In provincia di Benevento, in Campania, c’è Castelvenere, uno dei comuni più vitati d’Italia. E qui - nell’area del Sannio Doc – c’è un’azienda che ha costruito negli ultimi 30 anni la propria reputazione coltivando vitigni in biologico e ottenendo vini di alta qualità a denominazione: Antica Masseria Venditti. E si torna a parlare di vini senza solfiti, come possibile nicchia per le produzioni bio.

La famiglia Venditti ha rinnovato ieri, 18 settembre 2016, e per il decimo anno consecutivo, l’appuntamento con la vendemmia notturna nel vigneto didattico, dove sono custoditi i campioni di filari di tutte le uve presenti nelle vigne in produzione, coltivati in proporzione al contenuto delle singole bottiglie.

La vendemmia notturna è un’occasione d’incontro che consente di presentare ad un pubblico selezionato le nuove bottiglie, frutto della ricerca più recente. E fanno capolino le due bottiglie monovarietali della linea Assenza, prodotte in biologico certificato e senza ricorrere a solfiti, lieviti ed enzimi: una Falanghina ed un rosso chiamato Barbetta .

Nel vigneto di Antica Masseria Venditti – che oggi si estende su 11 ettari e produce uve per bottiglie buona parte destinate all'export - sono coltivate tutte le viti tipiche del Sannio. Frutto di un certosino lavoro di ricomposizione fondiaria operato dall’enologo e titolare dell’impresa agricola, Nicola Venditti, che ricorda: “Molti anni fa, per evitare che il patrimonio familiare potesse disperdersi, ho riunito uno ad uno gli appezzamenti più vocati per la coltivazione della vite”.

La scelta fatta in cantina – una bella struttura con capriate in legno lamellare - è di quelle senza compromessi: "Ho puntato tutto sull’acciaio – dice Venditti - con un occhio alla qualità del vino ed un altro ai costi delle botti in legno, che andrebbero rinnovate ogni tre anni”.

In vigna biologica Falanghina, Aglianico e Piedirosso sono accompagnati da molti vitigni minori, che spesso ricorrono nelle bottiglie cru ed uvaggio, ma che in alcuni casi diventano vini monovarietali dalla spiccata personalità.

E’ il caso del vino Barbetta Barbera: testimone del lavoro delle Cattedre Ambulanti, che nel 1928 scoprirono a Castelvenere un vitigno locale e ne resero nota la resistenza alla fillossera. Un pezzo di storia del territorio che è anche storia di famiglia: “Un mio antenato, che era anche all’epoca podestà del paese, portò il vitigno all’attenzione della cattedra ambulante, e dal momento che questo mio prozio portava la barbetta, il vitigno da allora si chiamò ‘L’uva di zio Barbetta’, che poi mutuò il nome in Barbetta”.
Il Barbetta - che per molti anni era stato confuso con il Barbera, per un errore, donde il nome della bottiglia - ha caratteristiche di elevata morbidezza che ne fanno un vino pronto ad essere consumato anche giovane.

Tra i monovarietali la novità del momento è la Falanghina della linea Assenza, che presenza una notevole morbidezza: “Senza solfiti – conferma Venditti – cambia il modo di vinificare e possono nascere prodotti assolutamente nuovi, ma credo che siano comunque destinati a rimanere una nicchia”.