Avevano dunque ragione i pastori che nel pieno della crisi del pecorino denunciavano la concorrenza sleale delle produzioni realizzate in Romania con soldi italiani. La vicenda è nota da tempo. Il ministero dello Sviluppo economico, attraverso l'Export Bank Simest voluta da Giulio Tremonti nel febbraio del 2010, sostiene l'export e l'internazionalizzazione delle imprese italiane fornendo credito a condizioni vantaggiose. Di questa opportunità hanno usufruito fra gli altri alcune imprese italiane che hanno prodotto all'estero, in Romania in questo caso, formaggio che di italiano aveva solo il nome di pecorino. Il danno e la beffa, visto che mentre gli allevatori erano alle prese con una feroce crisi di mercato dovevano fare i conti con una concorrenza sleale e per di più sostenuta dai soldi italiani. Ma questo del pecorino rumeno è solo uno dei tanti casi di “italian sounding”, un sembrare italiano a chi italiano non è, che ci arreca danni enormi. L'agropirateria, sono calcoli della Coldiretti, ci costa 300mila posti di lavori e 70 miliardi di euro di mancato fatturato. Molto, troppo, tanto che la stessa Coldiretti è andata sotto le finestre del Palazzo (Montecitorio in questo caso) per chiedere maggiore tutela al Made in Italy oltre che per denunciare “l'affaire” Simest-pecorino.

 

In tanti per il made in Italy

E per dare più spessore alla sua protesta ha chiesto il sostegno delle associazioni dei consumatori, dei comuni, delle regioni. Con il risultato che 2215 comuni hanno adottato delibere nelle quali si chiede il sostegno e la difesa dei prodotti italiani, vietando al contempo il sostegno pubblico ai prodotti di imitazione realizzati all'estero. Una richiesta siglata anche da 12 Regioni, 26 province, 41 Camere di commercio e 119 fra Comunità montane, Consorzi di tutela e altri enti.

 

Stop alla Simest

E così il ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera, ha inviato all'indirizzo di Simest una direttiva nella quale si impone di contrastare la pratica dell'italian sounding da parte delle imprese che usufruiscono di un supporto pubblico. Non a caso il diktat di Passera, che riguarda ovviamente tutte le imprese, ha sortito come effetto immediato l'uscita della Simest da Lactitalia, la società che in Romania produce i formaggi che nel nome e nella presentazione sembrano confondersi con quelli made in Italy.

 

Solo una battaglia vinta

Finalmente ha vinto il buonsenso” ha esclamato il presidente di Coldiretti, Sergio Marini , nell'apprendere della decisione del ministro Passera e dell'uscita di Simest da Lactitalia. “Ora - ha aggiunto Marini - occorre avere la forza di distinguere la vera internazionalizzazione da quelle forme di delocalizzazione aggravate dall'uso improprio del marchio Italia.” Affermazioni condivisibili, senza dubbio, ma vietare il finanziamento pubblico di prodotti che imitano il vero “made in Italy” risolve solo una parte del problema. Lactitalia ora non potrà “godere” del sostegno finanziario di Simest, ma i suoi formaggi potrebbero ancora presentarsi sul mercato evocando nomi e immagini che richiamano l'Italia. Lasciando che sia una piccola scritta “Made in Romania” a raccontare la verità. Insomma, abbiamo vinto una battaglia, ma non la guerra, quella dell'uso improprio dell'italian sounding e delle contraffazioni, che è ancora tutta da combattere.