Giovanni Filippini, una laurea con lode in medicina veterinaria, conseguita nel 1997, e poi un lungo e corposo curriculum in campo sanitario e manageriale.
Sino a poco fa alla guida dell'Istituto Zooprofilattico della Sardegna e ora direttore generale della Sanità Animale del Ministero della Salute.

 

È lui il nuovo commissario per l'emergenza peste suina africana, il terzo dopo la rinuncia del suo precedessore, Vincenzo Caputo e prima di lui Angelo Ferrari.

Entrambi "sconfitti" da un virus assai ostico da combattere e che sta minacciando da vicino il comparto suinicolo utilizzando come veicolo di diffusione i cinghiali e quando capita anche l'uomo.

Perché è pur vero che questa infezione non colpisce in alcun modo le persone, ma l'uomo in alcuni casi, e con comportamenti scorretti, può essere utilizzato dal virus per penetrare negli allevamenti.

Compito arduo

Bisogna riconoscere che la lotta alla peste suina africana è un compito difficile e complesso, ma Filippini può vantare l'esperienza conseguita negli ultimi anni in Sardegna, dove il virus è praticamente sotto controllo.

Non è cosa di poco conto, ricordando che nell'Isola la peste suina africana è rimasta per oltre 40 anni, infischiandosene di piani straordinari che hanno assorbito ingenti risorse, anche economiche.

 

C'è voluta fermezza nel contrastare gli allevamenti bradi privi di controllo e nella applicazione delle misure di biosicurezza, ma i risultati si sono visti.

Ora quell'esperienza dovrà essere calata su scala nazionale, con complessità ben maggiori.

I suggerimenti

Al nuovo commissario sono arrivati nel frattempo i suggerimenti di Assica, l'Associazione degli Industriali delle Carni e dei Salumi guidata da Lorenzo Beretta, che chiede azioni tempestive, risorse a sufficienza e soprattutto gioco di squadra, coinvolgendo tutti i dicasteri interessati alla materia, dalla salute all'agricoltura, dagli affari esteri alle imprese e made in Italy.

Poi incentivi ai consumi interni, da tempo in flessione, obiettivo che si potrebbe raggiungere con un taglio dell'Iva dal 10 al 4%.

Il programma

Da parte sua Filippini ha già reso note le linee guida del suo programma.

Nelle zone di restrizione sarà accentuato il controllo della popolazione di cinghiali e nelle aree confinanti con quelle infette verrà concentrata l'azione di depopolamento dei selvatici. In queste stesse aree entreranno in azione anche le Forze Armate già messe a disposizione per questa attività.

 

Si continuerà poi con le barriere fisiche per limitare lo spostamento dei cinghiali dalle zone infette a quelle indenni.

A completare il quadro, il potenziamento delle misure di biosicurezza negli allevamenti.

Le critiche di Bruxelles

Nel svolgere il suo compito il nuovo commissario dovrà tenere conto delle indicazioni formulate dagli esperti dell'Eu Veterinary Emergency Team della Commissione Ue, che non hanno lesinato le critiche a quanto fatto sinora.

Dito puntato soprattutto sul mancato coordinamento delle iniziative fra i territori interessati.

Regioni, province e comuni, questa la critica, hanno attuato le loro misure senza coordinarsi fra loro.

 

La complessiva situazione epidemiologica, indipendentemente dai confini amministrativi, impone coordinamento e armonizzazione delle iniziative.

Gli esperti europei ricordano inoltre che la sola riduzione del numero di cinghiali non è sufficiente. Semmai un aiuto, ma non la soluzione definitiva.

A rischio la "food valley"

Un compito difficile, dunque, quello che si appresta a svolgere Filippini, al quale sono giunti gli auguri di buon lavoro da quanti sono impegnati nella filiera suinicola.

Non esistono soluzioni facili e immediate, ne sono tutti consapevoli.
Ma l'impegno dovrà essere massimo nell'evitare che il virus prosegua la sua marcia verso Est e verso Sud, coinvolgendo Emilia Romagna e Toscana, oggi fra le Regioni più esposte alla minaccia del virus.