A inizio ottobre i prezzi medi della carne bovina nella Ue hanno segnato un rialzo di poco superiore all'uno percento rispetto al mese precedente, ma resta negativo il confronto rispetto a un anno fa, quando i prezzi erano di oltre il 4% più alti rispetto a oggi.

Ben più rilevante la forbice evidenziata dalle analisi della Commissione europea per i prezzi degli animali vivi.
Il prezzo dei vitelloni continua a scendere anche quando siamo di fronte a razze da carne.
Per i maschi delle razze da latte è poi una vera debacle: quasi il 30% in meno rispetto al mese precedente e oltre il 20% rispetto a un anno fa.
 


Andamento anomalo

Ancor più dell'andamento dei prezzi di queste ultime settimane, colpisce il confronto con i tre anni precedenti, ben evidenziato nel grafico che segue, con la curva del 2019 ben al disotto di quella degli anni precedenti.

Un'evoluzione del mercato che preoccupa ancor più se si tiene conto dell'andamento delle consistenze del patrimonio bovino.
I dati Eurostat confermano infatti che nei primi sei mesi del 2019 si è avuta una contrazione del numero di vacche nutrici in tutti i paesi della Ue, con la sola eccezione della Polonia.
Cosa che avrebbe dovuto semmai favorire una ripresa delle quotazioni.
 
 

Le cause

Meno vacche nutrici, evidenzia un recente report di Ismea sulle tendenze del comparto delle carni bovine, significa un minor numero di vitelloni maturi nei mesi successivi, che si somma alla contrazione della produzione di carne nei mesi precedenti.

C'è allora da interrogarsi su quali siano le cause di questa "anomala" caduta dei prezzi. Una possibile risposta arriva dall'aumento delle macellazioni in Spagna e in Irlanda.
Per quest'ultima potrebbe essere la brexit una delle motivazioni che hanno incentivato i produttori a un aumento dell'offerta.
Nel caso della Spagna la riduzione dell'export verso la Turchia ha comportato una maggiore offerta sui mercati europei, contribuendo così alla flessione dei prezzi.
 

(Fonte: elaborazioni Ismea su dati Eurostat)
 

I bovini in Italia

Anche in Italia la produzione di carne bovina risulta in flessione, con una riduzione nel primo semestre 2019 del numero di capi macellati, in particolare vacche e vitelli al di sotto degli 8 mesi di età.
Un calo dell'offerta che si contrappone a una lieve ripresa degli acquisti (+0,6% in volume).
Ne hanno beneficiato i prezzi al dettaglio, in aumento per tutte le tipologie, dal bovino adulto al vitello e alla scottona, tipologia quest'ultima con il maggiore aumento della richiesta.

Meglio anche i prezzi all'origine, che nel caso dei vitelloni hanno raggiunto in media la quotazione di 2,39 euro per chilo di peso vivo, con un aumento di quasi l'uno percento rispetto al 2018.
Si è così invertita la curva che da inizio anno vedeva questi prezzi in costante flessione, come si vede nel grafico che segue, elaborato da Ismea.
 
 

Migliora la redditività

Il mercato dei bovini in Italia sembra dunque in controtendenza rispetto a quanto accade nella media europea. Per di più gli allevamenti possono beneficiare di una discesa dei costi grazie alla riduzione del prezzo dei mangimi.

Due fattori che congiunti possono riportare in positivo la redditività delle stalle da carne.
Una condizione che potrebbe incentivare una spinta alla produzione le cui ripercussioni potrebbero tuttavia generare seri problemi al settore.
Basta poco per saturare il mercato e innescare una crisi la cui soluzione sarebbe tutt'altro che rapida e indolore.


Suini a rischio

Il rischio di una impennata della produzione, e in forma persino più accentuata, lo corre il settore suinicolo.
I prezzi, spinti verso l'alto dall'aumento della domanda cinese (argomento già approfondito da AgroNotizie), potrebbero dare il via a un aumento della produzione non governato e inopportuno.

Già il prezzo medio nella Ue sta segnando i primi segnali di cedimento, seppure modesti. E comunque ben più alti (+ 31,2%) rispetto a quelli di 12 mesi prima. Un impennata che ben si nota nel grafico che segue.
 


I primi segnali

Per ora le macellazioni si mantengono inferiori a quelle dello scorso anno e anche la Germania, dove si concentra un quinto di tutta la produzione europea, si mantiene sotto i livelli del 2018.
Ma altri paesi, e fra questi anche l'Italia, stanno spingendo sull'acceleratore.

Anche per le carni suine i consumi sono sostanzialmente stabili e un aumento della produzione, qualora non trovasse adeguato sfogo nell'export, avrebbe pesanti conseguenze sull'andamento del mercato. Meglio stare attenti.
 

Compito difficile quello delle previsioni di mercato.
Un aiuto può venire dall'esame delle tendenze in atto. Ma occorre conoscere i "numeri della carne" e in tempi di mercati globali lo sguardo deve allargarsi a livello internazionale.
Le fonti non mancano e AgroNotizie le raccoglie per dare ai lettori gli strumenti per orientarsi.