Condotta su diciassette aziende (12 in Emilia e 5 in Romagna) socie del consorzio Agribologna, per una superficie complessiva di 485 ettari, la ricerca ha inteso individuare quali siano gli elementi di valore, definibile equo, per i prodotti orticoli in Emilia-Romagna. Il lavoro scientifico condotto per la prima volta interamente sul campo - non attraverso dati statistici/web - fra febbraio e novembre 2018, ha richiesto 1.600 ore di rilievi. Sette le colture esaminate: cetriolo; lattuga (Gentile, Romana, Trocadero); melanzana; zucchino (chiaro e scuro).
Interessanti le riflessioni emerse sulla forza lavoro e le forme di conduzione aziendale: il campione vede praticamente scomparire la tradizionale famiglia coltivatrice e - con essa - il fattore di potenziale adattamento alle variazioni dei prezzi dei prodotti. Se è vero che il 35% del campione vede un ricambio generazionale, fortemente sostenuto dal Consorzio Agribologna, in linea con la tendenza del ritorno alla terra, è altresì vero che il 59% vede l'impiego di dipendenti salariati, il cui numero varia da 1 a 20, a seconda delle dimensioni aziendali e della fase di produzione.
Per ognuno dei prodotti, classificati in diverse classi qualitative sulla base della corrispondenza normativa, sono state rilevate tutte le operazioni colturali, con focus particolari sui momenti della raccolta, cernita, lavaggio e confezionamento. Sono poi stati incrociati i costi di produzione e la media dei prezzi ufficiali di acquisto, facendo emergere come un prezzo che non tenga costo di tutte le variabili, metta a rischio non solo la competitività delle imprese, ma anche la sopravvivenza di tipicità ed eccellenze dei territori (come la zucchina chiara di Bologna o la melanzana tonda).
“Oggi, a differenza di altri settori agricoli maggiormente sviluppati, il comparto orticolo non presenta dati ufficiali di produttività e di costi colturali. L'indagine ha inteso iniziare a colmare questa carenza, offrendo un bagaglio di conoscenze necessario per favorire la collaborazione fra imprese - in un'organizzazione di rete - in dialogo costante con la Grande distribuzione - spiega Lauro Guidi, presidente Consorzio Agribologna che ha introdotto i lavori -. Innovazione e competitività non sembrano più sufficienti a garantire la vitalità delle imprese, se non si affrontano sistematicamente le relazioni fra offerta e domanda. Solo con la collaborazione fra le imprese, il dialogo fra gli attori del settore e la profonda consapevolezza di elementi di valore oggettivi, come quelli emersi dalla ricerca, potremo garantire la competitività del settore, le esigenze del consumatore e la sopravvivenza di specie orticole della tradizione”.
E' urgente inoltre commisurare il prezzo all'aspetto qualitativo e prestazionale del prodotto. Nel comparto ortofrutticolo la qualità riveste un'importanza decisiva, ma è particolarmente difficile a definirsi, considerata la peculiarità dei prodotti. La proposta è quella di sostituire il termine "Qualità" con quello più univocamente riconoscibile di "valore", in modo che tutti gli attori della filiera possano associare più immediatamente l'opportuno costo, all'acquisto e al consumo di un prodotto/servizio. È oggi più che mai necessario operare all'interno di un sistema produttivo equo e legale, che identifichi e consideri la pluralità di variabili alla base della determinazione di un prezzo.
Commenta il curatore della ricerca, Luigi Vannini, professore ordinario di Economia e politica agraria: “È oggi necessario garantire contenuti aggiuntivi alla qualità, che potremmo definire plurima e sostenere un'equa individuazione del prezzo. La nostra orticoltura non può prescindere dal perseguire l'eccellenza qualitativa, dal forte legame con i territori e da contenuti distintivi che vanno individuati con chiarezza, riconosciuti e sostenuti. Lo studio presentato ha inteso dare un contributo, per una valorizzazione commerciale che lasci al produttore un valore congruo che gli permetta di fare reddito, competere, innovare, vivere. Oggi più che mai l'aspetto del prezzo deve essere commisurato all'aspetto qualitativo e prestazionale del prodotto stesso”.
Il campione esaminato presenta per la quasi totalità superfici medie superiori a quelle nazionali. L'accorpamento fondiario risulta buono, ma al tempo stesso emerge la complessità di un possibile ampliamento delle dimensioni aziendali, e di conseguenza limiti oggettivi a possibili economie di scala legate alla produzione. Per quanto riguarda le dimensioni economiche e la produttività, si tratta di dimensioni fisiche ed economiche importanti, ma molto meno uniformi di quanto ci si possa aspettare e potenzialmente fragili sotto molti aspetti.