Il 13 gennaio scorso alla Borsa merci di Milano, il Pecorino romano Dop - stagionatura di 5 mesi e oltre da produttore - e alle condizioni di “franco magazzino di stagionatura”, e Iva esclusa, ha spuntato prezzi di 6,90 euro al chilogrammo sui minimi e 7,20 euro sui massimi, realizzando una crescita di 10 centesimi al chilogrammo, l’1,44% in più rispetto ai prezzi medi di dicembre scorso. Secondo il Clal, il Pecorino romano, il cui prezzo è strettamente parametrato a quello del latte ovino sardo, ha oggi un valore medio superiore a quello di gennaio 2019 del +27,60%, quando il prezzo medio era attestato ad appena 5,53 euro al chilo.

E se sul fronte prezzi del formaggio finisce una stasi durata ben sei sedute – dal 25 novembre al 30 dicembre 2019 - in Sardegna resta alta l’attenzione sul prezzo del latte ovino.

"Ogni iniziativa a favore del comparto ovicaprino sardo è meritevole di elogio per lo stimolo che offre alla discussione sulla questione latte e per mantenere alta l’attenzione della politica”. Così l’assessore regionale dell’Agricoltura, Gabriella Murgia, commenta la proposta di legge regionale presentata dal consigliere Giuseppe Talanas, che è stata illustrata nei giorni scorsi nel corso di un convegno a Nuoro.

Il disegno di legge prevede incentivi ai pastori - dai 50 a 70 euro per capo in lattazione - dietro l'impegno di un fermo temporaneo e parziale della produzione di latte, da operare sulle pecore di età compresa tra i 18 ed i 24 mesi - volto alla destagionalizzazione dei parti e quindi ad una produzione di latte e formaggi più uniforme nel tempo. Costo dell'operazione in tutta la Sardegna: 60 milioni di euro.

Ma sono fioccati i no delle organizzazioni agricole dell’Isola - Cia, Coldiretti e Copagri si sono espresse in tal senso - contrarie ad una limitazione, anche solo temporanea, alla produzione lattiera, in una fase nella quale non ritengono vi sia eccedenza di latte.

"Il nostro comparto ovicaprino, con il suo sistema di piccole e medie imprese collegate, è la maggiore industria della Sardegna - evidenzia l'assessore Murgia - e va sostenuto con il massimo impegno non solo per il suo valore strettamente economico, ma anche per contrastare lo spopolamento, presidiare il territorio e tutelare l’ambiente e il paesaggio rurale sardo".

Secondo il consigliere Talanas, un fermo ridotto nel tempo garantirebbe un doppio beneficio: un maggiore benessere degli animali, e quindi una migliore qualità del latte, e un aiuto ai pastori per destagionalizzare la produzione, oggi limitata all'arco di tempo che va da marzo ad ottobre.

“Ricordo comunque che si tratta di una proposta, condivisibile o meno, e come tale sicuramente emendabile e migliorabile sottolinea la Murgia perché “La sola riduzione di latte non offre infatti la garanzia di un incremento del prezzo. Il settore sconta una serie di debolezze strutturali, a cominciare dall’eccessiva frammentazione, con la prevalenza di imprese che conducono allevamenti di piccole e piccolissime dimensioni. Condizioni che rendono impossibili economie di scala e non consentono di affrontare la variabilità dei costi di produzione, determinata anche dall’andamento dei mercati internazionali, e di avere un potere contrattuale adeguato con le industrie di trasformazione del latte”.

E la Regione, quindi, “deve aggredire queste debolezze strutturali conservando il patrimonio ovicaprino, e non riducendolo, e favorendo le forme di aggregazione della produzione, che consentano di bilanciare i rapporti commerciali all’interno e all’esterno della filiera”.