Le sfide che riguardano l'agricoltura toccano tutto il Paese, sono "decisive per il nostro vivere" e per la sostenibilità economica, sociale, ambientale. È il ragionamento contenuto nel messaggio che il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha inviato all'Assemblea della Cia - Agricoltori italiani.
Agricoltura e società, un futuro indivisibile
Il capo dello Stato non ha tralasciato di ricordare quanto sia necessario fermare l'abbandono delle aree interne e di quelle montane puntando sulla rigenerazione delle terre, facendo presente che per esempio "produzioni innovative" possono essere occasione di impiego per i giovani.
"La società intera - dice Mattarella - deve essere consapevole e accompagnare l'impegno dei produttori agricoli".
Sembra quindi provvidenziale l'annuncio del viceministro dell'Economia Maurizio Leo: ovvero l'arrivo al Cdm della prossima settimana, per l'approvazione definitiva, di un decreto legislativo "per l'innovazione in agricoltura in modo da allineare la disciplina civilistica a quella fiscale".
Un momento dell'Assemblea
(Fonte: Tommaso Tetro - AgroNotizie®)
La proposta delle zone franche
Rilanciare le aree interne e svantaggiate d'Italia è uno dei punti principali su cui si concentra il presidente della Cia Cristiano Fini facendo presente che presto sarà formulata una proposta al Governo affinché si possano far diventare "zone franche" con una fiscalità agevolata per le attività economiche e produttive. "Basta chiacchiere, servono interventi di carattere tecnico e non politico - afferma Fini - le aree rurali e marginali del Paese non possono più aspettare; nessuno lo sa meglio dell'agricoltura che in questi territori, tra produzione e attività connesse, rappresenta fino all'80% dell'economia locale e spesso sopperisce anche ai servizi per la comunità".
Alle difficoltà "ormai croniche" bisogna poi aggiungere la crisi climatica e gli eventi meteo estremi (siccità al Sud e alluvioni al Nord) che hanno funzionato da amplificatore, soprattutto nelle aree interne e di montagna.
Nelle misure pensate per la proposta potrebbero rientrare "l'acquisto e la ristrutturazione di case a tassi agevolati, trattenute minime su pensioni e buste paga, tariffe agevolate sui servizi tipo la luce e il gas ma anche mense scolastiche e alcune visite specialistiche a carico dello Stato". Ma su tutto "bisognerebbe creare le condizioni per aprire aziende a costo zero".
L'auspicio della Cia - rileva Fini - è "un impegno di misure e risorse già a partire dall'anno prossimo, che taglino drasticamente il carico fiscale sulle aree interne, agevolando imprese e famiglie agricole. Questo resta un pilastro cardine su cui rimettere in piedi il Paese, insieme a una più equa redistribuzione del reddito agricolo lungo la filiera e una gestione nuova e più efficiente delle risorse idriche rispetto ai cambiamenti climatici", oltre a "una legge nazionale sul consumo del suolo, alla necessità di sostenere la ricerca, e una semplificazione burocratica".
Il tavolo dei relatori
(Fonte: Tommaso Tetro - AgroNotizie®)
Le aziende agricole chiuse dal 2000 al 2020
La crisi delle imprese agricole, soprattutto di quelle nelle aree interne, si ritrova nello studio di Nomisma intitolato "Le competitività dell'agricoltura di fronte alle complessità di contesto: scenari evolutivi e prospettive future" realizzato per l'occasione. Negli ultimi vent'anni, metà delle aziende agricole sono uscite dal settore (-53%) quelle rimaste si sono rafforzate. Il settore ha tenuto sul lato della superficie coltivata (-5%), portando così le dimensioni medie delle aziende agricole italiane un po' più vicine a quelle europee (11 ettari contro 17 ettari di media Ue). Tra il 2000 e il 2020, delle 1,3 milioni di aziende che hanno chiuso i battenti, 3 su 4 erano situate in aree collinari e montane (circa 936mila).
In base all'analisi, la chiusura ha comportato la riduzione di 850mila ettari di superficie agricola coltivata. Considerando il problema dello spopolamento delle aree interne e il contestuale dissesto idrogeologico viene meno in quei territori più difficili la funzione di prevenzione e di salvaguardia dell'agricoltore.
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Segno meno per il valore aggiunto
L'Italia è la seconda potenza agricola dell'Unione Europea per valore aggiunto generato, eppure negli ultimi cinque anni la crescita di tale valore (a prezzi correnti, comprensivi dell'inflazione) è stata al di sotto della media: +24% contro una media Ue del 41% e di altri competitor come Spagna e Germania al di sopra del +45%. Anche in confronto agli altri settori dell'economia italiana l'agricoltura è rimasta indietro: tra il 2015 e il 2023, al netto dell'inflazione, il valore aggiunto nel settore primario è diminuito di quasi 9 punti percentuali, mentre nell'industria alimentare - dopo il calo legato alla pandemia - è arrivato a +12%, nel commercio a +19%, contro una media dell'intera economia italiana che ha registrato una variazione del +11%.
Secondo l'analisi, la riduzione del valore aggiunto e della produzione agricola (a valori costanti, depurati dall'inflazione) ha riguardato principalmente le regioni del Centro (-10% il valore della produzione rispetto al 2015) e del Sud (-7%). Quasi tutte le principali produzioni agricole hanno subìto importanti riduzioni. Considerando le medie biennali 2022-2023 rispetto a quelle 2015-2016, la produzione di grano duro è scesa del 30% nel Sud del Paese, lo stesso è accaduto per l'uva da vino.
Al Nord la stessa diminuzione è toccata al mais, mentre per pesche e pere si è andati oltre il -50%.
Solamente il latte sembra aver tenuto, registrando una crescita nel valore della produzione.
Infrastrutture e politiche europee
Sulle infrastrutture si concentra la riflessione del ministro dell'Agricoltura e della Sovranità Alimentare e Forestale Francesco Lollobrigida, che chiede un fondo dedicato in Unione Europea, un obiettivo da perseguire con determinazione con la nuova Commissione Europea: "Ci batteremo chiedendo una cosa specifica. Esiste la Pac, e a nostro avviso non si tocca. C'è stata una crisi. Poi però, a nostro avviso va inserito un altro fondo che affronti grandi temi di carattere infrastrutturale, quelli della logistica europea, quelli dell'acqua, dell'energia, con un Piano di sviluppo a livello europeo".
Poi un passaggio internazionale, rispetto ai temi che toccano ora più da vicino l'agroalimentare. "Considero le politiche protezioniste dei dazi un rischio - conclude Lollobrigida - sono forme di protezione che garantiscono il sistema produttivo primario di un Paese. C'è molto allarmismo su questo e verificheremo cosa accade".