I prezzi delle principali derrate agricole quotate sui mercati delle borse merci italiane segnano una battuta d'arresto: a Milano il grano tenero e il mais fermano la corsa al rialzo e in qualche caso fanno capolino i primi ribassi. A Bari i prezzi crescono ancora, trascinati dai valori più elevati di altre piazze, ma meno delle settimane precedenti e con l'eccezione di orzo e favino, ancora in decisa crescita. Mercati comunque più calmi: per via dell'effetto annuncio derivante dall'approvazione del Decreto Energia - subito ribattezzato Decreto Ucraina - che si salda con quello di più ampia scala continentale, dato dal consolidandosi della scelta della Ue di aumentare la produzione di cereali e in particolare di proteine.

 

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Posto che è possibile che abbiano avuto un ruolo queste informazioni, basta guardare oltre Oceano per avere subito un'altra visione: sui mercati americani, soprattutto negli Stati Uniti, dopo una prima ondata di realizzi che aveva fatto scendere i prezzi delle principali commodity agricole, da una settimana in qua, al netto delle variazioni quotidiane, i valori sono tornati in crescita. Superato lo shock della guerra - ma solo momentaneamente - un nuovo spettro si aggira silenziosamente tra gli operatori negli Usa: quello della seconda siccità consecutiva nel giro di due annate agrarie.


Siccità, un problema europeo

La siccità per altro è anche un problema europeo, atteso che secondo le stime del Coceral anche per questo motivo la produzione cerealicola nel 2022 nella Ue e nel Regno unito è destinata complessivamente a calare dello 0,6% a 305,6 milioni di tonnellate, nonostante gli aumenti delle semine, con un picco per il grano tenero del -1,2% ed una manifestazione del fenomeno in Italia localizzata, per via dei problemi attesi in Emilia Romagna. Ma potrebbe andare ancora peggio negli Usa.

 

Icg, l'aumento della produzione in forse

Tuttavia la produzione mondiale di cereali nel 2021-2022, secondo un rapporto dell'International Grains Council, sarebbe dovuta aumentare complessivamente del 3% e raggiungere il livello record di 2.284 milioni di tonnellate e con consumi mondiali nel periodo da 2.278 milioni di tonnellate. Abbastanza da far crescere se pur di poco le scorte. Ma tale iniziale previsione poggiava su un assunto: "gran parte della ripresa è legata a un presunto accumulo in Ucraina". Tra guerra in corso in quel paese e chiusura dei porti sul Mar Nero - fino ad oggi ci sono 300 navi mercantili bloccate dalle manovre navali russe -  al momento, secondo il Rapporto della Commissione per lo Sviluppo del Grano di in  Saskatchewan si va verso una riduzione del commercio mondiale di cereali pari al 3%. Questo anche in considerazione del rischio siccità in Usa, Europa e Africa del Nord. Cosa che non mancherà di impattare negativamente sui prezzi anche in futuro.


Usa, siccità in agguato negli Stati dell'Ovest

Oltre Oceano a mettere tutti sull'avviso è una previsione a medio termine dell'Amministrazione degli Stati Uniti per l'Oceanografia e la Climatologia, il Noaa, che nel Rapporto del 15 marzo scorso - rilasciato il 17 marzo 2022 - "Previsione della siccità stagionale negli Stati Uniti", tendenza valida fino al 30 giugno 2022 - mette tutti in guardia e conferma quanto già era nell'aria sin da febbraio: metà del Grande Paese, tutta la zona ad Ovest degli Stati Uniti, già oggi colpita "a macchia di leopardo" da un siccità persistente, è attesa non andare incontro a piogge significative fin sotto al periodo dei raccolti del grano e durante la fase del primo sviluppo di mais e soia.

 

Non a caso la Commissione per lo Sviluppo del Grano in Saskatchewan - già prima di prendere visione della previsione aggiornata a giugno 2022 del Noaa, pubblicata il 17 marzo, scrive il 21 marzo "Il 73% del raccolto di grano invernale degli Stati Uniti è in condizioni di siccità. Oltre la metà del raccolto di grano in Kansas è in condizioni di siccità estrema che ha fatto scendere la valutazione del raccolto al 23%. Anche la situazione non sembra destinata a migliorare molto. Al contrario, le mappe delle precipitazioni e del calore mostrano che il clima caldo e secco dovrebbe continuare nelle pianure statunitensi per il resto della stagione".


Secondo le previsioni Noaa, National Oceanic and Atmospheric Administration, aggiornate il 17 marzo e valide fino a tutto giugno 2022, il fenomeno è atteso consolidarsi e concretizzarsi a partire da una linea ideale che taglia da Nord a Sud la regione del Midwest, spezzando in due gli stati del Nord Dakota (principale Stato Usa produttore di grano) e del Sud Dakota. La linea calando più a Sud si allarga leggermente verso Est fino a comprendere tutto il Nebraska (importante per la soia) e poi via via sottende anche in buona parte Kansas (grano duro rosso invernale e mais), Oklahoma e giù fino a tutto il Texas. Da questa linea così disegnata sulla carta e andando verso Ovest - e fino all'Oceano Pacifico c'è una sola macchia marrone, che prevede "siccità persistente" e dentro ci sono altri stati importanti per la produzione di cereali quali Montana ed Arizona, questi ultimi due particolarmente vocati per il grano duro. Quanto questa previsione potrà inverarsi e quali effettivi danni potrà provocare non è dato sapere, anche se alcuni primi indizi ci sono.

