Alla vigilia si respirava un po' di incertezza data principalmente dai dazi Usa, dalle tensioni geopolitiche e dalla situazione normativa dei dealcolati, ma già dai primi giorni di fiera non ci sono stati più dubbi e si è subito iniziato a capire che l'edizione 2025 del Vinitaly sarebbe stata un successo.
A evento terminato i numeri hanno infatti dato ragione alle sensazioni. 97mila le presenze complessive e un'incidenza degli operatori esteri che sale al 33% del totale: oltre 32mila da oltre centotrenta Nazioni, con un incremento in assoluto del 7% rispetto all'edizione precedente. In particolare, aumentano i buyer dai primi tre mercati target per il vino italiano: Stati Uniti (+5%), Germania (+5%) e Regno Unito, che compie un balzo in avanti del 30%, mentre si registra una flessione dalla Cina (-20%). In Europa, riscontri molto positivi anche da Francia (+30%) Belgio (+20%) e Olanda (+20%). Bene anche Svizzera (+10%) e Giappone (+10%). Stabili gli arrivi da Canada e Brasile.
La 57esima edizione del Salone Internazionale dei Vini e Distillati ha dimostrato dunque di essere un appuntamento ancora più internazionale, sempre più business e strategico: un asset centrale per il futuro del vino italiano e una piattaforma di dialogo e confronto tra oltre 4mila aziende del comparto, associazioni di categoria, istituzioni nazionali ed europee.
"Verona - ha commentato Federico Bricolo, presidente di Veronafiere - si è riaffermata come capitale europea del vino, grazie alla partecipazione di due commissari Ue, che proprio da Vinitaly hanno annunciato nuove iniziative concrete a sostegno della filiera, insieme ai ministri e alle tante presenze istituzionali a Verona nei giorni di manifestazione. Un segnale forte, in un momento che richiedeva chiarezza, coesione e visione strategica".
Vino, tutelare e promuovere il made in Italy
Vinitaly 2025 è stato anche un'occasione di lavoro, di incontro e di confronto tra il Ministero dell'Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste e tutti i principali componenti del sistema agricoltura.
"Dobbiamo lavorare insieme per superare ogni difficoltà, dobbiamo proteggere i nostri prodotti, li dobbiamo promuovere e dobbiamo rendere sempre più agevole la produzione delle nostre eccellenze" ha infatti affermato il ministro dell'Agricoltura Francesco Lollobrigida. "Produzione, protezione e promozione sono i tre elementi sui quali puntiamo, con azioni che già abbiamo cominciato a mettere in campo".
Analizzare il contesto attuale, approfondire gli strumenti a disposizione del settore e tracciare le prospettive future si conferma dunque un'azione fondamentale.
La ricerca di soluzioni innovative per sostenere e rafforzare la filiera è strategica. Su questo ha portato un importante contributo il Crea, che ha illustrato gli ultimi studi in ambito tecnologico e fitosanitario per mitigare gli effetti del cambiamento climatico sulla viticoltura. Durante l'incontro ad hoc sono state presentate ricerche sulla prevenzione e sul contrasto dei danni alla vendemmia che mostrano l'impatto di prodotti specifici e pratiche agronomiche corrette, sostenute anche da soluzioni di intelligenza artificiale e digitale, nel contribuire al monitoraggio delle colture e supportare le decisioni dei viticoltori.
Dell'importanza di strumenti a supporto della pianificazione si è parlato invece nella tavola rotonda promossa da Ismea.
Grande attenzione si è concentrata anche verso la misura Ocm per la promozione del vino verso i Paesi terzi, che è stata al centro dell'incontro organizzato da Agea, l'Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura, dal titolo "Vino e promozione nei Paesi terzi: la normativa, la filiera del territorio e il ruolo di Agea".
Tra i temi, la ripartizione dei fondi dell'intervento unionale e la semplificazione delle procedure al fine di ottimizzare tempistiche e operatività delle iniziative. Cosa significa convergere gli sforzi e le opportunità sulla promozione? Dagli interventi di tutti gli interlocutori è emerso un approccio prettamente pragmatico, ovvero fare squadra e semplificare le procedure.
Il Ministero dell'Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste presente al Vinitaly 2025
(Fonte foto: Giulia Romualdi - AgroNotizie®)
L'Unione Europea presente al Vinitaly 2025
L'edizione 2025 della manifestazione è stata definita da alcuni il centro del dialogo europeo sul vino in quanto per la prima volta ha visto insieme due commissari Ue: il commissario europeo all'Agricoltura e allo Sviluppo rurale Christophe Hansen, e il commissario europeo per la Salute e il Benessere degli Animali Olivér Várhelyi.
