L'utilizzo energetico del fico d'India (Opuntia sp.) è un argomento che cattura l'attenzione di investitori e professionisti del settore agroenergetico da oltre dieci anni, come dimostrano le statistiche di lettura del nostro ormai storico articolo e del suo aggiornamento.
Ma il focus esasperato che la politica europea ha messo sulla decarbonizzazione ad ogni costo spesso fa dimenticare a politici, cittadini comuni e investitori quale sia lo scopo fondamentale di una agricoltura sostenibile: la multifunzionalità.
Il potenziale energetico del fico d'India non è solo "energetico" nel senso ingegneristico, oltre a difendere il suolo dall'erosione, l'energia solare accumulata nei cladodi di fico d'India può essere utile anche per eseguire lavoro metabolico. Dinanzi alla drammatica situazione che vivono gli allevatori siciliani a causa della siccità, lo scopo di questo articolo è fare un appello al buon senso, magari anche un promemoria per chi l'avesse dimenticato, o una rivelazione per chi ne fosse ancora ignaro: la biomassa di fico d'India non è solo uno scarto, ha un buon valore nutrizionale e di fatto viene utilizzata nell'alimentazione umana e animale da secoli. E possiamo confermare che, per quanto riguarda il consumo umano, è perfino un ingrediente dal gusto gradevole (Foto 1).
Foto 1: Frullato di cladodi di fico d’India servito in un bar messicano
(Fonte foto: Mario A. Rosato - AgroNotizie®)
L'utilizzo del fico d'India nell'alimentazione animale ha da sempre un doppio valore per le popolazioni delle zone aride centroamericane, ma anche in altri Paesi dove è stato esportato, come l'Australia e il Sudafrica. I cladodi di fico d'India, anche se separati dalla pianta madre, non muoiono subito e trattengono l'acqua per mesi, potendo anche assorbire umidità dall'aria grazie al meccanismo di apertura e chiusura degli stomi tipico delle piante grasse. Al momento del taglio possono contenere fino al 90% di umidità e il 10% restante è rappresentato da zuccheri e minerali. Sono dunque validi come foraggio ma anche come risorsa idrica in tempi di siccità.
Riportiamo testualmente i dati colturali e nutrizionali ricavati dal progetto Feedipedia della Fao (1).
"L'Opuntia ficus-indica può essere raccolta tre anni dopo la semina. La sua produttività è compresa tra 5 e 6 tonnellate/ettaro/anno in condizioni di limitazione dell'acqua (2). In buone condizioni, si possono ottenere 40 tonnellate/ettaro di sostanza secca e rese di frutta fino a 20 tonnellate/ettaro (3). In Brasile, la capacità di carico dell'Opuntia è stata stimata pari a 4,8 unità animali/ettaro/anno, ovvero più di cinquanta volte quella dei pascoli nativi (0,8) (4)".
Preparazione del mangime
Si consiglia di elaborare i cladodi prima di somministrarli al bestiame.
Sono stati descritti diversi metodi di alimentazione e lavorazione (5):
- Alimentazione diretta: le piante di Opuntia vengono somministrate intere, comprese le spine, a bovini, pecore e capre. Questa pratica è dannosa per gli animali (le spine li possono accecare, in Messico esiste una varietà di cactus chiamata appunto "nopal cegador" per le sue piccole ma insidiose spine, Nda).
- Rimozione del bordo dei cladodi: si asporta con un coltello la porzione superiore dei cladodi, dove è presente il maggior numero di spine, permettendo agli animali di nutrirsi della pianta. Il suo principale svantaggio è lo spreco di cladodi.
- Bruciatura delle spine di piante intere: la pianta viene completamente bruciata con un bruciatore a propano e gli animali possono consumarla fino alla base. È abbinato al pascolo nel caso degli ovini e caprini.
- Taglio estensivo dei cladodi e bruciatura superficiale: questa pratica elimina le spine e consente agli animali di mangiare i cladodi interi direttamente sul campo. I cladodi possono essere tagliati in piccoli pezzi.
- Bruciatura e triturazione in situ: i cladodi vengono raccolti e le loro spine bruciate con legna da ardere o cannello a gas; poi vengono tritati e offerti agli animali.
