Portata dai cinghiali, la peste suina africana era già arrivata in Emilia Romagna, dove carcasse di selvatici colpiti dal virus erano state rinvenute prima nel piacentino e poi in provincia di Parma, come riferito da AgroNotizie®.

Il timore di un ingresso del virus in un allevamento era elevato e in tutte le aziende le misure di biosicurezza erano e sono ai massimi livelli.

Ma questo virus, che vanta un'elevata resistenza e un'alta capacità infettante, è riuscito a superare anche queste barriere e ora è entrato in un allevamento del piacentino, nel comune di Ponte dell'Olio.

 

Questo primo caso in una regione come l'Emilia Romagna, che vanta un patrimonio suinicolo fra i più elevati in Italia (circa un milione di animali), è motivo di forti preoccupazioni.

Già le esportazioni di prodotti a base di carni suine erano state bloccate da parte di Canada, Cina, Giappone, Svizzera e Taiwan per la presenza del virus nei cinghiali.

Ora questo elenco rischia di allargarsi a dismisura, compromettendo un settore che nel suo insieme ha un valore superiore ai 10 miliardi di euro e che occupa circa 60mila addetti.

 

Già in questi giorni le attività di trasformazione delle carni suine hanno subìto un rallentamento, tanto da costringere alcune aziende a chiedere il sostegno degli ammortizzatori sociali.

 

Verso la catastrofe

Ora la situazione rischia di precipitare dopo il caso verificatosi nel piacentino e che fa seguito ad analoghi e recenti episodi di contagio negli allevamenti di Lombardia (Milano e Pavia) e del Piemonte (Novara).

Per fermare la diffusione del virus è necessario procedere all'abbattimento di tutti gli animali presenti negli allevamenti contagiati, senza distinzione fra sani e ammalati.

 

Nella sola Lombardia, dall'inizio dell'epidemia, si stima siano stati abbattuti 45mila suini e altri ventimila in Piemonte.

Ora sarà il turno dei suini del piacentino, con la speranza che l'infezione non si allarghi al parmense, dove già il virus è stato rintracciato nei cinghiali.

 

Continuano invece a rilento le operazioni di "depopolamento" dei cinghiali, che rischiano un'ulteriore battuta d'arresto dopo le recenti dimissioni del commissario straordinario alla peste suina, Vincenzo Caputo, notizia anticipata pochi giorni fa da AgroNotizie®.

 

Le misure di restrizione

Dal Ministero della Salute fanno sapere che è in rafforzamento il sistema di controlli e che sono in fase di avvio misure straordinarie per scongiurare la diffusione della malattia, puntando a realizzare misure uniformi sul territorio.

Dell'evoluzione dell'infezione sono state informate le autorità sanitarie europee e a breve sarà emanata una nuova decisione della Commissione che comporterà per le aree del piacentino interessate dal virus il passaggio dalla zona di restrizione due a quella di terzo livello, la più severa.

 

Oltre agli abbattimenti scatteranno vincoli alla movimentazione degli animali, bloccando di fatto tutta la filiera.

A rischio sono i salumi del piacentino, che può vantare tre Dop, per la coppa, la pancetta e il salame.

È opportuno ricordare che il virus della peste suina non colpisce in alcun modo le persone, ma solo i suini e i suidi selvatici.

 

Danni incalcolabili

Il danno per gli allevamenti e per l'intero comparto è difficile da quantificare in questa fase, ma sarà elevato.

Un danno che colpisce tutti i cittadini, visto che lo Stato sarà chiamato a rimborsare gli allevatori per l'abbattimento degli animali e per le mancate produzioni.

Allevatori che a loro volta dovranno mettere mano al portafoglio nella consapevolezza che questi rimborsi non arriveranno subito e non copriranno integralmente le perdite subite.

Bisogna poi aggiungere le conseguenze sulla bilancia commerciale del settore agroalimentare, che vedrà inesorabilmente perdere posizioni nelle esportazioni di salumi e insaccati.

 

Spiace pensare che tutto ciò si sarebbe potuto evitare con azioni più incisive e tempestive nel ridurre l'esorbitante numero di cinghiali presenti in Italia e che stime al ribasso indicano in oltre due milioni.

Forse si è preferito evitare le proteste degli animalisti, piuttosto che ascoltare le invocazioni degli allevatori.