Tra i principali temi trattati, le dinamiche di mercato, le attività internazionali, le strategie di investimento per affrontare le trasformazioni del comparto vitivinicolo, con particolare attenzione a sostenibilità, semplificazione normativa e apertura di nuovi mercati.
"Tenteremo in ogni modo la de-escalation delle tensioni commerciali con gli Stati Uniti. I dazi stanno danneggiando agricoltori, business e consumatori in entrambe le sponde dell'Atlantico, e non è nell'interesse di nessuno. Dobbiamo evitare la spinta inflattiva generata dai dazi, spero prevalga il buon senso", così il commissario Christophe Hansen.
"L'attuale contesto politico europeo - ha aggiunto Hansen - favorirà il dialogo e i negoziati con altri Paesi terzi, inclusa l'India. Questa pressione internazionale deve essere usata per aprire nuovi mercati". In questo senso il commissario europeo all'Agricoltura ha elencato le principali azioni di "diplomazia agroalimentare", "a giugno - ha spiegato - porterò una delegazione di produttori europei in Giappone, un mercato molto florido con cui abbiamo un accordo commerciale. Dobbiamo chiaramente lavorare anche su altre parti del mondo, a partire dal Mercosur che è una destinazione molto interessante anche per i prodotti alimentari di alta qualità. Tra gli altri Paesi target l'India, un mercato dal potenziale molto alto ancora da sfruttare per il nostro settore".
E in merito al Pacchetto Vino presentato giorni fa, Hansen si è detto "ottimista, l'iter di approvazione dovrebbe andare veloce, spero entro l'autunno. Il Pacchetto contiene già delle misure per la semplificazione della promozione".
L'incognita dei dazi Usa
Politiche commerciali degli Stati Uniti e mercati internazionali sono stati i temi dominanti della manifestazione. Già, i tanto temuti dazi, l'argomento principe tra i padiglioni di Veronafiere, con visitatori e produttori che si confrontavano a vicenda su cosa sarebbe successo, e le sale dei convegni dove gli esperti del comparto provavano a fare chiarezza.
Tutto già deciso dunque? Sembrerebbe di no perché alla chiusura della fiera il presidente Donald Trump ha emanato una sospensione temporanea di novanta giorni dei dazi aggiuntivi sui prodotti italiani, vini, spiriti ed aceti inclusi, evitando che l'aliquota dei dazi passi dal 10% al 20%.
Alla vigilia del Vinitaly 2025 Coldiretti sottolineava l'importanza di un'azione unita, senza commettere l'errore di rispondere con dazi ai dazi. Occorre che l'Unione Europea metta in campo le risorse necessarie per compensare l'impatto dei dazi americani sul vino come sugli altri prodotti agroalimentari e sostenere le filiere produttive di un settore chiave dell'economia.
"Questa guerra commerciale va chiaramente fermata", affermava il presidente nazionale di Cia - Agricoltori Italiani Cristiano Fini. "La batosta trumpiana sul vino made in Italy svela le crepe di un comparto da 2 miliardi di euro di fatturato sulla piazza americana, la prima per le etichette tricolore, ma anche lungamente in balìa di una politica restrittiva e discriminatoria, a livello nazionale e Ue, che il settore non può più sostenere. Auspichiamo quindi un negoziato importante rispetto ai dazi Usa al 20% su tutti i prodotti europei, food & beverage compresi".
Come anticipato, alla chiusura del Vinitaly 2025 è arrivata la dichiarazione di Trump, accolta positivamente dalle associazioni di settore, in primis da Federvini, anche se l'incertezza rimane alta. Si tratta di un primo segnale di apertura, ma che non modifica, nella sostanza, le difficoltà strutturali che il comparto continua ad affrontare. L'aliquota del 10% resta una penalizzazione significativa per un settore che non può permettersi di affrontare il mercato con questo livello di incertezza, rendendo difficile una programmazione articolata delle esportazioni nel lungo periodo.
"Un'aliquota del 10% può essere gestita nel breve termine, ma non rappresenta una condizione sostenibile né auspicabile per il futuro. Per un settore che compete sui mercati globali, servono certezze normative e una cornice commerciale chiara e stabile. Abbiamo bisogno di stabilità per poter investire, crescere e difendere il valore del made in Italy", ha spiegato la presidente di Federvini Micaela Pallini.
