazione non solo all'interno del proprio settore, ma anche in tutte quelle realtà di supporto a sostenere le filiere, a partire dall'export. Questo significa logistica, infrastrutture, più interconnessioni modali e meno burocrazia, più treno e meno gomma. Il 2020, va da sé, non basterà a imprimere una svolta, ma è importante iniziare. Altrimenti ci ritroveremo sempre ad accusare la Spagna di correre troppo velocemente nell'export verso il cuore dell'Europa con la propria ortofrutta o con la carne suina in Cina, e continueremo a scagliarci contro gli accordi commerciali che aprono il varco alla frutta del Marocco e all'olio della Tunisia. Alibi.
 

Xylella e cimice asiatica, ancora loro

Sul piano sanitario il 2020 dovrà vedere impegnata l'Italia e le compagini internazionali per sconfiggere due piaghe che minacciano di far scomparire parte della biodiversità in Puglia e nel Nord. Il riferimento è alla Xylella e alla cimice asiatica. La prima diventata ormai una piaga stabile per gli olivi pugliesi (col rischio di deflagrare anche in altre aree d'Europa, dalla Spagna alla Costa Azzurra), la seconda flagello più recente, ma non meno devastante. Solo nel 2019 ha duramente martoriato le produzioni di frutta nel cuore della vasta area padana, provocando decine di milioni di euro di danni.

Obiettivo 2020: incrementare la produttività con meno energia e risorse, ridurre gli sprechi, crescere nell'export e cominciare a frequentare con maggiore assiduità l'Europa, compito numero uno se si vuole avere maggiore peso politico a Bruxelles. Buon 2020.