Tra le varie minacce che incombono sull'apicoltura ci sono anche quelle che riguardano la commercializzazione del miele.

 

Minacce che vanno dalla concorrenza, spesso sleale, da parte dei mieli esteri, a tutto un sistema di frodi e adulterazioni che arrivano fino a vendere per miele quello che miele non è.

 

Un problema che ha avuto come punta dell'iceberg la decisione di Apimondia di non indire al prossimo congresso internazionale il consueto concorso dei mieli proprio per l'impossibilità di avere un metodo analitico ufficiale e riconosciuto in grado di individuare alcune adulterazioni.

 

Ora da Sinsoma, uno spinoff dell'Università di Innsbruck in Austria, arriva una nuova metodologia analitica che promette di riconoscere e valutare molti aspetti qualitativi dei mieli e di scovare molte delle frodi che fino ad ora era difficile individuare: l'analisi del Dna del miele.

 

Per farci spiegare di cosa si tratta abbiamo intervistato la dottoressa Anna Mutti, che ha partecipato alla messa a punto di questo sistema di analisi.

 

Dottoressa, il miele non è fatto di cellule e per tanto non ha un suo Dna, quindi cos'è l'analisi del Dna del miele?
"Il Dna ambientale (eDna) è il materiale genetico che gli organismi rilasciano nell'ambiente attraverso fluidi corporei, escrementi, pelle, peli, uova o cellule morte. Questo Dna può essere estratto da campioni come acqua, suolo o sedimenti, senza bisogno di prelevare direttamente gli organismi. Anche il miele contiene eDna: le api, raccogliendo polline e nettare, trasferiscono nel miele cellule vegetali delle piante visitate, insieme a cellule animali provenienti da api stesse, altri insetti e persino parassiti presenti nell'alveare. È proprio questo materiale genetico che analizziamo".

 

Quali aspetti qualitativi del miele può rilevare?
"L'analisi del Dna ci fornisce due principali fonti di informazione: le piante/fiori e gli insetti. Da un lato, possiamo identificare centinaia di specie botaniche visitate dalle api che hanno prodotto il miele, ottenendo così informazioni sulla sua origine geografica. Esistono già molti studi scientifici e banche dati pubbliche di riferimento per la comunità scientifica che permettono una localizzazione piuttosto precisa.

Dall'altro, analizzando il Dna degli insetti, possiamo valutare lo stato di salute dell'alveare e verificare se il campione provenga effettivamente da un alveare, come dovrebbe essere per ogni vero miele".

 

anna-mutti-sinsoma-by-anna-mutti-1200x800-jpg.jpg

La dottoressa Anna Mutti

(Fonte: Università di Innsbruck)

 

Quali frodi possono essere scoperte e come?
"Attualmente siamo in grado di distinguere con certezza i due estremi dello spettro, ovvero i campioni '100% genuini' da quelli completamente adulterati con sciroppi di zucchero. Faccio un esempio: un miele autentico contiene il Dna di decine, se non centinaia, di specie botaniche diverse, come colza, girasole, frutti di bosco, nontiscordardimé, sambuco e molte altre. Se invece un campione mostra tracce di solo due o tre specie, perlopiù cereali, diventa sospetto. Se poi troviamo anche pochissime tracce di
Apis mellifera, allora quel campione con ogni probabilità non è vero miele.

 

Oltre alle piante, analizziamo anche il Dna di insetti, batteri, funghi e patogeni, così da classificare il miele in tre categorie: 'probabile/realistico', 'dubbio' o 'improbabile'. Attualmente stiamo lavorando all'identificazione dei casi 'grigi', ovvero quelli in cui il miele è stato mescolato con sciroppi in percentuali variabili. In questo ambito siamo ancora molto cauti, perché non vogliamo penalizzare gli apicoltori che devono nutrire le loro api in situazioni di emergenza, come accade sempre più spesso a causa del cambiamento climatico. Il loro lavoro, così prezioso per la sopravvivenza umana, è già abbastanza difficile e a rischio senza un rincaro da parte nostra".

 

Può essere fatto su tutti i tipi di miele?
"Sì, abbiamo testato con successo mieli di ogni tipo, dal millefiori alle melate di bosco, provenienti da tutta Europa e anche da altri continenti".


Quanto miele serve per una analisi?
"Dipende dal livello di approfondimento richiesto. L'analisi base, che chiamiamo analisi del Dna pollinico del miele, identifica solo le specie botaniche presenti nel campione e richiede pochi millilitri di miele, circa un cucchiaio. Per questo abbiamo sviluppato un kit di campionamento che inviamo per posta, con tutto il necessario per la raccolta. Le analisi più approfondite, invece, richiedono almeno 10-20 millilitri di miele, quindi chiediamo un vasetto da 50 grammi (quelli piccoli)".

 

Qual è il costo di un'analisi?
"L'analisi pollinica del miele (quindi solo Dna di piante e fiori) ha un costo di 94 euro ed è ordinabile online sul sito di Trachtanalise, con la possibilità di selezionare la lingua italiana. I campioni vengono analizzati una volta al mese.
Per un'analisi più approfondita, finalizzata anche all'identificazione di frodi, il Honey Sinsoma Dna Profile parte da 474 euro per campione. Per un profilo dettagliato del Dna del miele, è necessario richiedere un preventivo personalizzato su www.honey-dna.com, con sconti disponibili in base al numero di campioni inviati".

 

Oggi questa metodologia è riconosciuta a livello ufficiale per l'analisi dei mieli?
"Non ancora, ma ci stiamo lavorando. Come per ogni nuova tecnica, è necessario validarne la riproducibilità e ottenere il riconoscimento ufficiale, il che richiede test rigorosi, tempo e, purtroppo, anche molta burocrazia. Attualmente siamo impegnati in una commissione europea per la standardizzazione della metodica, in modo che possa essere adottata insieme alle analisi classiche: melissopalinologia (analisi microscopica del polline) e metodi chimico-fisici (come la risonanza magnetica nucleare)
.

 

Abbiamo già ricevuto supporto e riscontri positivi dai ministeri austriaco e tedesco e speriamo di ottenere le certificazioni entro la fine dell'anno. I consorzi degli apicoltori italiani stanno seguendo da vicino l'evoluzione della situazione e sicuramente aggiorneranno i loro membri in tempo reale".