"Come ha ricordato recentemente la presidente del Consiglio Giorgia Meloni - ha concluso Micaela Pallini - la vera sfida è arrivare alla formula 'zero per zero', ovvero azzerare i dazi per evitare danni tanto all'Unione Europea quanto agli Stati Uniti. Auspichiamo che il suo prossimo viaggio negli Stati Uniti possa contribuire a riaprire un negoziato equo, duraturo e vantaggioso per tutti i Paesi europei".
Vini No-Lo, dove (oggi) regna l'incertezza
Un mercato globale attuale da 2,4 miliardi di dollari che punta a raggiungere i 3,3 miliardi di dollari nel 2028. Questi i numeri dei No-Lo (no e low alcohol) secondo l'analisi dell'Osservatorio del Vino Uiv-Vinitaly su base dati Iwsr, presentata nel corso del convegno "Zero alcohol e le attese del mercato".
Nicchia di mercato nella duplice veste zero e low, con un tasso di crescita annuale composto (Cagr 2028/24) dell'8% a valore e del 7% a volume, i No-Lo rappresentano un segmento in crescita in un contesto che vede il vino in arresto o stabile sia sul fronte dei volumi (-0,9%) che dei valori (+0,3%). In questo contesto, i dealcolati potranno e dovranno trovare un loro posizionamento.
Oltre l'80% delle vendite è realizzato nei primi cinque Paesi, con gli Usa a dominare il mercato con uno share a valore del 63%, seguiti da Germania (10%), Uk e Australia (entrambe al 4%) e Francia (2%). Ancora molto marginale il consumo in Italia, dove i No-Lo valgono lo 0,1% sul totale delle vendite di vino, per un controvalore di 3,3 milioni di dollari che - secondo le stime Iwsr - dovrebbe raggiungere i 15 milioni nei prossimi quattro anni, con un Cagr atteso del 47,1%.
Stando ai dati elaborati, in un mercato relativamente maturo come quello degli Usa sette consumatori di no-alcohol wine su dieci bevono anche vino tradizionale, e il tasso di penetrazione di no-alcohol drink è attorno al 10% sia tra i bevitori di vino che tra gli astemi (12%). Un allineamento che si non è ancora registrato in Italia, dove i no-alcohol drinker sono il 13% tra gli astemi e solo il 7% tra i consumatori di vino.
Per il responsabile dell'Osservatorio Uiv-Vinitaly, Carlo Flamini, "i principali fattori di scelta abbracciano la salute o comunque uno stile di vita sano, con risposte che ottengono oltre il 30% dei consensi. La preoccupazione per la guida sale ai primi posti per il consumo di zero alcol, menzionata in Italia dal 45% dei consumatori e in America dal 36%, mentre la curiosità è più un driver per i low. Comprendere profondamente le ragioni che potrebbero muovere consumatori di queste bevande verso la scelta di un prodotto a tutti gli effetti 'nuovo' implica ragionamenti più olistici, che abbracciano anche la presentazione e il packaging".
Tra gli ostacoli, dall'indagine emerge come sia proprio la reperibilità uno dei fattori che, ad oggi, frenano il consumo di vini No-Lo tra chi già acquista altre bevande a gradazione ridotta o zero.
Il tema dei dealcolati ha incuriosito anche noi ed è nata così l'idea di chiedere ai consumatori se li assaggerebbero. Se c'è chi è aperto al nuovo per la curiosità di provare altro, o perché per motivi religiosi o per particolari situazioni di salute potrebbero essere un'alternativa ai vini tradizionali, dall'altro c'è una fetta di consumatori che non solo non li acquisterebbe, ma non ha nemmeno la voglia di assaggiarli. Stesso discorso lato produttori ed operatori del settore: da un alto c'è chi è disposto ad investire in determinate tecnologie e macchinari per la dealcolazione per iniziare a produrli, mentre dall'altro c'è chi non ci pensa minimamente.
Dunque, il mercato italiano è pronto ad accogliere i dealcolati? Domanda di non semplice risposta, complice anche l'inquadramento fiscale che ne blocca la produzione fino al 2026.
"Sui dealcolati oggi il settore è fermo con le quattro frecce: dobbiamo risolvere gli snodi fiscali e normativi e dobbiamo iniziare a produrre". Così il presidente di Unione Italiana Vini, Lamberto Frescobaldi, ha denunciato nei giorni scorsi l'ennesima impasse legislativa che impedisce alla filiera di produrre in Italia e di fatto rende inattuabile il decreto firmato lo scorso dicembre.
