Il biometano è una risorsa di primaria importanza nella sicurezza degli approvvigionamenti energetici e nella decarbonizzazione dell'economia. Per promuoverlo, il 15 settembre 2022 è stato pubblicato il terzo Decreto Biometano che prevede corposi incentivi che consistono in un finanziamento a fondo perduto - con le risorse del Pnrr - fino al 40% dell'investimento totale per la realizzazione dell'impianto di produzione, più un incentivo tariffario che per gli impianti agricoli si aggira intorno ai 125 euro/MWh, valore variabile nel tempo secondo regole di aggiornamento piuttosto complesse.
Nei programmi del Governo e dell'Unione Europea, incentivi così generosi avrebbero consentito di ridurre nel più breve tempo le importazioni di gas naturale e la decarbonizzazione, almeno parziale, di settori industriali difficili da adeguare alla transizione energetica. Nonostante tutto, il biometano stenta a decollare per svariati motivi. Si tratta di un mondo nuovo per l'imprenditore agricolo, complesso e caratterizzato da molteplici aggiornamenti normativi, lungaggini burocratiche, incertezze legate all'approvvigionamento delle matrici, alla costruzione dei nuovi impianti o alla trasformazione dei vecchi. Lo Stato ha creato le basi per un mercato, che avrebbe dovuto muoversi autonomamente almeno in base alla legge della domanda e dell'offerta. Poiché il biometano è scarso comparato con il gas naturale, ma le aziende energivore sono obbligate dalla normativa all'acquisto di quote di energia rinnovabile sempre crescenti, il quadro legislativo sembra favorire i produttori. Eppure questi non hanno ancora colto l'opportunità, come dimostrano le quattro ultime aste dei contingenti di biometano, andate più o meno deserte. L'ultima asta è stata chiusa il 17 gennaio 2025, per cui sapremo l'esito fra pochi mesi.
Considerando la complessità normativa e gestionale di un impianto di biometano e il cospicuo investimento necessario, nessuna azienda agricola è in grado di avviare un progetto se prima non è in grado di rispondere ad alcune domande fondamentali: A chi e come vendere al meglio il biometano? Come si aggiornano i prezzi?
Per tentare di dare risposte obiettive e documentate ai nostri lettori, abbiamo intervistato Tomas Carini, professionista esperto di Bpa, Biomethane Purchase Agreement, ovvero Contratto di Acquisto di Biometano, con vent'anni di esperienza nel mercato del gas naturale e titolare di una azienda che da cinque anni opera nel mercato del biometano gassoso e liquido.
Qual è la domanda di biometano in Italia? Esiste un futuro per questo vettore energetico o verrà sostituito dall'idrogeno?
"In Italia il consumo di gas naturale ammonta a circa 60 miliardi di Smc (Standard Metri Cubi, cioè metri cubi di gas alle condizioni standard di 15°C e 101,3 kPa, Nda) ma la produzione nazionale è di meno di 3 miliardi di Smc, quindi tutto il resto viene importato via tubo o via nave. La domanda di biometano è forte da parte dell'industria, che potrebbe tranquillamente assorbire tutta la produzione incentivata con il Decreto Biometano, per un volume pari a circa 1,5 miliardi: in questo caso il 10-15% dei consumi industriali potrebbe essere sostituito dal biometano nei prossimi anni.
Quando il biometano viene immesso nel gasdotto si miscela con il gas naturale e non ne rimane traccia proprio perché la sua percentuale è minoritaria rispetto ai volumi totali. In ogni caso la traccia, quindi l'origine, deve essere evidenziata con una serie di documenti, tra cui le GO, Garanzie di Origine, e le PoS, Proof of Sustainability, ovvero Garanzie di Sostenibilità. Ecco il punto che garantisce l'esistenza di una domanda anche nel futuro: il consumatore che sottoscrive un contratto di fornitura di biometano emetterà una quantità inferiore di CO2 nonostante prelevi dalla rete il solito gas naturale. Quindi non perché consumi biometano direttamente, ma perché ha un contratto di fornitura che attesta l'origine rinnovabile. Rispetto alla sostituzione del biometano con idrogeno, è difficile rispondere a questa domanda, ma il legame con l'agricoltura potrebbe stabilizzarne la richiesta sia in un senso che nell'altro. Ci sarà sempre l'esigenza di gestire i sottoprodotti agricoli e quale miglior soluzione di un biodigestore?".
