Il 27 agosto 2024 è stato ufficialmente inaugurato a Ramme (Danimarca) il primo impianto di produzione di ammoniaca verde al mondo. Il progetto è frutto della collaborazione di tre multinazionali danesi: Skovgaard Energy, azienda specializzata nell'integrazione e nello sviluppo di progetti di energia rinnovabile e stoccaggio di energia, Topsoe, tra le principali aziende nella produzione di catalizzatori, e Vestas, tra le principali aziende mondiali nella produzione di turbine eoliche. Il nuovo concetto produttivo si chiama REDDAP, Renewable Dynamic Distributed Ammonia Plant.

 

L'impianto è congegnato in modo tale che la produzione di ammoniaca sia proporzionale alla potenza combinata eolica-solare disponibile in ogni momento, da qui la tecnologia è chiamata "rinnovabile dinamica". L'idea è quella di costruire piccoli impianti distribuiti in tutto il mondo per evitare il trasporto di ammoniaca dai (pochi e grossi) impianti centralizzati, questo spiega il resto dell'acronimo (impianti di ammoniaca distribuiti). L'impianto di Ramme è dimostrativo, la sua capacità nominale è di 5mila tonnellate/anno di ammoniaca verde, cioè ammoniaca in cui l'idrogeno non deriva dal gas naturale - prassi consolidata ormai da un secolo - bensì da acqua idrolizzata mediante elettricità prodotta con turbine eoliche e pannelli fotovoltaici. Con questa tecnologia, i promotori sostengono che l'impianto di Ramme sia in grado di poter risparmiare 8mila tonnellate/anno di emissioni di CO2. L'idea di utilizzare energia elettrica proveniente da fonti rinnovabili per produrre sostanze di interesse industriale è nota nel gergo come Power to X (abbreviato P2X).

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In altre parole, il sistema immagazzina l'energia da fonti intermittenti sotto forma di prodotti di sintesi utili all'industria oppure come vettori energetici (metano, nel cui caso il processo si chiama P2G, oppure ammoniaca verde, idrogeno o i cosiddetti e-fuel).

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L'ammoniaca è stata giudicata interessante dagli investitori perché è allo stesso tempo un vettore energetico e un prodotto di base per le industrie dei fertilizzanti, refrigeranti e chimica di sintesi.

 

Il progetto è costato 199 milioni di corone danesi (circa 26,7 milioni di euro), di cui il 57,6% finanziato dal consorzio industriale ed il resto dall'Agenzia Danese per l'Energia (EUDP).

 

Dalla sua inaugurazione ad agosto 2024 non si hanno notizie ufficiali sull'effettiva produzione. Secondo un comunicato stampa nel minisito dedicato al progetto, l'impianto avrebbe dovuto entrare in produzione a fine 2024. Non è specificato se sia davvero entrato in servizio né chi sia l'acquirente della produzione. Di certo non produce ammoniaca da utilizzare come carburante perché, alla data odierna, i motori adatti a tale scopo si trovano ancora allo stadio sperimentale. Il primo motore marino ad ammoniaca, sviluppato da MAN e Mitsui, verrà omologato verso la fine del 2025 e le prime sei navi alimentate ad ammonica saranno varate in Cina nel 2026-2027. Fino ad allora, la produzione di ammoniaca verde dell'impianto dimostrativo di Ramme verrà presumibilmente impiegata nella produzione di fertilizzanti.

 

Le limitazioni dell'ammoniaca come vettore energetico

Ci eravamo occupati di ammonica verde ormai quattro anni fa, ma la situazione è cambiata di poco.

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Il fatto è che le caratteristiche fisico-chimiche dell'ammoniaca la rendono un vettore energetico dalle prestazioni piuttosto mediocri. La Tabella 1 mostra tali caratteristiche, comparate con quelle di altri combustibili, fossili e non.

 

Tabella 1: Caratteristiche fisico-chimiche di alcuni combustibili

Tabella 1: Caratteristiche fisico-chimiche di alcuni combustibili

(Fonte foto: dati 1 e 2, manuali tecnici; elaborazioni Mario A. Rosato - AgroNotizie®)

 

L'ammoniaca ha una semplicità di stoccaggio comparabile a quella del Gpl: si mantiene liquida a una pressione non troppo elevata e bastano semplici cilindri di acciaio per contenerla per tempi indefiniti. Per contro, la sua densità energetica è poco più di un terzo di quelle di benzina e gasolio, e circa metà del Gpl. Ciò vuol dire che, per garantire una data autonomia di un veicolo, il serbatoio di ammoniaca dovrebbe essere il triplo rispetto ad un serbatoio di gasolio o benzina. Inoltre, l'ammoniaca è estremamente tossica: concentrazioni in aria di solo 2.400 ppm (0,24%) sono letali nel giro di 30 minuti di esposizione (3). Inoltre, l'ammoniaca è chimicamente reattiva e produrrebbe acidi nitrico e nitroso nell'atmosfera, che precipiterebbero come piogge acide. Infine, l'ammoniaca è anche molto solubile in acqua, per cui può facilmente causare eutrofizzazione dei corpi idrici. I requisiti di sicurezza per il trasporto dell'ammoniaca sono dunque più stringenti rispetto al Gpl o agli idrocarburi liquidi.