"La produzione di vini dealcolati in Italia continua ad accumulare ritardo" ha spiegato il segretario generale Uiv Paolo Castelletti. "Se il Ministero dell'Agricoltura non interviene sulle disposizioni fiscali previste dal Ministero dell'Economia e delle Finanze le imprese dovranno attendere fino al 2026 prima di poter partire con la produzione. Serve una norma ponte che consenta di definire il quadro fiscale per la produzione in questa fase transitoria. È impensabile che aziende che hanno investito in macchinari per la dealcolazione rimangano bloccate per un vuoto normativo in cui la mano destra della pubblica amministrazione non sa cosa fa la sinistra".
Tra le criticità da risolvere anche la norma relativa alla promiscuità degli spazi, che prevede l'obbligo di separazione degli spazi, e quella relativa alla possibilità di produrre spumanti dealcolati gassificati.
Il padiglione della Regione Emilia Romagna al Vinitaly 2025
(Fonte foto: Giulia Romualdi - AgroNotizie®)
L'innovazione targata Vinitaly 2025
Anche nei vigneti l'innovazione ormai è di casa, testimoni ne sono i tanti casi presentati nel corso della kermesse veronese.
Utilizzare le potenzialità della robotica e dell'intelligenza artificiale per mappare e monitorare la produzione agricola ora è possibile grazie a Frasky, il robot per applicazioni in vigna. Le principali caratteristiche del robot, che è stato validato attraverso test sperimentali condotti in laboratorio su un vigneto artificiale, sono la capacità di percepire l'ambiente e muoversi al suo interno, la raccolta di dati per mappare lo stato di salute e produttivo delle coltivazioni e la possibilità di effettuare specifiche operazioni sulle piante.
Il robot è dotato di un braccio robotico ed un end-effector soft capace di manipolare in maniera delicata le piante, una base mobile per la navigazione outdoor e una telecamera che fornisce al sistema la percezione necessaria per rilevare e identificare gli oggetti. Sfruttando algoritmi di visione artificiale per il rilevamento dell'uva, il modulo di percezione identifica la posizione dell'uva all'interno del vigneto, permettendo di memorizzare queste informazioni per la mappatura dell'uva e consentendo un'ispezione più approfondita e attività mirate tipiche dell'agricoltura di precisione.
Nel solco dell'impegno verso l'economia circolare e la sostenibilità, il Gruppo Caviro ha invece inaugurato da alcuni mesi il più grande impianto agrivoltaico avanzato in Italia, realizzato sul vigneto adiacente alle cantine del Gruppo, a Forlì.
Il nuovo impianto agrivoltaico è di tipo avanzato e assolve a due funzioni specifiche: la produzione di energia pulita rinnovabile e la protezione della vite. Il modello infatti è stato progettato per restituire la migliore inclinazione possibile per i pannelli fotovoltaici e calibrazioni ad hoc proteggendo così le viti dai danni di grandine e vento e dalle gelate primaverili, traendo vantaggio dal corretto soleggiamento e apporto luminoso per una sufficiente fotosintesi. Questo grazie a un software che raccoglie e analizza i dati in ingresso e permette ai pannelli di orientarsi per ottimizzare l'assorbimento di energia solare e garantire il giusto bilanciamento tra ombra e luce.
La riduzione dell'esposizione diretta dei filari alla luce solare consentirà inoltre di risparmiare sul fabbisogno di acqua delle piante in una percentuale che sarà monitorata e studiata dall'azienda nei prossimi anni.
Di innovazione, futuro e di imprese vitivinicole che guardano avanti e che riescono a coniugare tradizione, territorio e una visione dell'azienda e del comparto vitivinicolo proiettato al domani, ha parlato anche la Camera di Commercio Irpinia e Sannio.
"L'innovazione, insieme alla biodiversità e alla qualità delle produzioni certificata da tre Doc, quattro Docg e una Igp - ha affermato Girolamo Pettrone, commissario straordinario della Camera di Commercio di Irpinia e Sannio - costituisce uno strumento di promozione che l'ente camerale intende divulgare, che va ad affiancarsi alle iniziative legate alla formazione dedicata alle imprese e all'adozione di tecnologie innovative".
