Un assessorato con delega alla filiera agroalimentare, per coordinare agricoltura, industria e trasformazione e riequilibrare il “peso” della Grande distribuzione; una macroregione agricola del Nord per discutere la Pac direttamente a Bruxelles con l’ampio fronte leghista dal Piemonte al Friuli Venezia Giulia; l’emergenza nitrati da risolvere in tempi rapidi; un nuovo direttore generale (Franco Picco, ex dg dell’assessorato lombardo all’Ambiente, energia e Reti, nda) che subentra a Paolo Baccolo.
Sono queste alcune delle linee di azione del neo assessore all’Agricoltura della Regione Lombardia, Giovanni Fava, 45 anni il prossimo 8 maggio.
Mantovano, una lunga esperienza anche in Parlamento, dove ha presieduto la Commissione d’inchiesta sulla contraffazione e la pirateria commerciale. Chiamato dal governatore Roberto Maroni, si è dichiarato disponibile ad entrare in giunta, solo se gli fosse stata affidata la delega all’agricoltura, che ritorna ampia e comprende le foreste (nuovamente), caccia e pesca, la filiera agroalimentare e la montagna. “Un super-assessorato”, dice.

Assessore Fava, da dove partiamo?
“Da una premessa doverosa: che mi sto tuffando a capofitto per imparare un settore che conosco, ma non approfonditamente. Sono ferrato nell’agroalimentare, meno nell’agricoltura. Avrò bisogno di un mese, per stabilire le questioni aperte e le priorità,  anche se ho iniziato da subito a lavorare a tappe forzate. La Regione Lombardia deve già indicare un proprio delegato in vista del rinnovo delle cariche al consorzio del Parmigiano-Reggiano. E una delle mie prime uscite ufficiali sarà per la partecipazione di 200 aziende vitivinicole lombarde al Vinitaly, con una conferenza stampa prevista per giovedì prossimo al Pirellone”.

Fra le priorità ha indicato la questione nitrati. Qual è la situazione?
“Proprio ieri ho avuto un incontro con Baccolo, che ho rimosso, e che mi ha illustrato la situazione. I problemi più gravi sono sul Bresciano e un po’ in provincia di Cremona. Mantova non è molto interessata al problema. L’80% delle aziende lombarde è a posto, il 10% è in grado di mettersi a posto e il restante 10% è totalmente fuori legge. Stiamo lavorando per individuare la soluzione. Ho l’ambizione, durante il mio mandato, di sostenere il mondo agricolo affinché, se possibile, nemmeno un’azienda sia costretta a chiudere. Sui nitrati, in particolare, non possiamo permetterci un copione già visto con le quote latte. Le aziende agricole devono esse in grado di rispettare le normative vigenti, ma deve essere chiaro il fatto che se la priorità è il rispetto della legalità, è altrettanto sacrosanto che se tali leggi non possono essere applicate, allora noi in Lombardia rivestiremo, in piccolo, il ruolo di legislatori e faremo in modo di mettere in condizione le aziende di andare avanti, senza essere costrette a chiudere”.

Scusi, ha detto che ha rimosso Baccolo?
“Sì. Lo voglio ringraziare per il lavoro che ha svolto e per la sua competenza. È un bravissimo tecnico, molto preparato, che in questi anni è stato l’anello di congiunzione tra assessorato e ministero delle Politiche agricole. Soprattutto, ha capito che l’attenzione andava spostata dal ministero romano a Bruxelles”.

Ha già individuato il prossimo direttore generale dell’Agricoltura?
“Sì. È Franco Picco, lo incontrerò già domani, probabilmente. La scelta della giunta lombarda è stata una scelta di turnazione. Si apre una pagina nuova. Finisce un’epoca di 18 anni e noi vogliamo tenere tutto ciò che di buono è stato fatto, però migliorando”.

Uno dei grandi problemi del settore agricolo è l’accesso al credito. Quali soluzioni ha in mente Regione Lombardia?
“I dati di Ismea della scorsa settimana ci dicono che l’agrocredito ha perso il 22 per cento. Ma è un dato su scala nazionale. In Lombardia si parla di -1/-2%, questo significa che sul nostro territorio la filiera agricola dà livelli di garanzia in termini di serietà. E Regione Lombardia deve muoversi di conseguenza, proprio per dare certezza finanziaria all’agricoltore, anticipando la Pac, ma anche attraverso altre formule, che verranno individuate. Siamo la prima regione agricola d’Italia. La Puglia, che viene dopo di noi in termini di produzione, ha una Plv che è un quarto rispetto alla nostra. Credo che la Lombardia, parlando di agroalimentare, sia la prima realtà europea, con numeri ancora più importanti dei migliori distretti francesi e olandesi”.

A proposito di anticipazioni della Pac, Bruxelles non l’ha molto gradito.
“Sì, la vicenda degli anticipi della Pac è stata contestata dai funzionari dell’Unione europea.
Voglio andare subito a Bruxelles e spiegare che quelle anticipazioni sono necessarie alle imprese agricole lombarde”.


Sulla riforma della Pac dall’11 aprile si avvieranno i Triloghi fra Commissione, Parlamento e Consiglio. L’Italia rischia di non avere un ministro dell’Agricoltura. La Regione Lombardia andrà da sola?
“Il rischio di avere un ministero azzoppato è grande. La Lombardia cercherà di intervenire direttamente, ma non si muoverà da sola. Per la prima volta potremo chiedere l’interlocuzione diretta con Bruxelles come macroregione del Nord. Sacchetto del Piemonte, il sottoscritto della Lombardia, Manzato del Veneto e Violino del Friuli Venezia Giulia si muoveranno coordinati. Dovremo affrontare il nodo del greening, fra gli altri. Non possiamo sacrificare le colture intensive e la monocoltura per piantare siepi, se vogliamo essere competitivi”.

