Le betulle sono, assieme agli abeti, la risorsa forestale più abbondante nei Paesi che circondano il circolo polare artico. La famiglia delle Betulaceae include carpini, ontani e noccioli. Il genere Betula è composto da oltre quaranta specie, presenti esclusivamente nell'emisfero boreale, suddivise genericamente in betulle asiatiche, betulle americane e betulle europee.
La specie più diffusa nel nostro territorio, ad eccezione di Calabria, Sicilia, Sardegna e Umbria, è la betulla bianca, o betulla d'argento (Betula pendula, sinonimo di B. alba e B. verrucosa). Raggiunge l'altezza di 18-20 metri, raramente arriva a 30 metri negli esemplari di oltre settanta anni, ha forma slanciata, tronco dritto e cilindrico il cui Diametro a Petto d'Uomo (Dpu) può superare i 30 centimetri nei primi trenta anni di vita. I rametti giovani e le foglie non presentano peli, a differenza di altre specie. Cresce dalla pianura fino ai 2mila metri Sul Livello del Mare.
Molto più rare sono: la betulla pubescente (Betula pubescens, alias Betula carpatica), la cui diffusione si limita all'arco alpino; la betulla nana (Betula nana), presente solo in Lombardia; e la betulla dell'Etna (Betula aetnensis), presente solo in Sicilia e considerata a rischio, ma purtroppo non protetta. Altre specie, come la betulla da carta, Betula papyrifera (nordamericana) e la betulla dell'Himalaya, Betula utilis (asiatica) sono coltivate a scopo ornamentale.
La betulla bianca è dunque la specie di maggiore interesse forestale, sia per la sua abbondanza che per le sue caratteristiche produttive. Tollera temperature di -20°C. Predilige posizioni soleggiate e terreni soffici, di medio impasto o sabbiosi, fertili, ricchi di sostanza organica, a reazione acida. Non tollera argilla, calcare e suolo compatto. L'apparato radicale è superficiale, pertanto necessita di frequenti irrigazioni perché incapace di attingere acqua dagli strati profondi. Quest'ultima caratteristica, sfavorevole per la coltivazione in pianura in tempi di cambiamento climatico e siccità, è controbilanciata da una spiccata capacità di colonizzare terreni aperti in competizione con altre specie. Risulta quindi adatta per la riforestazione in seguito ad eventi catastrofici (ad esempio attacchi di bostrico o forti temporali) e la consolidazione dei pendii montani.
La velocità di crescita della betulla è comparabile a quella del pioppo, come dimostra uno studio condotto in Svizzera (Foto 1 e 2). Il Diametro a Petto d'Uomo è influenzato dalla concorrenza fra le piantine: in situazione di alta densità di giovani betulle, o di presenza di altre piante a crescita rapida come gli ontani, la betulla tende a crescere in alto, ma il diametro del tronco rimane sottile.
Foto 1: Velocità di crescita in altezza della betulla bianca, misurate in diversi boschi svizzeri
(Fonte foto: Istituto Federale di Ricerca per la Foresta, la Neve e il Paesaggio)
Foto 2: Aumenti del Dpu della betulla bianca, misurati in diversi boschi svizzeri
(Fonte foto: Istituto Federale di Ricerca per la Foresta, la Neve e il Paesaggio)
Sebbene sia una specie di rapido sviluppo, è delicata in fase di attecchimento, quindi per la messa a dimora occorre acquistare soggetti giovani, alti circa 2 metri, più resistenti ai traumi del trapianto rispetto agli esemplari più grandi. Inoltre, se non si ricorre a piante coltivate in vaso, è importante mantenere integro il pane di terra fino alla sistemazione a dimora. Anche i giovani semenzali a radice nuda dimostrano una pronta ripresa se potati a pochi centimetri dal colletto e piantati in un terreno soffice, lavorato e mantenuto umido. Con tale tecnica in due anni si ottengono piante alte oltre 2 metri, con i primi segni di imbiancamento della corteccia. Nel caso di impiego di piante grandi è d'obbligo l'irrigazione frequente nelle due o tre estati successive alla piantagione. Il sistema colturale più idoneo è ad alto fusto con turno di sessanta anni e Diametro a Petto d'Uomo da 60 a 70 centimetri. La distanza finale fra esemplari deve essere di 12 metri e la densità massima a fine turno è di 80 alberi/ettaro. Distanziamenti maggiori devono essere previsti in caso di vicinanza a specie arboree competitive.
