È primavera e nei campi cominciano a spuntare numerose piante spontanee.

Vengono chiamate malerbe e sono generalmente indesiderate perché possono entrare in competizione con le piante coltivate per acqua e nutrienti.

 

Ma queste piante hanno davvero solo svantaggi? O possono invece trasformarsi in una risorsa?


Oltre a raccontare molto sulla qualità del suolo, permettendo una sorta di analisi empirica della sua composizione, le piante spontanee forniscono una serie di benefici ecosistemici. Favoriscono la biodiversità dell'agroecosistema, attirano impollinatori e insetti utili, contribuiscono a ridurre l'erosione e migliorano la capacità del terreno di trattenere acqua. Inoltre, le loro radici lavorano naturalmente il suolo e possono essere sfruttate per la pacciamatura o il sovescio per limitare l'evaporazione dell'acqua e aumentare la sostanza organica del terreno.


Ma non è tutto: come vedremo in questo articolo, molte di queste piante sono anche commestibili. Amaranto, portulaca e tarassaco, per esempio, non solo sono ricche di sapore ma possiedono anche ottime proprietà nutrizionali.

 

Perché, allora, vederle solo come un ostacolo quando potrebbero diventare una fonte di reddito?


La raccolta delle piante spontanee è una pratica antica, nata prima dell'agricoltura e utilizzata dall'uomo soprattutto nei periodi di carestia. Oggi, invece, si parla di "foraging" ed è una pratica che va di pari passo con il crescente interesse per un'alimentazione più sostenibile e naturale. Infatti, le erbe spontanee sono più ricche di nutrienti rispetto a molte colture selezionate, rappresentano stagionalità e biodiversità, e spesso sono legate alla tradizione e alla coltura di un luogo. Con il giusto approccio possono perciò diventare un'opportunità economica per le aziende agricole: dalla vendita diretta al mercato alla fornitura per i ristoranti.


Piante spontanee mangerecce: un'opportunità

Nel mondo esistono circa 350mila specie di piante, di cui 80mila sono commestibili. Eppure, l'agricoltura moderna si concentra solo su una piccola frazione di esse: appena 200 vengono coltivate in modo significativo, e solo 8 (orzo, fagioli, arachidi, mais, patate, riso, sorgo e grano) coprono più della metà del nostro fabbisogno calorico giornaliero.


Fortunatamente, c'è ancora chi si nutre anche di piante selvatiche. In Europa se ne conoscono circa 1600 specie edibili, pari al 13% della flora complessiva. L'Italia, caratterizzata da una grande varietà di paesaggi e microclimi, ospita quasi la metà delle specie vegetali riconosciute in Europa. Nel 2013, si è stimato che nel nostro Paese crescono spontaneamente 828 piante commestibili, utilizzate in passato non solo nell'alimentazione, ma anche per la preparazione di liquori e rimedi tradizionali.


Nel corso degli anni il boom economico e l'industrializzazione hanno cambiato radicalmente il nostro modo di vivere e di alimentarci: la qualità della vita è migliorata ma abbiamo perso conoscenze preziose sulle risorse spontanee del nostro territorio.


Oggi l'interesse per i prodotti naturali sta tornando, non solo da parte dei consumatori più attenti alle proprietà nutraceutiche e farmaceutiche, ma anche da parte della ristorazione di alto livello che riporta in primo piano piatti della tradizione.


Inoltre, le piante spontanee possono rappresentare una preziosa risorsa per affrontare le future sfide dell'agricoltura: cambiamento climatico, siccità, suoli poveri e salinizzazione. Per questo, diverse iniziative stanno lavorando per preservare queste piante, dalle banche dei semi alla creazione di inventari nazionali. L'obiettivo principale è quello di proteggere il loro patrimonio genetico particolarmente rustico e caratterizzato da un'elevata diversità genetica intrinseca (perché non sono state selezionate e domesticate) che consente il loro efficace adattamento a un'ampia varietà di habitat e che potrebbe rafforzare la resilienza degli agroecosistemi.


Al momento c'è ancora tanto lavoro da fare affinché la vendita delle piante spontanee guadagni spazio: mancanza di standard qualitativi, mancanza di tecnologie di conservazione e lavorazione, scarsa attenzione da parte delle politiche agricole, che continuano a privilegiare le colture convenzionali, ridotti dati sul loro valore nutrizionale e sulle potenzialità economiche.

 

Eppure, le opportunità ci sono. Oltre al consumo diretto e alla vendita locale, la raccolta delle piante spontanee offre benefici meno tangibili ma altrettanto importanti: rafforza il legame con il territorio, migliora la conoscenza ecologica e favorisce un rapporto più consapevole con la natura. Per questo un'azienda attiva può sfruttare questa tematica per organizzare eventi e passeggiate didattiche atte a sensibilizzare sul valore delle piante spontanee.


