Giannutri, Parco Nazionale dell'Arcipelago Toscano. Alcune settimane fa è stata pubblicata la notizia che il parco non ha rinnovato l'autorizzazione per tenere sull'isola i 18 alveari dell'azienda La Pollinosa - usati principalmente per la riproduzione e la selezione delle api regine.
Una decisione che è stata presa a seguito delle relazioni dei ricercatori dell'Università di Firenze e di Pisa, dove sono state messe in evidenza una diminuzione delle risorse alimentari, un cambio di comportamenti e una riduzione della popolazione di due specie di apoidei correlabili alla presenza delle api da miele. Dati che poi sono stati pubblicati in un articolo scientifico pubblicato sulla rivista internazionale Current Biology.
Una decisione che ha avuto echi anche sulla stampa nazionale e che ha sollevato perplessità e polemiche nel mondo dell'apicoltura, ma anche riaperto un dibatto che nella comunità scientifica va avanti ormai da alcuni anni.
Per cercare di capire meglio cosa è stato fatto, quali sono i rischi, le problematiche e i possibili sviluppi, abbiamo intervistato i ricercatori che hanno partecipato in prima persona agli studi sull'isola e alla pubblicazione dell'articolo scientifico: il professor Leonardo Dapporto dell'Università di Firenze e il dottor Alessandro Cini dell'Università di Pisa.
A Giannutri sono state studiate le interazioni tra le api da miele e altri apoidei. Cosa è stato fatto e cosa è venuto fuori da questa ricerca?
"Il Parco Nazionale dell'Arcipelago Toscano ci ha chiesto di verificare l'eventuale impatto sugli apoidei selvatici causato dalla presenza di un apiario sull'isola. L'apiario era formato da 18 colonie che, rapportate alla piccola dimensione dell'isola (2,6 chilometri quadrati), portavano ad una densità di circa 7 colonie al chilometro quadrato (una densità ben al di sopra della media europea e sopra la densità sostenibile consigliata in letteratura). Inoltre, da aprile venivano portati circa 200 nuclei di fecondazione che andavano ad aumentare ulteriormente il carico apistico sull'isola.
Per valutare il potenziale impatto abbiamo studiato vari aspetti dell'interazione tra api da miele e api selvatiche. In primo luogo abbiamo condotto uno studio faunistico per descrivere in modo completo la comunità di apoidei dell'isola; abbiamo quantificato il grado di sovrapposizione nell'utilizzo delle risorse (trovando che è alto, ovvero api da miele e le due specie più abbondanti sull'isola, una specie di bombo e una di antofora, utilizzano grossomodo le stesse piante) e abbiamo poi monitorato la consistenza di queste due popolazioni di specie selvatiche per quattro anni, evidenziandone un drammatico declino.
Infine, e questa è la parte più consistente e innovativa dello studio, abbiamo temporaneamente impedito alle api da miele di raccogliere risorse nell'isola per alcune ore in alcuni giorni, chiudendo le uscite delle arnie in accordo con gli apicoltori. Tale assenza ha prodotto un rapido e significativo aumento delle risorse, ossia polline e nettare, e abbiamo osservato una corrispondente modifica del comportamento di foraggiamento dei due apoidei selvatici studiati. Nello specifico, polline e nettare sui fiori sono aumentati rispettivamente del 50% e del 30%. In assenza di api da miele, le api selvatiche sono diventate più attive nel cercare il cibo, hanno trascorso più tempo sui fiori a succhiare il nettare e hanno impiegato meno tempo a prendere il polline.
Questi risultati indicano che la massiva presenza di api da miele riduce le risorse disponibili per le altre api e tale riduzione modifica il loro comportamento. Alla luce del rapido declino osservato negli ultimi quattro anni, tale impatto della presenza dell'ape da miele, a nostro avviso, si qualifica come una fonte di disturbo per le altre api. Il Parco, anche sulla base di questi risultati scientifici, ha deciso di non rinnovare, in via precauzionale, il permesso agli apicoltori".
Le api da miele su Giannutri si possono considerare "aliene"?
