"A cinquant’anni dalla tragedia del Vajont, l’attenzione verso la salvaguardia del territorio resta scarsa e l’Italia si trova ancora a fare i conti con il problema mai risolto del dissesto idrogeologico".
A lanciare l'allarme è la Cia - Confederazione italiana agricoltori, richiamando l'attenzione su quello che sta accadendo in questi giorni al Centro-Sud, in particolare in Puglia nel Tarantino e in Basilicata nel Metapontino.

Nel Tarantino si stimano perdite per decine di milioni di euro per il settore primario. Tra Ginosa, Castellaneta, Laterza e nei comuni della zona orientale da San Giorgio ad Avetrana, infatti, moltissimi ettari di ortaggi e vigneti da tavola e da vino, frutteti e agrumeti, sono stati del tutto distrutti; danneggiati anche capannoni e abitazioni. Inoltre la pioggia rende tuttora difficile la percorribilità delle strade rurali e gli accessi nelle aziende a causa della presenza di fango e detriti trasportati dalla violenza dell’acqua.
Anche in Basilicata si stanno quantificando i danni, specie alle infrastrutture rurali al servizio di aziende e famiglie. La Cia lucana sta avviando “iniziative di coordinamento dell’attività con la Cia del Tarantino e pugliese per unificare l’impegno rivolto al Governo, al Parlamento e alle due Regioni” affinché siano attivate le misure per il riconoscimento dello stato di calamità naturale.

La Cia ricorda che il rischio idrogeologico in Italia coinvolge il 10 per cento circa della superficie nazionale e riguarda 6.633 Comuni: quasi un cittadino su dieci si trova in aree esposte al pericolo di alluvioni e valanghe.
"Per questo oggi sono più che mai necessarie adeguate politiche di prevenzione, tanto più con questo clima impazzito, a cui affiancare una puntuale azione di vigilanza e di controllo delle situazioni a rischio. Noi aggiungiamo che una nuova politica di tutela ambientale -spiega la Cia - non potrà prescindere dal presidio degli agricoltori, la cui opera di manutenzione del territorio è fondamentale, soprattutto nelle aree marginali di collina e di montagna".
I terreni coltivati, infatti, insieme a quelli boschivi, giocano un ruolo essenziale per stabilizzare e consolidare i versanti e per trattenere le sponde dei fiumi, grazie anche alla loro elevata capacità di assorbimento, aiutando a scongiurare frane e cedimenti del terreno. "Purtroppo però la cementificazione selvaggia non solo ha cancellato negli ultimi vent’anni oltre 2 milioni di ettari di terreno agricolo - ricorda la Cia - ma spesso questo processo non è neppure stato accompagnato da un adeguamento della rete di scolo delle acque".