"Il vino è lo specchio dell'uomo", Alceo da Mitilene (VII-VI secolo a.C.).

 

"Com'è vero che nel vino c'è la verità / ti dirò tutto, senza segreti", William Shakespeare.

 

"Grande è la fortuna di colui che possiede una buona bottiglia / un buon libro, un buon amico", Molière.

 

"Per annegare il rancore e cullare l'indolenza, Dio aveva creato il sonno; l'uomo vi aggiunse il vino, sacro figlio del Sole", Charles Baudelaire.

 

"Mescete, o amici, il vino. Il vin fremente / scuota da i molli nervi ogni torpor, / purghi le nubi de l'afflitta mente, / affoghi il tedio accidioso in cor", Giosuè Carducci.

 

"Il vino non si beve soltanto, si annusa, si osserva / si gusta, si sorseggia e …. se ne parla", Edoardo VII.

 

"Il vino è uno dei maggiori segni di civiltà del mondo", Ernest Hemingway.

 

La poesia, innanzitutto, ma non solo. Partiamo con l'inebriarci dalle parole, grazie a chi nei secoli ha lodato il vino. O lo ha celebrato nella pittura. Pensiamo al celebre Bacco dipinto da Caravaggio, oggi alla Galleria degli Uffizi di Firenze ed esibito intelligentemente all'ultimo Vinitaly di Verona insieme al Bacco di Guido Reni. O alle Nozze di Cana di Paolo Caliari detto il Veronese (al Louvre di Parigi), o ancora, per citare un'altra tela nota ai più, dipinta da Édouard Manet, Il bar delle Folies-Bergère, custodito alla Courtauld Gallery di Londra. Uno dei primi quadri in cui è raffigurata una bottiglia di Champagne, "gloria nazionale e bevanda d’élite per eccellenza", per citare Girolamo Mainardi.

 

Abbiamo tirato in ballo se non i migliori, perché le classifiche sono arbitrarie e del tutto personali, alcuni grandi per ribadire un concetto che è noto a molti, ma evidentemente non a tutti: il vino è cultura.

 

Lo abbiamo scritto e ripetuto più volte e non siamo gli unici a sostenerlo. Basti digitare vino e cultura, vino e poesia, vino e arte su Google, per dirne una.
Peccato che non la pensi così la Commissione Europea, che ha autorizzato nei mesi scorsi l'Irlanda a scrivere in etichetta che il vino "nuoce gravemente alla salute".

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Per quale motivo uno Stato membro può scrivere una falsità di tale portata per disinformare i cittadini e i consumatori? Può essere sufficiente il fatto che in alcuni Paesi del Nord i consumi di alcol si verifichino talvolta lontano dai pasti e talvolta in quantità non del tutto consone a uno stile di vita sano?

 

Del tema si sono occupati tutti o quasi e, capirete, che un alert di questa portata per un Paese come l'Italia, che è fra i principali produttori ed esportatori a livello mondiale, rischia di essere un suicidio economico, con una filiera che vale 14 miliardi di euro e occupa 1,3 milioni di addetti.

 

L'auspicio è, come sempre, di arrivare ad un approccio costruttivo e di buon senso. Il vino va bevuto con moderazione, possibilmente a pasto e, ancora meglio, cercando di studiare gli abbinamenti più adatti con il cibo e studiandone la biodiversità, i sentori, gli aromi, la provenienza, l'appartenenza a una Denominazione di Origine Protetta (Dop) o Indicazione Geografica Protetta (Igp).

 

Perché l'obiettivo è quello di fare cultura, anche col bicchiere in mano. E lo dimostrano le centinaia di sommelier che ogni anno in Italia si diplomano e trasformano un interesse e una passione in conoscenza (e talvolta anche in un lavoro).

 

In attesa che l'Unione Europea definisca regole di buon senso per non affossare la cultura di un prodotto che ha tradizioni millenarie e che in campo si sta spostando sempre più a Nord per effetto dei cambiamenti climatici (ora si producono vini frizzanti anche in Inghilterra e, parallelamente, gli sforzi della ricerca si stanno concentrando per limitare gli effetti della siccità e del caldo nell'area mediterranea, la resistenza a determinate malattie e per evitare una perdita di biodiversità).

 

L'Europarlamento ha per ora fermato l'obbligo di apporre indicazioni di tipo sanitario sulle etichette. L'attenzione resta comunque ancora elevata, visto che lo stesso ministro dell'Agricoltura Francesco Lollobrigida, intervenendo in video collegamento con il Festival del Trentodoc, ammoniva contro gli attacchi in etichetta che altro non sono che tentativi non di educare, ma di chiudere l'accesso a determinati mercati. Da qui la spinta del Ministero dell'Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste (Masaf) a sostenere la candidatura della cucina italiana a patrimonio immateriale dell'Unesco, già accordata alle cucine tradizionali di Francia, Giappone e Corea del Sud.

 

Ricordarsi, quando si parla di vino, che cultura e conoscenza vanno a braccetto. E se anche in Europa si abusasse di cultura, forse certe distorsioni legislative non sarebbero nemmeno immaginate.