I diradamenti vanno attuati a partire dai quindici anni al più tardi, corrispondente ad altezze dominanti da 15 a 18 metri. La liberazione regolare della chioma è necessaria per permettere uno sviluppo precoce e forte. La potatura fino a un'altezza massima di 6 metri è vantaggiosa per favorire la qualità del legname. All'età di circa trenta anni, i diradamenti dovrebbero essere completati, cioè bisogna eliminare gli alberi di riempimento tra le betulle, raggiungendo il sesto d'impianto finale di 12 metri per consentire l'accrescimento del diametro. Le grandi chiome vanno protette evitando per quanto possibile il deperimento dei rami grossi perché può causare colorazione del durame e marciume. L'intrusione di alberi vicini nella chioma può essere tollerata negli ultimi anni, prima della raccolta del legname.
Il legname di betulla è leggero (650 chilogrammi/m3 dopo la stagionatura), facilmente attaccabile da insetti e funghi se non adeguatamente trattato. Le sue caratteristiche meccaniche (resistenza a compressione assiale = 59 N/mm2, a flessione = 120 N/mm2, modulo di elasticità = 13mila N/mm2, durezza e resistenza all'urto medie) lo rendono ideale per la produzione di compensati per applicazioni navali e aeronautiche.
Nonostante le interessanti caratteristiche meccaniche e l'adattabilità della specie in un contesto climatico che cambia rapidamente, l'80% del legname utilizzato dall'industria europea proviene da altre quattro specie: l'abete rosso (Picea abies (L.) Karst), i pini in generale (Pinus sp.), le querce (Quercus sp.), il faggio (Fagus sylvatica L.) e l'abete di Douglas (Pseudotsuga menziesii (Mirb.) Franco), solitamente in monocoltura. Tale approccio è poco adatto per una serie di motivi: minore resilienza al cambiamento climatico, scarsa biodiversità e maggiore rischio di diffusione di malattie.
La betulla, assieme ad altre latifoglie autoctone come il tiglio e l'ontano, costituisce un'alternativa per la produzione di legname da opera, da ardere e per l'industria cartaria, oltre ad avere un effetto benefico sul terreno per l'abbondante fogliame e il largo apparato radicale e sulla biodiversità. La sua scarsa presenza nel mercato del legname nell'Europa Centro Occidentale è in parte dovuta alla mancanza di protocolli colturali. In Germania, per esempio, il protocollo QD si limita stabilire diradamenti fra dodici e quindici anni. In casi molto favorevoli ciò può bastare per ricavare tondame di buona qualità con diametri di 50-60 centimetri in soli quaranta, cinquanta anni, ma non sempre è così. Il protocollo finlandese, invece, è molto più articolato e prende in considerazione molti altri parametri, in modo che si definisca una strategia colturale a seconda dalle caratteristiche della località. Nell'Europa Centro Occidentale non sono state attuate campagne di selezione genetica delle popolazioni da riprodurre, mentre l'Europa Orientale ed il Baltico sono avanti in questo campo (1).
La produttività di biomassa della betulla è massima fra i quindici e i venticinque anni, raggiungendo incrementi di 5-6,5 tonnellate SS/ettaro.anno ed una biomassa totale al 25esimo anno pari a 175 tonnellate SS/ettaro, tutto ciò in assenza di gestione forestale. Il 94% di tale biomassa corrisponde al tondame. In piantagioni con turni di meno di dieci anni, la biomassa totale è dell'ordine di 50-60 tonnellate SS/ettaro, e meno dell'80% corrisponde ai tronchi (2). Tali produttività rendono questa specie adatta alla produzione di pasta di carta, cippato per pannelli di fibra e legna da ardere.
Il potere calorifico della betulla stagionata all'aperto meno di un anno è uguale a quello del faggio: 3,4 KWh/chilogrammo t.q. (si comparino entrambi con il nostro calcolatore di equivalenza energetica). I consumatori italiani preferiscono il faggio perché più denso, quindi a parità di volume rende di più, ma entrambe le essenze sono equivalenti. La legna di betulla arde con poco fumo ed è adatta all'utilizzo in forni di pizza e pane.
Oltre al potenziale come pianta accompagnatrice nei rimboschimenti di alta quota, e per la produzione di legname da opera e combustibile, la betulla bianca trova svariate applicazioni in campo erboristico e in prodotti di nicchia nel settore alimentare gourmet.
