Nella Prima parte abbiamo passato in rivista le diverse tecniche di produzione dell'acido formico a partire dall'ossidazione della biomassa, in particolare della frazione cellulosica. Completeremo la nostra panoramica sulla potenziale produzione e sull'utilizzo di acido formico rinnovabile analizzando un altro approccio tecnologico attualmente in studio: l'utilizzo di CO2 biogenica, cioè separata dal biogas o dai fumi di combustione della biomassa, oppure sprigionata durante la fermentazione alcolica per sintetizzare l'acido formico mediante la riduzione di detta CO2 con H2 derivato da energie rinnovabili.

 

L'acido formico prodotto dalla CO2

La CO2 può essere considerata come un elemento chimico C1, cioè la molecola base per la sintesi di composti organici per l'industria chimica, come appunto l'acido formico, e combustibili a valore aggiunto. Questo concetto di raffineria basata sulla CO2 è un'estensione del caso particolare degli e-fuel, descritto in un articolo precedente.

 

Dal punto di vista termodinamico, la riduzione della CO2 in acido formico tramite idrogenazione è più semplice rispetto alla sintesi di altri prodotti (metano, propano, eccetera). Gli agenti riducenti comunemente usati sono H2 o acqua. In particolare, la riduzione della CO2 in acido formico può essere realizzata mediante metodi chemiocatalitici, fotocatalitici ed elettrochimici (1). Recentemente, sono stati compiuti passi importanti per lo sviluppo di un metodo biotecnologico (2).

 

Vediamo brevemente le caratteristiche di ciascuno:

  • L'approccio chemiocatalitico. La molecola di CO2 è molto stabile, quindi l'energia necessaria per scinderla e renderla reattiva è piuttosto alta: 33 kJ/mol. Poiché tale numero non dice niente al profano, ricordiamo le equivalenze di unità: 1 kJ = 9,17 Wh e 1 mol di CO2 = 44 g = 22,4 Ndm3. Quindi, per poter rendere reattivi 22,4 litri di CO2 in stato gassoso serve una quantità di energia che basterebbe per far funzionare un piccolo frigo durante 12 minuti. L'energia necessaria è minore se prima si fa reagire la CO2 gassosa con una base (solitamente carbonato di sodio, Na2CO3) in un medio acquoso, ottenendo una soluzione di bicarbonato di sodio (NaHCO3). Detta soluzione viene messa a contatto con H2 ad alta pressione e un catalizzatore metallico (sono stati proposti molti, a base di Ru, Fe, Ir, Pd, Au, Co, …), ottenendo formiato di sodio (HCO2Na) e acqua. Un altro approccio è detto catalisi eterogenea: in questo caso si fanno reagire CO2 e H2 ad alta pressione in presenza di catalizzatori misti (ad esempio Au/TiO2) e il medio liquido è un solvente organico. In questo modo è possibile separare direttamente l'acido formico anziché il formiato. L'efficienza dei processi catalitici varia dal 32 a oltre l'80%.
    Il metodo termochimico è una variante del precedente. In questo caso la CO2 viene fatta reagire con acqua in stato supercritico (400°C e oltre 100 bar) senza l'aggiunta di un catalizzatore oppure in stato subcritico con un catalizzatore (ad esempio a 200°C e 20 bar con aggiunta di ferro, che ha la funzione di catturare l'ossigeno liberato, e nichel o manganese in polvere, che hanno la funzione di catalizzare la formazione dell'acido formico). Sono state raggiunte efficienze dell'ordine di 75%.
  • L'approccio fotochimico. In questo caso viene impiegato un semiconduttore, solitamente biossido di titanio (TiO2) in un reattore trasparente esposto alla luce solare. Le efficienze di conversione sono piuttosto basse, perché ogni catalizzatore è in grado di catturare l'energia dei fotoni in una stretta banda dello spettro. Inoltre, sono necessarie grandi superfici esposte.
  • L'approccio elettrochimico. Questa strategia consiste nello sfruttamento indiretto della luce solare, oppure di qualsiasi altra fonte rinnovabile, per produrre elettricità. La corrente elettrica viene applicata agli elettrodi di una cella molto simile a un elettrolizzatore, nella quale vengono introdotti acqua e CO2. Gli elettrodi sono ricoperti di metalli catalizzatori (i soliti Ru, Pd, Ni, Ir, …) e nella cella vengono simultaneamente le reazioni di idrolisi dell'acqua e riduzione della CO2 in acido formico. I vantaggi di questa tecnologia sono la compattezza delle celle, i tempi di reazione brevi e il flusso continuo di prodotto.
  • L'approccio biotecnologico. L'idea consiste nel produrre formiato (sale di acido formico) a partire da CO2 e H2, come descritto prima. Il formiato viene successivamente convertito in molecole di valore aggiunto - carburanti aeronautici, acidi organici per l'industria farmaceutica - utilizzando un gruppo di batteri detti formiatotrofici. Il batterio identificato come più promettente per tali scopi è il Cupriavidus necator. Si tratta di un batterio estremamente versatile, capace di crescere in un medio di coltura contenente zuccheri, acidi organici o aromatici, oppure utilizzando CO2 e H2 disciolti, oppure nutrendosi di formiato o acido formico. Inoltre, il genoma di C. necator è facile da editare, per cui è stato utilizzato in altre applicazioni biotecnologiche, come ad esempio la produzione di PHA. Il progetto citato prevede di ingegnerizzare il batterio per produrre direttamente acidi grassi con catene di sedici atomi di carbonio (acido palmitico) da convertire in biodiesel. L'efficienza di conversione naturale del C. necator è del 22% in peso di carbonio, ovvero per produrre una molecola di acido palmitico sono necessarie settantotto molecole di acido formico. Il batterio geneticamente modificato, unito a un sistema di produzione di formiato da CO2 ed H2, potrebbe avere efficienze di conversione vicine al 100%, ovvero tutta la CO2 sarebbe convertita in acido palmitico. Questo perché il processo di trasformazione dell'acido formico o del formiato è aerobico, quindi produce CO2, la quale verrebbe ricircolata assieme all'H2. Al momento la ricerca deve risolvere ancora un problema: C. necator ha cinquanta geni che garantiscono la rapida conversione dell'acido palmitico sintetizzato in energia. È necessario identificare tali geni ed editare il genoma per inibirli in modo che il batterio "ingrassi", accumulando olio nel suo protoplasma.