Partner dell'iniziativa, giunta alla seconda edizione e con un corner all'interno dell'area della Camera di Commercio Irpinia Sannio al Vinitaly 2025, è Alex Giordano, fondatore di Rural Hack e direttore scientifico di "Storie di futuro". "Il filo conduttore delle Storie di futuro 2025 riguarderà la rete, intesa sia come comunità che come canale di comunicazione e strumento tecnologico" ha dichiarato alla vigilia del Vinitaly 2025 Alex Giordano.
Spazio quindi a esperienze imprenditoriali dove l'innovazione tecnologica ha trovato una concreta realizzazione, attraverso gestioni della chioma e del suolo, utilizzo corretto delle risorse idriche, impiego di sonde e sensori biodegradabili ed ecocompatibili per rilevare l'umidità del terreno, droni per mappare la tessitura e la permeabilità del suolo, con l'obiettivo di migliorare sostenibilità ambientale e redditività delle imprese.
Tea e vitigni resistenti, a che punto siamo?
"Avanti tutta con Tea e vitigni resistenti, ma come Crea oltre a fare ricerca ne dobbiamo anche valutare la sostenibilità economica e le ricadute per assicurare all'agricoltura italiana ciò di cui ha davvero bisogno". Così il presidente del Crea Andrea Rocchi, in occasione del talk "Tea & vitigni resistenti: a che punto siamo?", che ha visto coinvolti esponenti della ricerca, delle istituzioni e del mondo produttivo.
Temi strategici per la viticoltura del futuro, i vitigni resistenti e le Tea, le Tecnologie di Evoluzione Assistita, sono due filoni di ricerca ampiamente percorsi dal Crea. Entrambi, infatti, consentono di aumentare ed arricchire la biodiversità: il primo creando nuove varietà resistenti alle principali malattie fungine, il secondo generando nuovi cloni di varietà già note ed importanti nel panorama viticolo italiano.
Novità interessante di questa edizione del Vinitaly, che noi non ci siamo fatti mancare, è stato "Tea al cubo", lo spazio immersivo per un viaggio attraverso il Dna della vite al fine di scoprire cosa sono e come funzionano le Tecnologie di Evoluzione Assistita e quale potrebbe essere il loro contributo per un vino italiano sempre più sostenibile e resiliente.
I vitigni resistenti sono varietà ottenute tramite incrocio naturale da un genitore nobile e un genitore donatore di polline resistente (detti anche Piwi), con un pedigree importante, la cui qualità è vicina a quella dei più rinomati vitigni autoctoni. Complementare ai Piwi sono le Tea, che consentono di ottenere nuovi cloni migliorati di varietà già esistenti, autoctone oltre che internazionali, meno suscettibili alle malattie e agli stress biotici e abiotici.
La gestione del rischio nella filiera del vino
Grazie all'incontro "Nuovi strumenti e prospettive per la prevenzione, difesa e gestione dei rischi nella filiera uva da vino" targato Ismea, c'è stato un momento di confronto sul ruolo delle assicurazioni agricole agevolate, sulle novità introdotte con la polizza smart e sulla crescente importanza dell'approccio multidisciplinare, alla base della prevenzione climatica.
Nel 2024 i valori assicurati delle colture vegetali hanno superato i 9,6 miliardi di euro, registrando un incremento del 5% rispetto alla media 2019-2021, antecedente allo shock inflazionistico del biennio 2022-2023, e confermando l'interesse in agricoltura verso strumenti di risk management. In parallelo, la dimensione media delle aziende assicurate è cresciuta del 19,8% rispetto all'inizio del decennio, segno di una gestione del rischio più strutturata e di una maggiore consapevolezza assicurativa da parte delle imprese.
Nel comparto vitivinicolo, che si conferma il più assicurato tra le colture, le polizze agevolate continuano a mostrare una forte concentrazione territoriale: il 77% dei valori è localizzato tuttora nel Nord Italia, con il Veneto in testa, sia per volumi sia per adesione agli strumenti assicurativi. Tra le avversità maggiormente assicurate si conferma la prevalenza di eventi atmosferici ricorrenti, tecnicamente catalogati tra quelli di frequenza, come grandine, eccesso di pioggia e vento forte.
Una delle principali novità presentate nel corso dei lavori è stata la polizza smart, introdotta nell'ambito del Piano di Gestione dei Rischi in Agricoltura (Pgra) 2025: una formula innovativa, semplificata e a basso costo, basata su valori indice in grado di remunerare il capitale di anticipazione e su perizie areali campionarie. Questa soluzione consente un abbattimento dei costi assicurativi superiore al 50% rispetto alle formule tradizionali e introduce risarcimenti fino al 90% del danno accertato per gli agricoltori del Centro Sud (80% per il Nord). È inoltre previsto un aumento del 20% del limite di indennizzo a carico del Fondo Mutualistico Nazionale AgriCat per chi sceglie di aderire alla nuova polizza.