"La definizione di specie aliena dipende dalla dimensione spaziale e temporale considerata. A livello europeo l'ape da miele è ovviamente una specie autoctona, e in questo senso non può essere considerata aliena a livello regionale. A livello locale, nelle isole dell'Arcipelago Toscano, andrebbe compreso se e quando l'ape ha colonizzato autonomamente ogni isola, o se la sua presenza è sempre stata legata alla presenza umana (e, nel caso, da quando).
Dobbiamo considerare che l'apicoltura non è stata effettuata a Giannutri da quando esiste il Parco, dal 1996 fino al 2018 (di prima non si hanno notizie in letteratura scientifica) e che l'ape da miele attualmente non fa parte della fauna dell'isola; questo, tra l'altro, è il motivo per il quale l'azienda ha deciso di effettuare qui gli accoppiamenti. Inoltre, le condizioni climatiche probabilmente non permetterebbero alle api di sopravvivere alla carenza estiva di risorse, soprattutto non a tali densità. Tuttavia, quale che sia lo status dell'ape da miele sull'isola, questo non è importante per le conclusioni di questo lavoro, che riguardano la presenza di arnie di api gestite e la loro eventuale influenza sulle altre specie. Nella nostra pubblicazione l'ape da miele non è definita come aliena sull'isola. Anche considerando l'ape da miele autoctona a Giannutri, e anche riconoscendo che in passato l'apicoltura possa essere stata effettuata, non cambia l'impatto che l'apicoltura può avere attualmente sulla biodiversità dell'isola e che risulta dal nostro studio".
Una regina di Bombus terrestris a Giannutri
(Fonte: Marco Bonifacino, Università di Firenze)
Gli apoidei spesso hanno specializzazioni o preferenze per alcuni tipi di fiori e possono avere nicchie ecologiche diverse. Voi avete studiato due specie di api, su due piante specifiche. Non è possibile che in presenza delle api da miele le antofore e i bombi tendano a spostarsi su altre piante, magari meno appetibili, ma anche meno visitate dalle api da miele?
"Tra le molte analisi presenti nel nostro lavoro vi è anche la sovrapposizione nell'uso delle varie specie di piante tramite reti di impollinazione (bipartite networks). In presenza e assenza di api da miele, come ottenuto attraverso il nostro protocollo sperimentale, non vi è stato alcun cambiamento significativo nell'uso dei fiori da parte delle due specie studiate, bombi e antofore, probabilmente perché le piante usate da queste specie rappresentano la stragrande maggioranza di risorse disponibili e non vi sono molte risorse alimentari alternative. Tutto questo è analizzato con cura e spiegato nell'articolo".
Voi parlate di Giannutri come un vero e proprio laboratorio a cielo aperto. Ma si tratta di un laboratorio molto particolare per dimensioni, clima, vegetazione ecc... Non c'è il rischio che questi risultati di fatto siano validi solo lì, in quel particolarissimo ambiente, o quasi?
"Certamente, sia nel nostro studio che in tutte le interviste abbiamo sempre indicato (e lo ribadiamo qui!) come la presenza di competizione e gli impatti negativi dipendano dal contesto, e dunque, come vale sempre, i risultati di uno studio siano specifici per quel contesto. Dobbiamo tuttavia considerare che è ragionevole porsi il dubbio se, in contesti più o meno simili, possa avvenire qualcosa di analogo, e dunque speriamo che il nostro studio serva ad approfondire scientificamente la questione. Riguardo alla specificità dei nostri risultati: si tratta di un lavoro fatto in una piccola isola e più ci allontaniamo da questo modello (sia spazialmente che come caratteristiche ecologiche) più è probabile che non si verifichino gli effetti che abbiamo riscontrato.
Ragionevolmente, i nostri risultati sono più facilmente applicabili ad altre isole piccole come Gorgona, Montecristo e Pianosa, mentre le isole più grandi come Giglio, Capraia e Elba potrebbero essere modelli molto diversi. Sia ben chiaro che non vorremmo che venissero prese decisioni gestionali in base ai nostri risultati per isole grandi e tantomeno per ambienti di terraferma. È dunque importante continuare a effettuare studi scientifici per capire se, quando e come la presenza di api da miele gestite possa avere un impatto sulle api selvatiche".