 

Soluzione pratica o strada morta?

La riduzione della CO2 in acido formico mediante reazione con H2 spesso non è energeticamente efficiente. Se l'energia consumata supera l'energia generata, l'adozione di una data tecnologia non è fattibile. E questo ci porta all'annosa questione, già discussa in altri articoli di questa sezione, dell'ideologia dell'idrogeno verde tanto cara ai gruppi ecologisti e all'amministrazione von der Leyen.

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Per quanto la valorizzazione della CO2 venga abbinata a fonti di energia rinnovabile - come l'energia solare, fotovoltaica o eolica - la produzione di H2 e l'eventuale successiva produzione e successivo utilizzo dell'acido formico come vettore energetico risulta infinitamente più complicata e complessivamente meno efficiente rispetto al più semplice accumulo di elettricità in una batteria.

 

Tuttavia, l'acido formico etichettato "sostenibile" o "verde" potrebbe avere un valore di mercato interessante in futuro, in quanto fornirebbe la possibilità di decarbonizzare diversi segmenti dell'industria chimica. I sistemi di conversione basati sulla CO2 biogenica, proveniente ad esempio dagli impianti di biogas o dalle cantine vitivinicole, abbinati agli ormai onnipresenti pannelli fotovoltaici, sembrano quindi una strada percorribile in un futuro non troppo lontano. La produzione di acido formico o i suoi derivati mediante processi biotecnologici è per ora tecnicamente dimostrata, ma nell'Europa governata dall'ideologia anti Ogm non è una soluzione fattibile.

 

Infine, poiché l'industria chimica produce attualmente l'acido formico dal gas naturale, sarebbe molto più facile incentivare la produzione di biometano anche come materia prima industriale e non limitarla, come oggi, alla mera iniezione in rete o all'autotrasporto.

 

Bibliografia

(1) Xi Chen, Ying Liu and Jingwei Wu, Sustainable production of formic acid from biomass and carbon dioxide Molecular Catalysis, Volume 483, March 2020, 110716.

(2) Christopher W. Johnson; DOE Bioenergy Technologies Office (BETO) 2023 Project Peer Review 2.3.2.121 Biological conversion of formic acid for CO2-to-Fuels, 2023.