Nel corso dell'incontro è stata ribadita la necessità di affiancare agli strumenti assicurativi interventi integrati di prevenzione attiva, come l'utilizzo di reti antigrandine, pale antibrina e soluzioni di smart agriculture, nonché strategie di adattamento tecnico agronomico, compresa l'introduzione di varietà più resistenti agli stress climatici.
Tra gli strumenti a supporto della programmazione è stato presentato in anteprima rispetto alla pubblicazione prevista entro la fine del 2025 anche il progetto Cevi, Catastrophic Events Vulnerability Index, sviluppato da Ismea per misurare a livello comunale la vulnerabilità dei territori italiani ai principali eventi climatici estremi (gelo, alluvione, siccità).
Vignaioli indipendenti: vini, storia, territorio e una ricerca da presentare
Presenti al Vinitaly 2025 anche i vignaioli indipendenti per far assaggiare i loro vini e per raccontare le loro storie. In occasione del Salone Internazionale dei Vini e Distillati la Fivi, la Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti che li rappresenta, ha presentato una ricerca sulla sostenibilità economico finanziaria delle aziende vitivinicole verticali, con una particolare attenzione ai determinanti del fatturato, ai modelli di
finanziamento dell'attività di impresa, alla transizione ecologica e ai passaggi generazionali.
La ricerca è stata realizzata dall'Invernizzi AGRI Lab di SDA Bocconi School of Management, con il sostegno della Fondazione Romeo ed Enrica Invernizzi e di Crédit Agricole Italia, in collaborazione con la Fivi, appunto.
"Questa ricerca ci conferma alcuni elementi che prima potevamo solo ipotizzare, e ci rafforza nella volontà di tutelare e promuovere un modello produttivo, quello delle aziende vitivinicole verticali, che è fondamentale non solo per il futuro del mondo del vino, ma per la tenuta socioeconomica di tantissimi territori italiani" ha affermato Rita Babini, vignaiola e presidente Fivi.
"Purtroppo è un modello resistente e fragile al contempo, quello delle nostre aziende. Ha resistito e continua a resistere grazie a fondamentali solidi di risorse e competenze, spesso trasmesse da generazioni. Ma in un contesto di grandi mutamenti a livello nazionale, europeo e globale, e di fronte a una crisi climatica che rende sempre più rischioso il lavoro agricolo - ha continuato - è importante che questo modello venga riconosciuto nella propria originalità e unicità, e messo nelle condizioni di competere alla pari con gli altri soggetti della filiera".
La ricerca ha messo in luce come le aziende con una percentuale superiore di vendita diretta, al consumatore finale e/o all'Horeca, presentano un andamento del fatturato migliore rispetto alla media generale del campione: lo stesso vale per chi offre con successo proposte per l'enoturismo e per chi ha investito in marketing e promozione.
"Questi dati rafforzano le nostre richieste a livello europeo: maggiore accessibilità ai fondi Ocm promozione per le aziende di medio piccole dimensioni, attualmente di fatto escluse, e realizzazione di misure di sostegno alle attività enoturistiche, fondamentali in questo frangente storico anche per un'educazione al consumo consapevole, oltre che per la diversificazione dei canali di vendita e per crescita delle economie territoriali delle aree interne" ha proseguito Rita Babini.
Dalla ricerca emerge che l'export ha rappresentato un driver trainante della crescita del trend di fatturato nell'ultimo triennio. Tra le aziende che hanno dichiarato una crescita sostenuta o moderata del fatturato, infatti, il 45% presenta una percentuale di fatturato da export elevata. "Più del 70% dei nostri 1.800 soci esporta e il 23% vorrebbe farlo in futuro: quasi tutti hanno negli Stati Uniti il principale mercato di riferimento, ma alle condizioni che si stanno realizzando diventerà difficilissimo e verrà a mancare uno dei determinanti positivi di fatturato per i vignaioli italiani", conclude Rita Babini. "Per questo chiediamo al Governo di continuare a mettere in campo tutti gli sforzi diplomatici possibili per porre fine alle guerre commerciali e salvaguardare un settore fondamentale come quello primario".