Assodato dunque che la domanda c'è e ci sarà anche in futuro, come fa allora il titolare di un impianto di biometano a decidere come e a chi vendere?
"Rimane fermo un principio base dell'economia, cioè il rapporto tra domanda e offerta. Poiché nel mercato del biometano la domanda supera grandemente l'offerta, sembra elementare constatare che il fornitore metterà in competizione i clienti, l'esatto opposto di quello che normalmente avviene nella maggior parte dei mercati. Il 17 gennaio è stato l'ultimo giorno per iscriversi alla quinta e (ufficialmente) ultima asta, mentre entro il 17 aprile 2025 è prevista la pubblicazione del Registro da parte del Gse.
Nel frattempo, i due schieramenti si posizionano sul campo di battaglia: da un lato i produttori, dall'altro i potenziali acquirenti che commercializzano o consumano gas naturale gassoso o liquido. Non essendo più vincolato alla vendita al Gse, che rimane comunque l'erogatore dell'incentivo, il produttore decide quale tipologia scegliere, in base alle sue esigenze, mentalità e strategia".
La caratteristica degli impianti di biogas agricoli, che potrebbero essere riconvertiti da elettrico a biometano, o dei futuri impianti da costruire, è di avere potenzialità che raramente superano i 250 Smc/ora (all'incirca equivalente a 1 MWe). Come può fare fronte un piccolo produttore alla volatilità dei prezzi del mercato del gas naturale?
"L'impianto avente una capacità produttiva inferiore a 250 Smc/ora (circa 2,2 MSmc/a) può scegliere tra Tariffa Omnicomprensiva e Tariffa Premium. Invece, chi possiede una capacità superiore rientra automaticamente nella Tariffa Premium. Nel primo caso il mercato è una scelta, nel secondo è un obbligo, cioè il produttore va a mercato per Decreto.
Nel sistema a Tariffa Omnicomprensiva, il produttore cede il biometano al Gse ed in cambio ottiene circa 125 euro/MWh (Nda, Poiché il PCS del metano puro è pari a 0,01048 MWh/Smc, l'incentivo equivale a circa 125 euro/95,4 Smc = 1,31 euro/Smc). I prezzi del gas naturale e delle Go sono quindi ininfluenti.
Nel sistema a Tariffa Premium il produttore vende il biometano ad un cliente attraverso un Cfd, Contract for Difference, ovvero Contratto per Sottrazione. Cosa vuol dire?
Vediamo la formula:
Incentivo = Tariffa - Pgas - PGO
"Tariffa" è la Tariffa Omnicomprensiva riferita all'agricolo (125 euro/MWh); "Pgas" è il prezzo mensile del biometano in euro/MWh pubblicato gratuitamente dal Gme; "PGO" è il prezzo mensile, pubblicato sempre dal Gme, delle Go cedute dai produttori al Gse in base alla Tariffa Omnicomprensiva.
Vediamo due esempi per verificare l'impatto dei prezzi sulla Tariffa Premium:
- Incentivo > Prezzi
Supponiamo che in un dato mese: "PGas" = 50 euro/MWh, "PGO" = 10 euro/MWh. Quindi: incentivo: 125 - 50 - 10 = 65 euro/MWh.
Il produttore riceve 65 euro/MWh dal Gse, ma avrà anche ricevuto 50 + 10 = 60 euro/MWh dal cliente. 65 + 60 = 125 euro/MWh e si ritorna al prezzo di partenza che coincide, appunto, con la Tariffa Omnicomprensiva. - Incentivo < Prezzi
Supponiamo che in un dato mese: "PGas" = 100 euro/MWh, "PGO" = 30 euro/MWh. Quindi: incentivo = 125 - 100 - 30 = - 5 euro/MWh.
In questo caso, invece di essere pagato dal Gse sarà il produttore a pagare e cioè 5 euro/MWh. Per quale ragione? Il produttore avrà venduto il biometano ad un cliente che lo avrà pagato 100 + 30 = 130 euro/MWh. Ma 130 - 5 = 125 euro/MWh che, ancora una volta, coincide con la Tariffa Omnicomprensiva.