Cosa, dove e quando

Le piante spontanee commestibili possono sia essere raccolte nei propri campi, soprattutto quelle più comuni, che coltivate. Possono, infatti, essere introdotte nella propria azienda per cercare di avere delle stagioni di raccolta precise, senza spendere troppo tempo nell'andare a cercarle ogni volta, allungando i tempi di raccolta. Si dedica loro uno spazio nel proprio orto o nel campo e si ottiene una produzione molto particolare che richiede meno impegno e pochi input agronomici.

 

Delle piante spontanee si possono raccogliere diverse parti: fiori, foglie, frutti, cortecce e radici. Riconoscerle correttamente è essenziale per assicurarsi di raccogliere specie edibili e non tossiche.

 

Ma non basta: è altrettanto importante sapere quando è il momento migliore per ogni pianta. Si tratta del tempo balsamico, cioè quel momento del ciclo vitale di una pianta in cui si concentrano il massimo dei principi attivi. Per la maggior parte delle piante spontanee in Italia, i momenti migliori per la raccolta sono la primavera e l'autunno. Fanno eccezione le cortecce e le radici che si raccolgono in inverno, quando la pianta è a riposo, e i fiori che vanno raccolti in estate, perché contengono il massimo dei nutrienti.

 

Le piante mangerecce più comuni

Il tarassaco (Taraxacum officinale), noto anche come dente di leone o soffione, è una delle piante spontanee più diffuse, presente in prati, campi e bordi stradali. La sua fioritura avviene soprattutto in primavera, ma può protrarsi tutto l'anno. È una pianta completamente commestibile: le foglie giovani, ricche di ferro, possono essere consumate crude in insalata o cotte in minestre e torte salate; i fiori e i boccioli si prestano per confetture o possono essere conservati sottaceto come i capperi; le radici, una volta essiccate e tostate, sono utilizzate come surrogato del caffè. Oltre al valore alimentare, il tarassaco è noto per le sue proprietà depurative e diuretiche, favorendo la funzionalità epatica e intestinale.

 

Se si vuole coltivare il tarassaco, questo può essere seminato da marzo a giugno, direttamente in piena terra o in semenzaio. È una pianta molto utile nell'orto perché possiede un buon apparato radicale fittonante capace di smuovere il terreno migliorandone la struttura, mentre i fiori attirano api e insetti impollinatori.

 

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Tarassaco

(Fonte: AgroNotizie®)

 

La piantaggine (Plantago spp.), facilmente riconoscibile lungo sentieri e prati, è una pianta perenne che si può raccogliere tutto l'anno. Le sue foglie giovani si mangiano crude in insalata, mentre quelle più mature si prestano alla cottura in minestre, risotti e ripieni per ravioli. Ha proprietà espettoranti e lenitive ed è utilizzata in infusi contro tosse, raffreddore e catarro. Le varietà commestibili più comuni sono la Plantago lanceolata, dalle foglie strette e nervature marcate, e la Plantago major, con foglie più larghe ed ellittiche.

 

Il farinello (Chenopodium album) è una pianta annuale diffusa in tutta Italia, presente in incolti, orti, giardini e ai margini dei campi. Appartiene alla stessa famiglia di spinaci e bietole e le sue foglie giovani e cime possono essere consumate come verdura, sia crude che cotte. È ricco di ferro, vitamina B e proteine e la raccolta avviene tra maggio e giugno.

 

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Farinello

  (Fonte: AgroNotizie®)

 

La borragine (Borago officinalis) è una pianta spontanea che si riconosce facilmente per i suoi fiori blu a campanula. È diffusa in molte zone d'Italia, in cucina si possono usare sia le foglie che i fiori e anche in questo caso si tratta di una pianta molto utile da tenere nell'orto per attirare api e insetti impollinatori. La borragine è ricca di omega-6, calcio e potassio, ed è nota per le sue proprietà antinfiammatorie, diuretiche e depurative. La semina avviene in primavera.

 

La portulaca (Portulaca oleracea) cresce spontaneamente nei terreni fertili e ben irrigati, sviluppandosi rapidamente nei mesi estivi. Ha delle foglie particolarmente carnose che si possono mangiare sia crude che cotte; è un ingrediente tipico della panzanella toscana. Può essere lasciata crescere in una parcella dell'orto per favorire la biodiversità, evitando però che entri in competizione con altre colture. Se coltivata, preferisce pieno sole, terreno ben sciolto e irrigazioni leggere e frequenti. Si propaga facilmente per seme o per talea e germina in pochi giorni con temperature primaverili.

 

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Portulaca

(Fonte: AgroNotizie®)

 

La malva (Malva sylvestris), diffusa in pianura e collina, cresce nei campi incolti e ai bordi delle strade. Si raccoglie in primavera, quando sviluppa i caratteristici fiori lilla e violacei. È utile contro infiammazioni delle mucose, tosse e mal di gola e in cucina si possono utilizzare sia le foglie che i fiori.

 

La borsa del pastore (Capsella bursa-pastoris), è cosmopolita e contiene flavonoidi, tannini e alcaloidi che le conferiscono proprietà astringenti, emostatiche e ipotensive, utili per regolare il ciclo mestruale e controllare le emorragie. Le sue rosette basali, raccolte in primavera, si possono consumare crude o cotte come verdura a foglia.