- Raccolta dei cladodi da popolamenti (selvatici) densi: i cladodi vengono raccolti laddove crescono selvatici, trasportati alla fattoria, le loro spine bruciate e tagliati in piccoli pezzi.
- Il taglio dei cladodi in piccoli pezzi ne facilita il consumo, la preparazione di una razione mista totale e l'aggiunta di urea e concentrati (4 già citato). I cladodi possono essere tagliati manualmente o meccanicamente, come mostrato nei video presenti in questa pagina.
Tabella 1: Valori nutrizionali dei cladodi di fico d'India
(Fonte foto: Feedipedia, traduzione e adattamento di Mario A. Rosato - AgroNotizie®)
1 ettaro di coltivazione di fico d'India può immagazzinare oltre 180 tonnellate di acqua. Acqua che si può recuperare raccogliendo e valorizzando le potature. In Brasile il fico d'India viene coltivato nelle zone semi aride senza ricorso all'irrigazione e al solo scopo di alimentazione dei bovini. L'apporto fino a 80 tonnellate/ettaro di letame bovino consente di produrre fra 30 e 40 tonnellate SS/ettaro, con un valore nutrizionale pari a circa il 75% della granella di mais.
La produttività può superare le 200 tonnellate di biomassa fresca per ettaro in piantagioni con densità crescente, ma a maggiore densità, minore sviluppo delle radici e quindi minore disponibilità di acqua per la pianta, per cui si rende necessario ricorrere all'irrigazione. Lo stoccaggio dei cladodi di fico d'india fino a sedici giorni non altera le loro proprietà nutrizionali né la resa in latte delle vacche.
L'utilizzo dei cladodi come foraggio richiede alcune precauzioni in quanto (4 già citato):
- Può causare diarrea, per cui va integrato con proteine e fibre in una dieta bilanciata.
- È ricco di carboidrati semplici, quindi non si deve aggiungere melasso e vanno limitate le farine nelle razioni.
- Una razione utilizzata in Brasile è così composta: 39% cactus più 31% silosorgo più 30% concentrati. La resa in latte con tale dieta è stata di 23,3 litri/giorno.
- Urea e concentrati si possono rimpiazzare con pannello di soia o altri legumi.
- Il consumo di acqua cala con l'aumentare della proporzione di cladodi nella razione. Ad esempio, le capre nutrite con il 28% di cladodi nella razione riducono il consumo di acqua da 5,5 litri/giorno a soli 0,2 litri/giorno. Con una dieta al 40% di cladodi nella razione, le vacche calano il consumo di acqua da 100 litri/giorno a 45 litri/giorno.
In un contesto di cambiamento climatico e inevitabile desertificazione, avendo elementi per rimanere scettici sulla tempestività e sull'efficacia degli eventuali aiuti da parte delle istituzioni, gli allevatori siciliani dovrebbero considerare seriamente l'utilizzo del fico d'India come strategia di sopravvivenza.
Bibliografia
(1) Heuzé V. , Tran G. , 2017. Fico d'India (Opuntia ficus-indica). Feedipedia, un programma di INRAE, CIRAD, AFZ e FAO. Ultimo aggiornamento il 28 novembre 2017, 16:04.
(2) Reynolds, SG; Arias, E., 2001. Cactus ( Opuntia spp.) come foraggio. Mondragon-Jacobo e Perez-Gonzalez Ed., 2001, Documento FAO sulla produzione e protezione delle piante N°169: 161p. FAO, Roma.
(3) Ecocrop, 2009. Ecocrop database. FAO.
(4) Dubeux, J. C., 2011. Use of cactus for livestock feeding. Universidade Federal Rural de Pernambuco (UFRPE).
(5) Lopez-Garcia, J.J, Fuentes-Rodriguez, J. M. ; Rodriguez, R. A., 2001. Production and use of Opuntia as forage in Northern Mexico. In: Cactus (Opuntia spp.) as Forage, Mondragon-Jacobo and Perez-Gonzalez Ed., FAO Plant production and protection papers N°169: 161p, FAO, Rome.