In entrambi i casi, quindi, l'influenza dei prezzi sulla Tariffa Premium è nulla, perché tale Tariffa è un prezzo fisso, uno "scudo", la protezione totale rispetto agli andamenti dei mercati del gas naturale e delle Go, a prescindere dalla taglia dell'impianto, sia superiore o inferiore a 250 Smc/ora".
Allora per il piccolo produttore agricolo non cambia niente se sceglie la Tariffa Omnicomprensiva o la Tariffa Premium?
"Secondo me per il produttore al di sotto dei 250 Smc/ora vale la pena entrare a mercato scegliendo la Tariffa Premium alla luce della pubblicazione del Decreto Legge Agricoltura pubblicato nell'estate del 2024 e oggetto successivamente di una consultazione ormai conclusa, è la premessa per la pubblicazione di un nuovo Decreto Attuativo. In attesa di questo ultimo, sembra confermata la possibilità di connettere direttamente il produttore e il consumatore, secondo un modello di 'autoconsumo' che potrebbe permettere ai primi di massimizzare i propri profitti e ai secondi di decarbonizzarsi risparmiando sulle tasse. E l'interesse c'è anche da parte di quelle industrie prive di obbligo alla decarbonizzazione ma che hanno l'interesse a farlo volontariamente.
In base a recenti indiscrezioni di mercato che tengono conto del Decreto Legge di cui sopra, sembra che il margine aggiuntivo offerto dai clienti rispetto alla tariffa del Gse si aggiri intorno a 5 euro/MWh. 250 Smc/ora equivalgono a circa 23mila MWh/a che, moltiplicati per 5 euro/MWh in più che i clienti sono disposti a pagare, significa superare abbondantemente i 100mila euro/a. In quindici anni di incentivo significa 1.500.000 euro. Aumentando la taglia degli impianti, i profitti, ovviamente, aumentano. Quindi meglio il mercato libero della vendita al Gse.
È raccomandabile farsi assistere da un consulente esperto per l'oculata scelta del cliente e una buona negoziazione delle condizioni tecniche del contratto. Se si è disposti a questo piccolo sforzo aggiuntivo, si possono spuntare prezzi decisamente migliori rispetto alla vendita al Gse a Tariffa Omnicomprensiva. Dal mercato libero si può comunque tornare indietro e avere di nuovo come partner il Gse. E lo si può fare per ben due volte. Le Garanzie di Origine, pari a 1 MWh, sono la novità nel Decreto Legge Agricoltura e si inizia finalmente a parlare di Bpa. Sempre in base al Decreto Legge Agricoltura, l'industriale soggetto a Emission Trading System (Ets) potrebbe avere interesse ad acquistare solo la GO, con una soluzione "finanziaria" perché non c'è il sottostante fisico, cioè non c'è la fornitura di biometano. Bisogna inoltre porre attenzione al fatto che la produzione del biometano non può essere divisa, nel senso che essa va associata ad un solo cliente e non si possono avere più clienti per la stessa fornitura. Quindi non si può vendere la GO a un cliente e il biometano ad un altro".
Conclusione
Il titolare di un impianto di biometano agricolo di capacità inferiore a 250 Smc/ora (all'incirca l'equivalente di un impianto di biogas da 1 MW elettrico) ha la flessibilità di scegliere fra vendere al Gse con Tariffa Omnicomprensiva, oppure vendere al mercato con Tariffa Premium, che però è calcolata in modo tale che, nelle peggiori ipotesi di andamento del mercato, il minimo definito dalla Tariffa Omnicomprensiva rimane comunque garantito. Il vantaggio di scegliere la Tariffa Premium sta nella possibilità di spuntare migliori prezzi mediante una scelta oculata dei clienti - aziende che hanno l'obbligo legale di acquistare una certa quota di energia rinnovabile - perché la domanda di biometano supera di gran lunga l'offerta.
Come diceva Aristotele Onassis, "Il segreto negli affari è conoscere qualcosa che nessun altro sa". Nel caso del biometano, è necessaria una conoscenza approfondita delle dinamiche mercato che difficilmente l'imprenditore agricolo può avere. Il ricorso alle competenze di un consulente specializzato in Bpa consentirebbe di spuntare fino a 100mila euro in più all'anno rispetto alla vendita a Tariffa Omnicomprensiva.