 

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Borsa del pastore

(Fonte: AgroNotizie®)

 

L'acetosella (Oxalis pes-caprae), è la pianta più aspra e per questo è apprezzata in cucina per arricchire insalate e minestre o come sostituto del limone. Le foglie si utilizzano anche per preparare una tisana rinfrescante, tipo limonata. Si coltiva facilmente, ma teme il freddo intenso.

 

L'ortica (Urtica dioica) è diffusa ovunque e rappresenta un indicatore di suoli ricchi di azoto e umidità. Ha numerose proprietà depurative, diuretiche, antireumatiche e ipoglicemizzanti. Le foglie, innocue dopo una breve sbollentatura, sono molto utilizzate per risotti, minestre, frittate e torte salate. Si raccoglie in primavera, quando raggiunge il tempo balsamico e le foglie sono più tenere.

 

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Ortica

(Fonte: AgroNotizie®)


L'amaranto (Amaranthus retroflexus) è una pianta completamente edibile. Le foglie, simili agli spinaci, si raccolgono da giugno all'inverno e si consumano cotte; i semi, ricchi di proteine, ferro e fibre, maturano tra agosto e ottobre e si usano come un cereale, in zuppe, farine o soffiati. Senza glutine e molto nutriente, l'amaranto è una pianta resistente alla siccità, facile da coltivare e poco esigente in termini di cure.

 

Il lamio (Lamium purpureum) è una pianta molto diffusa, che si moltiplica facilmente ed è una delle prime a fiorire subito dopo l'inverno. Il lamio è depurativo, tonico e astringente e in cucina si possono utilizzare sia foglie che fiori.

 

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Lamio

(Fonte: AgroNotizie®)

 

Il centocchio (Stellaria media) è ricco di minerali e vitamine. Va raccolto quando è giovane, perché più è tenero e più è digeribile. Si può utilizzare per la preparazione di tisane espettoranti o per preparare pesti.

 

Gli strigoli (Silene vulgaris), diffusi in prati e campi, si raccolgono da marzo a maggio. Le foglie giovani e i germogli si utilizzano in cucina per minestre, ravioli, gnocchi verdi, frittate e contorni.

 

La pratolina (Bellis perennis) è la margherita più comune nei prati; ha proprietà diuretiche e depurative. Le foglie giovani si aggiungono alle insalate o ai minestroni, mentre i fiori sono perfetti per tisane disintossicanti.

 

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Pratolina

(Fonte: AgroNotizie®)

… E quelle meno comuni

Il luppolo selvatico (Humulus lupulus) è diffuso soprattutto nel Centro Nord Italia lungo le sponde dei fossi. I germogli giovani, detti bruscandoli, si raccolgono tra marzo e aprile; si usano per la preparazione di risotti, minestre e frittate e sono molto richiesti nei ristoranti.

 

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Luppolo selvatico

(Fonte: Vittoriana Lasorella - AgroNotizie®)

 

L'asparago selvatico (Asparagus officinalis) è noto per le sue proprietà diuretiche grazie all’alto contenuto di vitamine e sali minerali. I getti, dal sapore più intenso rispetto agli asparagi coltivati, si raccolgono in primavera e si consumano in risotti, frittate e contorni.

 

L'aglio orsino (Allium ursinum) cresce spontaneamente nei boschi e si riconosce per il suo intenso odore di aglio. Ha proprietà depurative, antibatteriche e ipotensive. Le foglie fresche e i bulbi si utilizzano in zuppe, frittate e per preparare il pesto orsino. È facile da coltivare: predilige zone umide e ombreggiate dell'orto; i bulbi si possono interrare in autunno, mentre in primavera si possono trapiantare le piantine.

 

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Aglio orsino

(Fonte: Vittoriana Lasorella - AgroNotizie®)

 

Il topinambur (Helianthus tuberosus) è una pianta infestante che cresce spontanea in varie zone d'Italia lungo i fiumi e i fossi. Si può coltivare ovunque e non ha problemi di malattie. I tuberi vanno interrati in primavera a 10-15 centimetri di profondità; dopo di che si raccolgono in autunno e si possono consumare lessati, fritti, gratinati o crudi. I tuberi del topinambur hanno un sapore simile a quello del carciofo, sono ricchi di insulina e hanno proprietà lassative e galattogene.


Il lampascione (Muscari comosum) è una pianta perenne diffusa in tutta Italia che cresce in ambienti asciutti e si raccoglie tra il tardo autunno e la primavera. I bulbi hanno un sapore amarognolo e si possono preparare lessati, fritti o arrostiti. Si tratta di un ortaggio prelibato che sta attirando l'attenzione delle industrie conserviere per la produzione di sottaceti e sottoli. Essendo una specie particolarmente rustica potrebbe valorizzare terreni poco fertili.


I fiori di sambuco (Sambucus nigra), comuni in tutta Italia, sono utilizzati per frittelle dolci e salate, bevande fermentate e liquori, mentre i frutti maturi sono impiegati per marmellate e sciroppi.