Le proprietà medicinali sono note sin dall'antichità e nella medicina popolare europea tutte le parti della betulla vengono utilizzate per curare una lunga lista di malanni. I decotti di foglie e corteccia si applicano per via topica per trattare le ferite, l'alopecia, la cellulite, i reumatismi, i geloni e la forfora. Gli infusi di gemme e foglie contro i calcoli renali, la febbre, l'ipercolesterolemia, l'artrosi, la flatulenza e perfino come antielmintico.
Ricerche moderne indicano che gli estratti alcolici della corteccia possono avere attività antitumorale, gli estratti delle foglie sono antinfiammatori, altri estratti misti hanno proprietà antireumatiche e antiossidanti. Gli estratti metanolici di gemme, foglie e corteccia si sono rivelati antibatterici e gastroprotettivi. Le infiorescenze avrebbero proprietà tromboplastiche. Possiede anche un leggero effetto diuretico (3). La macerazione in olio vegetale del legno fresco estratto da sotto la corteccia dei rami rende un olio atto per massaggi. È anche possibile estrarre olio essenziale mediante la distillazione in vapore del legno fresco e delle gemme.
Esiste evidenza archeologica che la pece ricavata mediante la pirolisi della corteccia di betulla venisse utilizzata già nella Preistoria come adesivo per incollare le punte di pietra ai manici e alle aste di legno e come chewing gum per le sue proprietà antisettiche date dal suo contenuto di betulina e acido betulinico. È stato possibile recuperare Dna umano e dei batteri del cavo orale da un campione di pece masticato da una donna che abitava il Sud della Danimarca 5mila anni fa (4).
Nella tradizione dei popoli baltici e dell'Est, ma fino al Diciottesimo secolo anche nel Centro Nord Europa, la linfa della betulla viene fermentata per la produzione di una specie di vino. Si ricava anche una specie di birra, con l'aggiunta di "olio di betulla", in pratica la frazione leggera del catrame ricavato dalla pirolisi della corteccia (5) oppure con l'aggiunta di malto e luppolo (6).
Facendo evaporare a bassa temperatura la linfa si ottiene uno sciroppo, ancora più costoso dello sciroppo d'acero perché il profilo di zuccheri è diverso e quindi prodotto ambìto dai consumatori gourmet. Serve oltre 1 ettolitro di linfa per produrre 1 litro di tale sciroppo, inoltre la produttività di linfa della betulla è di gran lunga inferiore a quella dell'acero canadese. La produzione artigianale è anche molto laboriosa, in quanto bisogna vigilare costantemente per evitare l'ebollizione, altrimenti una parte degli zuccheri si decomporrebbe, rendendolo amaro. Tutto questo spiega le cifre da capogiro che si riscontrano nei siti di vendita di tale prodotto. L'estrazione della linfa di betulla è una operazione ambientalmente insostenibile perché i fori praticati sui tronchi diventano punti di infezione per attacchi fungini ed un richiamo per gli insetti xilofagi.
Bibliografia
(1) Dubois, Héloïse, Erkki Verkasalo, and Hugues Claessens. 2020. "Potential of Birch (Betula pendula Roth and B. pubescens Ehrh.) for Forestry and Forest-Based Industry Sector within the Changing Climatic and Socio-Economic Context of Western Europe" Forests 11, no. 3: 336.
(2) Martiník A., Knott R., Krejza J., Cerný J. (2018). Biomass production of Betula pendula stands regenerated in the region of allochthonous Picea abies dieback. Silva Fennica vol. 52 no. 5 article id 9985. 15 p.
(3) Subha Rastogi, Madan Mohan Pandey, Ajay Kumar Singh Rawat, Medicinal plants of the genus Betula - Traditional uses and a phytochemical-pharmacological review, Journal of Ethnopharmacology, Volume 159, 2015, Pages 62-83, ISSN 0378-8741.
(4) Jensen, T.Z.T., Niemann, J., Iversen, K.H. et al. A 5700 year-old human genome and oral microbiome from chewed birch pitch. Nat Commun 10, 5520 (2019).
(5) Mitchell, James K. "Fun Microbiology: Making Root Beer & Other Naturally Carbonated Beverages". The American Biology Teacher 57, no. 7 (1995): 432-35.
(6) Deirdre Helfferich. "Birch: white gold in the boreal forest" 2004. Agroborealis 35:2, pp. 4-12.