I vignaioli indipendenti al Vinitaly 2025
(Fonte foto: Giulia Romualdi - AgroNotizie®)
La ricerca Nomisma sulla filiera del vino
Al Vinitaly 2025 è stata presentata anche la terza edizione del "Rapporto sulla competitività delle regioni del vino", realizzato da Nomisma Wine Monitor in collaborazione con UniCredit.
"La fotografia della filiera vitivinicola italiana che emerge dalla ricerca Nomisma è, relativamente all'anno appena trascorso, quella di una realtà dinamica e competitiva. Un'immagine coerente con il supporto di UniCredit alle aziende del settore, in aumento nel 2024 dell'11%, con oltre 220 milioni di nuovi finanziamenti. Nonostante il nuovo scenario di incertezza regolamentare e di tensione commerciale a livello globale" ha spiegato Remo Taricani, deputy head of Italy di UniCredit.
Di seguito i punti principali emersi:
- Dopo un 2023 che ha visto l'import mondiale di vino contrarsi di oltre il 5% rispetto all'anno precedente, nel 2024 il tanto atteso rimbalzo non c'è stato. Considerando i primi dodici mercati di import di vino (il cui peso sugli scambi mondiali supera il 60%), solamente quattro di questi hanno registrato crescite nelle importazioni a valore (Stati Uniti, Canada, Cina e Brasile).
- Rispetto a tale scenario, l'Italia ha portato a casa un risultato positivo (+6% a valore), trainato soprattutto dagli spumanti tricolori (+9%) le cui esportazioni incidono ormai per il 30% sulle vendite frontiera complessive di vino italiano. Gran parte di questo merito è ascrivibile al Prosecco, il cui export è aumentato dell'11% nell'ultimo anno.
- Al contrario di quanto accaduto invece alla Francia, il cui 2024 si è chiuso nuovamente in calo (dopo il -3% del 2023) per un-2,4%, generato dal crollo dei propri spumanti le cui vendite all'estero sono diminuite del 6,5% (in questo caso, colpevole lo Champagne il cui export è diminuito dell'8%).
- Allargando la visuale del confronto agli ultimi dieci anni, l'Italia figura come il Paese il cui export di vino è cresciuto di più tra tutti i competitor: +60% contro il +51% della Francia e il +33 della Nuova Zelanda.
- Il nostro vino arriva oggi ai quattro angoli del pianeta, ma in alcuni di questi appare troppo concentrato. Il 60% dell'export vinicolo italiano si concentra in appena cinque Paesi, con gli Stati Uniti in testa (24%). La Francia presenta un indice di concentrazione (sempre rispetto ai primi cinque mercati di sbocco) del 51% (con un peso degli Usa del 20%), la Spagna è al 48% (incidenza Usa dell'11%).
- Restando in tema, anche le esportazioni regionali denotano alti livelli di concentrazione. Il solo Veneto pesa per il 37% sull'export di vino nazionale, seguito da Toscana e Piemonte con il 15% entrambi. Aggiungendo Trentino Alto Adige ed Emilia Romagna si arriva ad un'incidenza dell'80%.
- Lo stesso poi si desume per i vini a denominazione. Guardando al peso degli Stati Uniti sull'export dei vini Dop, si evince come i bianchi del Trentino Alto Adige e del Friuli Venezia Giulia hanno nel mercato americano il principale Paese di sbocco (48% del proprio export), così come per i rossi Dop della Toscana (40%) e a seguire i rossi del Piemonte (31%).
- Una prima ricognizione sui mercati che nell'ultimo decennio hanno maggiormente aumentato gli acquisti di vino italiano mette in evidenza Paesi situati soprattutto nell'Est Europa e in Asia. Rispetto ad un tasso medio di crescita dell'export di vino italiano del 5% (Cagr 2014/2024), i Paesi che hanno mostrato tassi almeno doppi vanno dalla Corea del Sud (+10% annuo) alla Polonia (+13%), dal Vietnam (+18%) alla Romania (+20%).
- Una consumer survey realizzata da Nomisma per il terzo rapporto Wine Monitor-Unicredit sulla competitività delle regioni del vino su quasi 2mila consumatori di vino localizzati nei tre Stati di maggior consumo (New York, California e Florida) si è soffermata sul tema dei cambiamenti nelle preferenze gustative che vede oggi il consumatore americano fare più attenzione ai vini di qualità (33% dei consumatori si è espresso in tale senso), ricercare vini di differenti regioni e territori (28%) ma prestare anche più attenzione alla salute, ad esempio acquistando vini rossi più leggeri e a minor contenuto alcolico. Senza tralasciare gli aspetti "green" particolarmente attenzionati dai consumatori più giovani.
