Così ha commentato il segretario generale del Copa-Cogeca, Pekka Pesonen, al termine della Conferenza europea di Cork 2.0 sullo Sviluppo rurale, convocata 20 anni dopo la prima, e che ha portato alla Dichiarazione finale “A better life for rural areas”, cioè “Una vita migliore per le aree rurali”, benedetta dal commissario all’Agricoltura Ue, Phil Hogan, dall’ex commissario Franz Fischler, del responsabile del Centro di Berlino dell’Oecd Heino von Meyer, e dai vertici degli altri due organi istituzionali comunitari coinvolti nella gestione del comparto primario: Czeslaw Adam Siekierski, presidente della Commissione Agricoltura del Parlamento europeo, e Gabriela Matecnà, ministro slovacco dell’Agricoltura e presidente del Consiglio dei ministri agricoli fino alla fine del 2016.
AgroNotizie ha intervistato, al termine della Conferenza di Cork 2.0, Sofia Bjornsson, presidente del gruppo di lavoro sullo sviluppo rurale del Copa e della Cogeca.
Quali sono stati i punti cruciali della Conferenza di Cork?
“Penso che la formula adottata sia stata perfetta per l’obiettivo: ci hanno lasciato parlare liberamente e lo scambio di idee è stato vivace. Si poteva dire quello che si voleva e le diverse idee sono state poi messe insieme per tradurre i contributi in punti concreti.
Si può davvero dire che c’è stato un filo rosso nella presentazione dei quattro gruppi di fiducia (li ricordiamo: Lavoro, crescita e investimento nella catena agroalimentare e nell’economia rurale; Ambiente rurale, clima e acqua; Finalizzare l’innovazione sui bisogni degli agricoltori; Viabilità rurale; ndr) e ritengo che si sia focalizzata l’attenzione, in particolare, su temi centrali, come il cambiamento climatico, la banda larga, naturalmente, e l’innovazione e il trasferimento di conoscenze. Tutti aspetti cruciali.
Inoltre, ritengo che sia stato molto positivo non parlare della prima Dichiarazione di Cork, ma solamente di quella attuale. D’altronde, in quella del 1996 mancavano elementi che oggi non potevano non essere al centro della discussione degli esperti e della Commissione europea”.
A cosa si riferisce?
“Mi riferisco alla banda larga e al cambiamento climatico, su tutti. Non potevano non essere compresi nella Dichiarazione di Cork 2.0. le confesso che nel primo giorno di confronto era un po’ demoralizzata, in quanto sono state proposte molti argomenti e molte idee, talvolta senza un filo logico. Invece oggi (il secondo giorno dei lavori a Cork, ndr) c’è stata molta più concretezza e questo è stato molto positivo”.
Quali sono state, invece, le mancanze?
“Non abbiamo davvero parlato della burocrazia, che potrebbe essere realmente una minaccia agli obiettivi che la Dichiarazione di Cork 2.0 si è prefissata. Negli anni il peso della burocrazia è diventato sempre più pesante e ha reso più tortuoso l’accesso ai fondi per lo sviluppo. In ogni caso, trovo che siano molti di più i punti positivi rispetto a quelli negativi”.
Nell’ottica dello sviluppo rurale, che cosa possono fare le cooperative?
“Possono fare molto per lo sviluppo del business, trovare nuove forme di governance in cui gli agricoltori, uniti, hanno più peso nei confronti del mercato. questo permette di avviare un dialogo costruttivo all’interno della categoria e nella più ampia catena alimentare. Gli agricoltori possono parlare con una sola voce, tramite la cooperativa. Questa opportunità garantisce maggiori probabilità di avere successo”.
Come giudica la proposta avanzata dal ministro francese dell’Agricoltura, Stéphan Le Foll, di costituire dopo il 2020 un Terzo pilastro della Pac?
“Io condivido di più la posizione dell’ex commissario all’Ambiente, Janez Potocnik (oggi co-presidente dell’International Resource Panel del Programma Ambiente delle Nazioni Unite, ndr) e mi chiedo: per quale motivo dovremmo avere una struttura a pilastri? Credo che oggi tale formula renda la politica agricola europea un po’ troppo rigida, mentre gli obiettivi emersi sono quelli di trovare maggiori sinergie fra i diversi settori, a sostegno dell’agricoltura e dello sviluppo rurale.
Sono più favorevole a individuare soluzioni pratiche che non ragioni politiche; la gestione del rischio, peraltro, è già presente nell’attuale Pac e dunquela mia opinione personale è che la struttura a pilastri non sia il modo migliore per andare avanti. Credo che si possa lavorare in altri modi per avere una migliore attuazione della gestione dei rischi”.
Quali spunti possiamo considerare validi nella politica di sviluppo rurale degli Stati Uniti?
“Dalla relazione di Doug O’Brian, esperto nel Consiglio rurale della Casa Bianca, è stato interessante ascoltare il lavoro che svolgono con i prestiti di garanzia e di come possono aumentare i ricavi degli agricoltori attraverso specifiche politiche di prestito. Abbiamo un buon sistema anche in Europa, per quanto concerne almeno gli strumenti finanziari.
Per altri aspetti, invece, penso sia rischioso applicare il loro sistema all’Unione europea, perché sono realtà molto diverse. Il Farm Bill è molto complesso e, naturalmente, offre elementi positivi e negativi. Fra questi ultimi, credo che dia troppa responsabilità agli agricoltori nel decidere come adattare la politica agricola alla propria realtà”.