Sui giornali si sono letti titoli con toni e affermazioni nette. Però nel vostro articolo scientifico, al di là della chiarezza dei dati che mostrano una correlazione tra presenza di api e effetti negativi su queste due specie di apoidei, termini come possibile o potenziale competizione, rischi ecc... In sostanza lasciate ancora abbastanza spazio al dubbio su quella che è la reale competizione tra questi insetti?
"Ovviamente noi rispondiamo solo per quanto scriviamo o diciamo noi! L'utilizzo di termini come possibile e potenziale è la prassi nella scienza, soprattutto per quanto riguarda i dati che emergono da studi correlativi (come è una parte del nostro studio). In questi casi ricercatori e ricercatrici forniscono interpretazioni e plausibili spiegazioni, non certezze. Inoltre, nessun lavoro scientifico è definitivo, uno studio innovativo spesso apre più domande nuove di quante siano le risposte che offre.
Di tre cose però, in base al nostro studio, siamo scientificamente convinti: 1) quando le api rimangono chiuse nelle arnie per 11 ore le risorse di polline e nettare disponibili sull'isola aumentano; 2) in questa stessa condizione gli apoidei selvatici modificano il loro comportamento e, ragionevolmente, foraggiano con maggiore efficienza; 3) gli apoidei selvatici di Giannutri hanno mostrato un forte declino almeno negli ultimi 4 anni (e gli alveari sono stati portati negli ultimi 6).
Queste tre solide evidenze indicano che le api da miele possano rappresentare un fattore di disturbo per le api selvatiche, e plausibilmente una delle cause del loro declino, che è quanto il nostro studio conclude".
Il vostro studio mostra una correlazione tra la presenza delle api da miele sull'isola e il declino delle popolazioni delle due specie di apoidei. Ma sappiamo che una correlazione non è necessariamente una prova di un meccanismo di causa-effetto
"Il nostro studio non implica in nessun modo che altre cause di declino non siano in atto. Come discutiamo nello studio stesso, è immaginabile che esistano altre fonti di disturbo (come fluttuazioni casuali, cambiamenti climatici o introduzione di patogeni). Lo studio, tuttavia, non ha come scopo la valutazione delle varie cause di declino degli apoidei selvatici di Giannutri, quanto specificatamente la valutazione della possibile competizione per le risorse, e quindi il potenziale impatto (legato solo a questo aspetto, e non ad esempio allo spillover di patogeni, aspetto non considerato in questo studio) dell'ape da miele sulle altre api.
Nello studio tuttavia altri potenziali fattori sono presi in considerazione (tra questi, la tanto discussa presenza di trattamenti con insetticidi sull'isola e i cambiamenti climatici).
Sarebbe assolutamente interessante approfondire in futuro anche l'importanza che altri fattori possono avere nello spiegare il drastico declino delle api selvatiche a Giannutri: lo scopo dovrebbe essere quello, crediamo, di comprendere come salvaguardare al meglio la preziosa biodiversità di questa piccola e unica area protetta, patrimonio di tutti".
Gli alveari di Giannutri, oltre ovviamente ad un interesse commerciale dell'azienda che li conduceva, erano lì anche per un programma di conservazione e selezione di api regine della sottospecie Apis mellifera ligustica, la cosiddetta ape italiana, che in molte parti della penisola è a rischio di erosione e di inquinamento genetico. Si può vedere un conflitto tra due forme di tutela di biodiversità? E se sì, qual è la priorità ecologica e perché?
"Sull'isola vi è un'area a protezione integrale (area A) dove nessuna attività umana è permessa proprio per conservarne l'eccezionale e unica qualità ambientale. Tra le attività non permesse vi è chiaramente anche l'apicoltura. Sebbene l'apiario fosse localizzato fuori dall'area A, la vicinanza spaziale faceva sì che nei nostri punti di conta all'interno della riserva integrale fossero presenti un gran numero di bottinatrici. La riduzione di risorse e il peggioramento della performance di foraggiamento delle api selvatiche è stato riscontrato in ogni parte dell'isola, compresa quella a protezione integrale. La decisione di non rinnovare il permesso non è stata presa da noi ma dall'Ente Parco Nazionale, al quale andrebbe nel caso girata la domanda riguardo alle priorità. Dal punto di vista conservazionistico, a noi pare ragionevole che in una zona di protezione integrale la conservazione della biodiversità selvatica debba essere prioritaria rispetto alle attività e alla selezione operata dall'azienda apistica.
