Lo abbiamo incontrato alla Conferenza di Cork 2.0 sullo sviluppo rurale, importante occasione di confronto per la crescita delle politiche comunitarie nel settore primario.
Professor Bureau, come possiamo bilanciare l’esigenza della sostenibilità con la necessità di produrre di più?
“Penso che questo sia il tema cruciale. Molte persone ritengono sia immediato combinare gli obiettivi dell’intensificazione ecologica e dell’aumento della produttività. Nella pratica non è così facile, perché lo possiamo vedere con l’agricoltura biologica…”.
Cioè?
“Anche se in condizioni sperimentali e di laboratorio danno rendimenti simili, in concreto i rendimenti sono del 20-25% inferiori, perché è più difficile avere risultati analoghi. L’unica strada per produrre di più è usare più lavoro, ma il lavoro costa e l’obiettivo è invece quello di contenere i costi. Insomma, quello che lei dice ritengo sia una delle sfide più importanti in assoluto per l’agricoltura.
Negli ultimi 15 o 17 anni l’agricoltura francese ha incentivato molto l’uso di input chimici, come fertilizzanti e fitofarmaci, mentre si sono trascurate forme di intensificazione che si sono affidate di più a sistemi ecologici. Nel corso degli ultimi due anni, invece, il governo francese ha tentato di spingere, in nome dell’agro-ecologia, verso l’aumento delle rese riducendo la chimica, con associazioni di colture, colture fissatrici dell’azoto o migliori pratiche agronomiche”.
Ci sono margini di miglioramento?
“Sicuramente ci sono potenzialità di miglioramento, anche se non ci sono abbastanza fondi per la ricerca, in quanto negli ultimi 15 anni c’è stata una riduzione delle risorse”.
Oggi possiamo contare su nuove generazioni di ogm, rispetto al passato. Possono essere una soluzione?
“Non sono del tutto contrario agli ogm, specialmente a quelli ottenuti con le nuove tecniche di incroci, che non importano geni dall’esterno, ma attivano o disattivano quelli già presenti. In altre parole, con tali procedimenti di ingegneria genetica significa che in gran parte si velocizza un processo naturale”.
Potranno essere di aiuto?
“Penso proprio di sì, specialmente se guardiamo agli ogm ottenuti nei centri di ricerca israeliani o a quelle piante resistenti alla siccità che possono rappresentare veramente un miglioramento. In questo modo non c’è alcuna ragione per rifiutarli. Questo è il mio punto di vista, ma le confesso che molte persone in Francia sono d’accordo con la mia posizione.
Penso che la tipologia di ogm di cui abbiamo bisogno non sia la vecchia tipologia, dove lo scopo è stato quello di utilizzare più glifosate, ma siano quelle piante che più sono in grado di integrarsi e favorire i cicli biologici in maniera naturale”.
Cosa pensa dell’operazione Bayer-Monsanto?
“Ritengo che sia una strategia di risposta ai progetti industriali cinesi e credo che l’operazione confermi la strategicità del settore agricolo nel suo insieme. Non sono tuttavia sicuro che in Europa si sia compreso a sufficienza la portata dell’operazione e soprattutto il ruolo del settore primario per il futuro”.
Il ruolo della politica agricola comunitaria può essere impiegata per rafforzare il ruolo dell’Unione europea al di fuori dei propri confini, come strumento di politica estera?
“Al momento credo che l’Europa debba trovare la forza per sopravvivere da sola. L’evoluzione degli scenari dopo la Brexit non mi rende realmente molto ottimista per la futura riforma della Pac. Così, come prima impressione, non mi pare si vedano prospettive molto positive; non c’è ancora un accordo sulle questioni fondamentali e così, sulle prime, sembra che confermeremo la stessa politica, replicandola, ma solo cambiando i confini. Ho paura che la prossima Pac si stia incamminando nella direzione di non essere particolarmente ambiziosa”.
Quali saranno le innovazione più rilevanti per il miglioramento dell’agricoltura?
“Forse ci si può aspettare alcune importanti innovazioni come dei nuovi ogm; in termini di nuove tecnologie possiamo aspettarci effetti come quelli derivati dalla fusione nucleare. Penso però che quello che è necessario per essere al passo con le innovazioni sia trovare la soluzione affinché la ricerca pubblica possa investire di più. Allo stesso tempo, ci si prospetta la missione di usare al meglio le tecniche ecologiche e di bio-economia circolare, per arrivare ad aumentare la produttività, senza dover investire di più sugli input. Non è molto spettacolare, ma è questo il modo per progredire nella riduzione dei costi del settore agricolo”.