C’è volontà di reagire, anche se in Italia gli allevatori rimangono ancora su proteste civili e non su rivoluzioni di piazza come accaduto poche settimane fa in Francia o in Belgio. Ieri sera, però, nel Palasport di Cremona, adibito a ring delle vacche per la 70° Fiera internazionale del bovino da latte, in corso fino a domani, le gradinate si sono riempite di allevatori.
Un’assemblea aperta, autoconvocata da allevatori indipendenti attraverso appositi gruppi di WhatsApp: “Noisiamovoi Lombardia” e “Milk for Life”. Il tam-tam ha raggiunto anche le rappresentanze sindacali (presenti il vicepresidente di Coldiretti Ettore Prandini, a capo anche della Federazione lombarda, il presidente di Confagricoltura Lombardia Matteo Lasagna, il presidente di Coldiretti Cremona Paolo Voltini e il commissario della Libera associazione allevatori Antonio Boselli).
Invitato a partecipare, è intervenuto a mettere in chiaro alcuni punti l’assessore all’Agricoltura della Lombardia, Gianni Fava, perentorio nelle sue dichiarazioni.
“O la trattativa sul prezzo del latte torna in Lombardia o non va da nessuna parte”. Così ha affermato, raccontando anche qualche retroscena legato alla trattativa saltata a Palazzo Lombardia lo scorso luglio (versione alla quale ha replicato Angelo Zucchi, capo della segreteria politica del ministro Maurizio Martina, ieri assente all’incontro).
“È arrivato il momento in cui è necessario spiegare agli industriali che devono siglare un contratto, oppure non si va da nessuna parte e le stalle chiudono – ha proseguito l’assessore -. Regione Lombardia impedirà all’agroindustria che non si comporta eticamente di accedere alle misure del Psr”.
“A fronte dell’immobilismo del ministero delle Politiche agricole, avevo convocato la scorsa primavera un tavolo interprofessionale. Avevo proposto l’indicizzazione con un valore di riferimento dal quale far partire le oscillazioni in maniera automatica, senza ricorrere a una contrattualistica ingessata – ha ricordato Fava -. Oggi gli allevatori vivono una situazione surreale, con un soggetto che invia lettere in cui comunica il prezzo di acquisto del latte in maniera unilaterale”.
“Raggiunta l’intesa sul format da applicare, con anche le sindacali e Assolatte che avevano condiviso la divisione in due panieri e le regole d’ingaggio, a fine luglio avevo convocato il tavolo a Milano per la firma – ha proseguito Fava – ma due giorni prima il Mipaaf ha scelto di avocare a Roma la trattativa, facendo saltare tutto. Così, solo la cooperazione ha approvato un meccanismo a prezzi che oggi ci sogniamo”.
Angelo Zucchi, nel corso del suo intervento, ha dato una versione differente. “Abbiamo convocato il tavolo a Roma perché Assolatte ci aveva detto che non avrebbe firmato l’indicizzazione”, ha spiegato. Una versione però che non ha convinto alcuni allevatori in platea, che hanno fischiato il Mipaaf in modo particolare per non aver messo a disposizione degli allevatori risorse sufficienti fondi.
Una critica già mossa dall’assessore Fava, secondo il quale “le risorse anticrisi stanziate dall’Unione europea, dapprima 30 milioni di euro, scesi a 28 e poi a 25 milioni, potrebbero essere finalizzate all’acquisto di forme per gli indigenti”. Basteranno i fondi? “In base ad alcuni calcoli che ho fatto si arriverà ad acquistare circa 100mila forme di Grana Padano e Parmigiano-Reggiano. Su una produzione complessiva di 8 milioni di forme. E intanto, mentre qui le risorse latitano, la Francia ha fatto piano da 1 miliardo e 150 milioni”.
Non poteva mancare la precisazione di Zucchi: “Di quel miliardo e passa, però, 600 milioni servono per accendere mutui con le banche”.
Fra gli allevatori, ieri sera, è regnata la sensazione di essere davvero arrivati all’ultima spiaggia.
Da Lasagna (Confagricoltura Lombardia) è arrivato l’invito a rimanere compatti. “Magari buttiamo via il latte per due o tre giorni – ha suggerito – per dimostrare all’industria che siamo uniti e che devono trattare con gli allevatori”. Di tutt’altro avviso Prandini (Coldiretti Lombardia): “L’ho sempre sentito dire, ma non l’ha mai fatto nessuno quello di buttare via il latte”.
Meglio puntare su una richiesta – forzando un’intesa fra governo e Regioni – per una legge parlamentare che vieti agli insediamenti produttivi che trasformano il latte in formaggi Dop di lavorare anche i formaggi bianchi o similari. E' stato questo l’invito di Prandini, che ha aggiunto: “I produttori non firmino i moduli dell’industria ad accettare una programmazione produttiva dall’alto, perché sarebbe un suicidio”.
Certo, come ha precisato Zucchi, “abbiamo una catena produttiva che presenta posizioni dominanti e la Gdo è un altro elemento legato alle posizioni dominanti”.
Per gli allevatori si profilano settimane di dibattito intenso e di decisioni da prendere con celerità.