È la prima volta di un mantovano assessore all’Agricoltura in Lombardia. Come mai la delega all’agroalimentare?
“Ho voluto la delega alla filiera perché a partire dal 2001 ho vissuto da vicino la crisi della suinicoltura. In quei 6-7 anni, gli allevatori di maiali erano al tappeto, mentre i trasformatori guadagnavano. Oggi la morsa sugli allevatori, pur con costi di produzione in crescita, si è allentata, ma i macelli rischiano di andare a gambe all’aria. La grande distribuzione organizzata costituisce troppo spesso un collo di bottiglia, decide i prezzi ei tempi di pagamento. Per questi motivi ho voluto una delega che si ferma prima della Gdo, perché bisogna trovare sinergia per incidere sull’ultimo anello. E poi puntare sulle esportazioni. Con i consumi interni in affanno, bisogna fare sistema e andrae all’estero”.

Le potenzialità sono enormi.
“Un dato significativo riguarda l’Italian sounding. Con un valore di prodotti esportati di 30 miliardi, almeno il doppio è il valore delle merci contraffatte. L’agropirateria va combattuta,ma un cosa ci insegna, e cioè che le potenzialità di crescita per il made in Italy vero sono enormi. Ma accanto ad azioni commerciali dovremo spiegare ai consumatori americani, piuttosto che cinesi, la differenza fra un vero prodotto italiano e uno contraffatto”.

Nei giorni scorsi Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna hanno siglato un accordo per lo smaltimento del mais contaminato da aflatossine. Probabilmente però il problema sarà a mancanza di magazzini di stoccaggio…
“Risolveremo anche questo. In un’ottica più ampia, però, credo bisognerà rivedere la politica della Lombardia in tema di biodigestori, indicati come soluzione alle aflatossine e ai nitrati. Francamente sono un po’ scettico su questa linea. Anche perché bisogna tenere conto degli incentivi, che pesano sulla bolletta per 10 miliardi di euro. fino a quando potremo permettercelo? Non possiamo permetterci di invitare gli agricoltori a costruire biodigestori senza sapere se gli incentivi ci saranno ancora e in quale misura”.

Gli imprenditori agromeccanici chiedono un riconoscimento del loro ruolo, anche in chiave di accesso ai Psr. Cosa ne pensa?
“Conosco molto bene i contoterzisti, anche perché io stesso come parlamentare ho presentato emendamenti per il riconoscimento delle imprese agromeccaniche. La soluzione è di competenza nazionale ed è una questione che va risolta, è un balletto che dura da dieci anni e che si ripresenta ad ogni Finanziaria. Sensibilizzerò il nuovo ministro non appena lo incontrerò. Però il nodo vero non sono i Piani di sviluppo rurale, il nodo è di tipo fiscale, perché un ingresso dei contoterzisti in agricoltura consentirebbe benefici ai contoterzisti, riducendo le entrate allo Stato. È su questo aspetto che è sempre venuto il no secco dal ministero dell’Economia”.

Ritornano in capo all’assessorato, le foreste. Quale sarà l’approccio sulla materia?
“Di rottura. Non sono molto d’accordo con la linea di forestazione pura seguita dalla Regione in passato. Se nelle aree rinaturalizzate ci fosse anche qualche pioppeto, non credo sarebbe una violazione dei diritti dell’uomo, se posso fare una battuta. Fare imboschimento senza prospettive di reddito per gli agricoltori non è una soluzione secondo me corretta, perché quando finiranno i contributi pubblici, avremo il problema di chi se ne prenderà cura di quelle aree. Quando un bene perde qualsiasi valenza economica rischia di trasformarsi da progetto virtuoso a problema. Bisogna uscire dai dogmi, la campagna è l’elemento più pragmatico che esista, dobbiamo lasciare stare l’ideologia”.

Come si comporterà un assessore leghista con il problema delle quote latte?
“Innanzitutto devo dire che le quote non rappresentano, in una logica di azione, un’emergenza. Nel 2015 le quote scompariranno, per fortuna”.

È ancora irrisolto il pregresso, però.
“Io sono un legalitario e, come ho già avuto modo di dire, le leggi devono essere rispettate. Ci sono state in passato delle gestioni poco chiare sia da parte delle istituzioni che da parte degli allevatori, adesso bisogna fare chiarezza una volta per tutte. Non devono chiudere le aziende e per chi avrà ancora delle pendenze si studierà un modo per regolarizzare. Perché questa è la linea”.

Ha già incontrato qualche rappresentante del mondo agricolo?
“Con il ministro Catania ho avuto frequenti contatti, anche in forza della presidenza della commissione sulla contraffazione agroalimentare. Siamo in contatto e l’ho visto la settimana scorsa in Parlamento. Oggi incontrerò il presidente di Coldiretti, Sergio Marini; ho già parlato con la Cia, nei prossimi giorni incontrerò Confagricoltura e Copagri”.

Non esclude nessuno…
“No. Voglio incontrare tutti, ascoltare tutti e prendere spunti da ciascuno di loro, poi però voglio fare io la sintesi e, assumendomi la responsabilità politica delle scelte”.