Compie cinquant’anni la cooperativa faentina Caviro, perseverando nelle sua politica di creazione di occupazione, promozione del vino italiano nel mondo, produzione di energia, in linea con una riduzione al minimo dell’impatto ambientale. Il gruppo cooperativo, costituito nel 1966, rappresenta la più grande filiera vitivinicola italiana con 12mila viticoltori, con 34 cantine associate per un totale di 30mila ettari di superficie vitata e una produzione di uva attestata a 6 milioni di quintali, da cui si ricavano 4,8 milioni di ettolitri.

Oltre al vino, il gruppo Caviro comprende anche la divisione distilleria, seconda in Italia nella produzione di alcol, con una quota del 25% e co-leader mondiale nell’acido tartarico. Nei quattro stabilimenti produttivi, ovvero Faenza (energia e distillati), Savignano sul Panaro e Forlì (vino) e Treviso (acido tartarico) lavorano quasi 500 dipendenti, segno della forza e della garanzia occupazionale.
 
Un piazzale interno dello stabilimento faentino di Caviro
(Fonte immagine: © Lorenzo Pelliconi - AgroNotizie)

Nel 2015 abbiamo raggiunto i 300 milioni di fatturato – ha sottolineato durante l’inizio del press tour aziendale il direttore generale di Caviro Sergio DagninoSiamo il primo player sul mercato italiano del vino con una quota di mercato pari all’8,3% e serviamo 7,3 milioni di famiglie consumatrici. L’88% del nostro vino proviene dalle cantine nostre socie, che ricevono dai 12mila viticoltori associati il 100% dell’uva prodotta. Dalla fascia premium alla fascia daily soddisfiamo in particolare le esigenze dei canali Horeca e Gdo”.

Al settore vino si aggiunge la divisione distilleria ed energia, che vale poco meno del 30% del fatturato. “La composizione dei ricavi vede un export con una quota del 28% - ha poi precisato Dagnino – ma è assolutamente una cifra che dobbiamo incrementare. Questo perché diversificare il fatturato ci porta nelle condizioni di essere maggiormente tutelati in caso di problemi su qualche mercato. I mercati principali di sbocco per il nostro export di vino sono Germania, Stati Uniti, Regno Unito e Cina, questi sono per noi sono i punti di riferimento su cui continuare a puntare ”.

Per esempio – ha ammesso il dg di Caviro – il mercato italiano del vino vede da anni un trend di contrazione dei consumi, per questo la crescita dell’export è risultata fondamentale per diversificare il giro d’affari. A spingere in giù i consumi c’è la lobby anti-alcol che si sta muovendo, in particolare in Nord Europa, oltre a un fattore generazionale”.

Vino
Il marchio più conosciuto è certamente il Tavernello, leader per i consumi in Italia. A questo si aggiungono il Castellino, Bottebuona, Brumale, Terre Forti e Tini. Sono questi i principali marchi firmati Caviro per la fascia daily. Per i “premium” troviamo il Romio e il Volo Rosso, mentre la fascia Superpremium raggruppa tre marchi che riuniscono alcune importanti realtà enologiche italiane, ora del Gruppo Caviro. Le cantine Leonardo da Vinci producono il Chianti Da Vinci, category leader negli Stati Uniti, mentre la Cantina di Montalcino produce l’omonimo Brunello, che nel 2016 ha vinto la medaglia d’oro all’International Wine Challenge e al Berliner Wein Trophy, per l’annata 2011. Infine la Cantina Cesari produce il famoso Amarone.

Distilleria ed energia
Ogni anno Caviro Distillerie recupera 500mila tonnellate di scarti di altre aziende agroalimentari, rendendole nobili per l’alimentare, il farmaceutico e l’agricoltura. Inoltre, quello che rimane viene utilizzato per produrre energia garantendo l’autosufficienza del gruppo e immettendola poi nella rete. Questo processo è garantito dalla presenza, nello stabilimento di Faenza, da una centrale termica alimentata a biomasse (vinacce, sfalci ecc), e da tre impianti a biogas che producono energia elettrica dagli scarti di distillazione e dalla depurazione dei reflui di lavorazione delle aziende agroalimentari, coprendo quasi il 100% del fabbisogno interno.

 
La distilleria di Caviro a Faenza © Lorenzo Pelliconi
Un altro risultato importante, in termini di sostenibilità ambientale, è stato conseguito nello stabilimento di Forlì, con l’introduzione di un impianto di cogenerazione ad alto rendimento, che consente di valorizzare le proprietà energetiche del combustibile metano, per la produzione di energia elettrica termica.