Vorremmo però chiarire una cosa. Quanto abbiamo trovato non deve assolutamente far pensare (e non lo abbiamo mai pensato, anzi, abbiamo più volte ribadito il contrario) che l'apicoltura debba essere bandita ovunque per conservare la biodiversità. L'ape da miele è un insetto ecologicamente ed economicamente importante e gli apicoltori sono rimasti gli ultimi custodi dell'ape da miele, in quanto negli ultimi decenni questa specie è praticamente sparita allo stato selvatico.
Tuttavia, come ci raccontano sia la letteratura scientifica che il nostro esperimento a Giannutri, in alcuni contesti un'intensa attività apistica può creare alcuni problemi ad alcune componenti della biodiversità locale. Queste eventualità vanno studiate e comprese bene".
Un esemplare di Anthophora dispar a Giannutri
(Fonte: Marco Bonifacino, Università di Firenze)
Tuttavia in molti, in campo scientifico, considerano le api da miele come animali selvatici
"Per le api da miele si usa spesso il termine api ferali, nel caso in cui le colonie non siano all'interno di arnie e gestite ma trovate direttamente in natura (che poi siano derivate da sciami gestiti questo magari è un altro aspetto). In effetti, nella comunità scientifica c'è anche dibattito sull'uso del termine domesticate per le api, in quanto, se da una parte è vero che da migliaia di anni l'uomo le gestisce e ne seleziona alcuni caratteri, dall'altro è pur vero che, a differenza di altre domesticazioni l'ape da miele gestita è molto simile alla controparte selvatica.
Il fatto che l'ape da miele si consideri una specie selvatica non si contrappone al fatto che sia autoctona in certi contesti, ma che sia o meno domesticata dall'uomo. In Italia esistono circa mille specie selvatiche ma poco più di 10 di queste sono presenti a Giannutri. Questo è dovuto al ben noto fenomeno dell'impoverimento delle comunità insulari prodotto dal fatto che ben poche specie riescono a raggiungere un'isola e a trovare risorse per sopravvivere. Quindi vi sono circa 990 specie di api selvatiche e autoctone italiane che non fanno parte della comunità dell'isola. Attualmente l'ape da miele è una di queste in quanto la si ritrova sull'isola solo se ci viene portata e scompare non appena le colonie sono rimosse. Inoltre l'ape da miele non riproduce colonie sull'isola, perdendo un'altra caratteristica di una popolazione autoctona e cioè la possibilità di riprodursi in loco.
Noi non diciamo che l'ape da miele si può rendere problematica sull'isola in quanto animale non selvatico o per il suo status di alieno. Il nostro ragionamento è limitato alle evidenze di impatto della api gestite sulle altre specie di api non gestite, quindi selvatiche".
In futuro potrebbe essere possibile riportare le api da miele a Giannutri e se sì, in quale caso e in che modalità?
"La decisione spetta al Parco, non a noi, ma sicuramente peseranno le osservazioni che saranno portate avanti nei prossimi anni. Come conservazionisti possiamo solo sperare che le api selvatiche invertano il trend negativo mostrato in questi anni. I dati che stiamo prendendo già quest'anno in assenza di api da miele sull'isola saranno molto preziosi per capire quanta differenza ci sia o non ci sia non solo tra giorni in cui l'ape da miele è assente per 11 ore ma anche per tempi più prolungati.
Sottolineiamo però che il nostro studio è stato pubblicato dopo 4 anni di lavoro proprio perché, essendo il tema di grande importanza, come rivela lo scalpore sollevato dai nostri dati, non volevamo fare affermazioni che potessero essere fondate su dati parziali. Secondo noi serviranno almeno altre tre stagioni per capire come cambieranno le popolazioni delle api selvatiche sull'isola. La scienza ha i suoi tempi".