 

La produzione sostenibile di ammoniaca è annoverata fra le attività soggette alla Tassonomia EU, la quale di fatto ne riconosce due tipi: ammoniaca recuperata de acque reflue e ammoniaca sintetizzata a partire da idrogeno verde. Nel primo caso, non è chiaro se sia inclusa anche l'ammoniaca recuperata dai liquami agricoli, perché nel gergo euroburocratese "waste water" significa reflui civili ed industriali, quelli agricoli vengono chiamati "agricultural slurry". Se così fosse - tutto da verificare, vista la complessità delle normative europee - rappresenterebbe l'ennesimo sbaglio ideologico del Green Deal e la Tassonomia da esso derivata: la concentrazione di ammoniaca nei reflui agricoli, e ancora di più nel digestato di questi, è diversi ordini di grandezza maggiore rispetto a quella delle acque fognarie. Quindi sarebbe più logico incentivare il recupero di ammoniaca da reflui agricoli che da altre fonti.

 

I benefici ambientali derivanti dalla produzione di ammoniaca con "idrogeno verde" sono probabilmente vanificati da una serie di rischi, identificati in un articolo del Politecnico di Parigi (4). Secondo i ricercatori francesi, che hanno a loro volta condotto una indagine bibliografica su studi fatti da altri, la semplicistica politica del Green Deal a favore dell'idrogeno rischia di fare più male che bene. Qualora prodotto nelle larghissime scale auspicate dal Governo von der Leyen, saranno inevitabili le perdite accidentali, che si stimano in 4% per il trasporto dell'idrogeno gassoso e fino al 20% per l'idrogeno liquido. L'idrogeno di per sé non è un gas climalterante, ma un aumento della sua concentrazione nell'atmosfera può innescare una serie di reazioni chimiche che aumenteranno i tenori di metano, ozono troposferico e vapore acqueo stratosferico, tre potenti gas a effetto serra. Il risparmio di emissioni conseguito mediante la (ipotetica e piuttosto improbabile) sostituzione di gas naturale e petrolio con idrogeno verde sembra comunque maggiore dell'effetto serra eventualmente prodotto dalle fughe di idrogeno. La produzione di ammoniaca è fondamentale per l'economia dell'idrogeno.

 

Purtroppo, l'utilizzo dell'ammoniaca come vettore energetico presenta due problemi:

  • La sua combustione produce grandi quantità di ossido nitroso (N2O), gas con un potenziale di effetto serra duecentosessantacinque volte maggiore di quello della CO2.
  • Si stima che fra lo 0,2% e il 5% dell'ammoniaca prodotta potrebbe andare disperso in atmosfera a causa delle piccole fughe, che per reazioni chimiche andrebbe a produrre ancora più N2O. Nel caso peggiore, l'effetto serra sarebbe ancora più intenso di quanto attualmente causato dall'uso di combustibili fossili.

Il concetto di produzione di ammoniaca distribuita, sviluppato dal consorzio danese e dimostrato nell'impianto di Remme, in parte risolve il problema delle perdite legate al trasporto. Potrebbe però causare un altro problema: se nel futuro ci saranno molti piccoli impianti distribuiti, ciascuno con le sue piccole perdite, il totale di ammoniaca emessa in atmosfera rimarrebbe invariato o addirittura crescerebbe se non verranno dismessi gli impianti di "ammoniaca grigia" attualmente in uso.

 

Bibliografia

(1) Li J, Lai S, Chen D, Wu R, Kobayashi N, Deng L and Huang H (2021) A Review on Combustion Characteristics of Ammonia as a Carbon-Free Fuel. Front. Energy Res. 9:760356. doi: 10.3389/fenrg.2021.760356.

(2) Hideaki  Kobayashi, Akihiro Hayakawa, K.D. Kunkuma A. Somarathne, Ekenechukwu C. Okafor; Science and technology of ammonia combustion; Proceedings of The Combustion Institute Volume 37, Issue 1, 2019, Pages 109-133.

(3) Padappayil RP, Borger J. Ammonia Toxicity. [Updated 2023 Mar 11]. In: StatPearls [Internet]. Treasure Island (FL): StatPearls Publishing; 2025 Jan-.

(4) Didier Hauglustaine, Fabien Paulot. Hydrogen and ammonia: the risk of climate-damaging leaks, maggio 2024.