 

 

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(Fonte foto: Brad Pugh - Noaa/Nws/Ncep/Climate Prediction Center)

 

Il movimento dei prezzi in Usa

I prezzi medi settimanali dei cereali negli Stati Uniti - sotto la spinta della guerra - erano saliti nella settimana precedente all'8 marzo: e fino al 31,24% sui 5 giorni precedenti per il grano tenero primaverile, che aveva raggiunto un valore vicino ai 12 dollari Usa per bushel, mentre ad essere meno reattivi erano stati i prezzi di soia e mais attestati rispettivamente a 16 e 7,17 dollari per bushel. Nella settimana successiva le medie dei prezzi Usa del 15 marzo raccontano di un calo repentino, con il grano tornato sotto i 10 dollari. Ora il rally riprende: ieri - 22 marzo 2022 - prezzo medio per il grano tenero primaverile Usa è già tornato a 10,21 euro per bushel ed in crescita del 3,27% sui cinque giorni precedenti, mentre mais e soia si tengono rispettivamente su 7,23 (+1,33%) e 16,33 (+1,34%) dollari per bushel. Una volatilità nell'arco di tre settimane che sicuramente nasconde atteggiamenti speculativi, ma che non smonta un elevato livello dei prezzi, ormai non più legato alla guerra in Ucraina, ma molto probabilmente al rilascio delle previsioni a medio termine sulla siccità avvenute proprio tra il 15 ed il 22 marzo. 


Prezzi in Italia

In Italia i prezzi delle principali commodity risentono ancora forse dell'effetto frenata della settimana ancor precedente negli Usa, corroborata dagli annunci del Governo italiano, che ha emanato un Decreto che tende a tagliare i costi energetici delle imprese agricole e ad agevolare maggiormente gli agricoltori, e dell'Ue, che consolida l'aspettativa di un incremento della produzione a medio termine soprattutto cereali a base proteica.


In Borsa Merci a Milano ieri secondo il listino stilato dall'Associazione Granaria di Milano stabili tutti i grani teneri di produzione nazionale, con il frumento di forza che conferma i 420 euro alla tonnellata sui minimi e i 440 sui massimi, mentre tutti gli altri frumenti restano attestati lungo la stessa forchetta: 405-415 euro alla tonnellata.

 

I grani teneri americani, invece sono in ribasso tutti di 5 euro, con il Canadian Western Red Spring n. 2 calato a 510-512 e l'Usa - Northern Spring n. 2 finito a 515-517 euro alla tonnellata. Cambia la musica invece per il mais, che solo nella qualità alimentare resiste sui 408-410 euro alla tonnellata, mentre vede cali per il nazionale zootecnico tra gli 8 e i 10 euro e un prezzo medio attestato intorno ai 400 euro alla tonnellata. Scende di 10 euro il mais di importazione da Paesi Ue a 398-408 euro alla tonnellata, flette invece di 15 euro alla tonnellata il mais extra Ue che finisce quotato a 430,0 euro solo sui massimi. In ribasso anche l'orzo comunitario. In marginale rialzo l'olio vergine di oliva, mentre resta non quotato quello di girasole.

 

A Bari ieri in Camera di Commercio parti invertite sul grano tenero: quello nazionale cresce ancora, con lo speciale che arriva a toccare i 457-462 euro alla tonnellata (+5 euro sulla settimana precedente) e il fino che si attesta a 430-433 spinto da un aumento di 6 euro alla tonnellata. Qui invece il grano tenero d'importazione Francese perde 8 euro e plana a 444-451 euro alla tonnellata. In rialzo l'orzo nazionale che agguanta i 385-390 con un +20 euro alla tonnellata. Tra i mangimi quotati il favino zootecnico fa scintille: guadagna 30 euro alla tonnellata per sfondare quota 400 e attestarsi in una forchetta di 410-415 euro alla tonnellata: sopra le quotazioni del mais nazionale a Milano.
Nel capoluogo pugliese invece restano stabili i prezzi degli oli di oliva, al netto di un lieve rincaro per i raffinati, mentre restano tra i non quotati tutti gli oli di semi.


La siccità colpisce la Sardegna e Ismea registra un rincaro importante per il latte ovino sardo dell'8,7%, rilevato il 18 marzo, in coincidenza con lo sciopero degli autotrasportatori, che ha aggravato la situazione degli allevatori sul fronte dei mangimi e degli insilati. E sulla spinta della domanda internazionale, segnalata da Ismea, il Pecorino Romano Dop guadagna ancora un 1% lunedì 21 marzo in Borsa Merci, attestandosi a 10,25 euro al chilogrammo sui minimi e 10,55 sui massimi.