Primo dietrofront del passivo della bilancia commerciale cerealicola italiana, grazie a rallentamento della crescita del valore dell'import rispetto a un export più dinamico. Nei primi dieci mesi del 2023, il valore dell'import si è attestato su 8.063,8 milioni di euro, rispetto ai 7.894,3 dello stesso periodo 2022, mentre l'export ha generato ricavi per 4.885,5 milioni, rispetto ai 4.697,6 del gennaio-ottobre 2022. Il saldo valutario netto risulta essere così pari a un deficit di 3.178,3 milioni di euro, rispetto ai 3.196,7 del 2022. Si tratta di poco meno di venti milioni di euro di passivo, una briciola in confronto alla mole dello storico passivo. È comunque un dato positivo, da saper valorizzare.

 

Dal punto di vista quantitativo le importazioni complessive di cereali in granella sono passate da 11,9 milioni a 13 milioni di tonnellate, con un aumento di oltre 1 milione di tonnellate (+9%), per una crescita in valore di 94,6 milioni (+2,3%). L'aumento dei quantitativi importati si deve in particolare agli arrivi dall'estero di frumento, sia in grano tenero (+503mila tonnellate) che grano duro (+oltre 1,2 milioni di tonnellate), mentre scendono invece mais (-549mila tonnellate), orzo (-19mila tonnellate), avena (-12.400 tonnellate) e altri cereali minori (-85mila tonnellate). Le importazioni di farine proteiche risultano in calo sia nelle quantità (-19mila tonnellate) sia nei valori (-2,2 milioni di tonnellate). Crescono gli arrivi di semi oleosi (+176mila tonnellate).

 

Sul fronte dell'export, calano le vendite all'estero di pasta alimentare (-54mila tonnellate) e di cereali in granella (-179mila tonnellate), oltre che di prodotti trasformati (-99mila tonnellate). Detto questo, nonostante un calo nelle quantità pari a oltre 300mila tonnellate (-7,4%), il valore dell'export cresce (+187,9 milioni di euro, +4%), dato che aiuta e non poco a fare respirare la bilancia commerciale.