- In questo contesto, dove il 65% della popolazione dei tre Stati analizzati ha dichiarato di aver consumato vino nell'ultimo anno, sette su dieci hanno orientato la propria preferenza di consumo verso un vino italiano.
- Le ragioni che hanno spinto questi consumatori a bere un vino italiano discendono dai valori espressi, principalmente riconducibili alla tradizione, alla varietà dei vitigni autoctoni e alla qualità riconosciuta, sia a livello internazionale che rispetto al connubio con un "giusto" prezzo.
I numeri del settore vitivinicolo
Il settore vitivinicolo conferma la sua centralità nell'agroalimentare nazionale e rafforza il suo ruolo di punta sui mercati internazionali. Con 14 miliardi di euro di fatturato nel 2024, la filiera vitivinicola rappresenta il 10% dell'agroalimentare nazionale, grazie a 241mila aziende agricole e agli oltre 680mila ettari di superficie viticola investita nel 2024 e alle circa 30mila imprese vinificatrici.
I 44 milioni di ettolitri prodotti nel 2024 pongono l'Italia al vertice della classifica dei produttori mondiali, mentre l'export pari a quasi 22 milioni di ettolitri per oltre 8 miliardi di fatturato, confermano la nostra leadership tra i fornitori mondiali in volume e la seconda posizione in valore.
Questo il tema della discussione durante la tavola rotonda tra Ministero dell'Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste, Ismea e il Comitato Nazionale Vini.
Dalla relazione di Sergio Marchi, direttore generale di Ismea, è emerso come negli ultimi dieci anni l'Italia sia stato il Paese che ha incrementato maggiormente il valore delle esportazioni, con una crescita di oltre il 50%, molto più intensa di quanto avvenuto in Francia e in Spagna, i due principali competitor. Anche la positiva performance italiana del 2024 (+3,2% i volumi e +5,5% il valore) assume una rilevanza ancora maggiore alla luce della stabilità degli scambi globali, come si evince dai dati provvisori dell'Oiv.
L'analisi dell'export per segmento qualitativo restituisce un ottimo risultato delle Dop, superiore rispetto alla media, con una crescita del 7,6% dei volumi spediti e del 6,5% degli introiti; anche le esportazioni delle Igp sono aumentate ma in maniera meno intensa rispetto alla media (+2,8% in volume e +1,3% in valore); rispetto al 2023, si sono ridotti i volumi di comuni (-6,6%) e varietali (-1,5%), a fronte di un recupero del valore (rispettivamente +6,7% e +22,4%).
I risultati eccezionali dell'Italia sul mercato, ha sottolineato Michele Zanardo, presidente del Comitato Nazionale Vini, si devono anche agli oltre cinquecento vitigni, considerabili come autoctoni e iscritti al catalogo nazionale, che esprimono al meglio il legame con il territorio, ma anche a quelli internazionali, che grazie al clima e al suolo hanno trovato in Italia un ambiente adatto al loro sviluppo.
Espressione di ciò è l'elevato numero di certificazioni Ig: ben cinquecentoventinove riconoscimenti, che conferiscono all'Italia il primato mondiale. Si tratta di settantasette Docg, trecentotrentatré Doc e centodiciannove Igt, con un valore della produzione imbottigliata che nel 2023 ha superato gli 11 miliardi di euro, il 55% del valore della produzione delle Ig food&wine. In questo ambito una decina di denominazioni producono più del 50% di tutti i prodotti certificati e sono le grandi denominazioni che hanno permesso di far conoscere "l'Italia del vino" nel mondo.
Non solo vino
Anche la birra è stata protagonista di questa edizione del Vinitaly. Tanti infatti i birrifici artigianali presenti, ognuno in prima fila per presentare le proprie produzioni. Ne abbiamo incontrati alcuni per farci dare qualche consiglio per avviare il proprio birrificio. Stay tuned!
Vinitaly, arrivederci al 2026
Bilancio positivo dunque per la 57esima edizione della manifestazione di Veronafiere: tanti i brindisi fatti e tanti i temi affrontati tra incertezze geopolitiche, dazi e normative da aggiustare per i No-Lo. Ora non resta che aspettare la prossima edizione, in programma dal 12 al 15 aprile 2026.