Le piante sono alla base della vita dell'uomo sulla Terra. Grazie alla loro abilità di trasformare la luce del sole in carboidrati, le piante non solo forniscono all'uomo le calorie di cui ha bisogno, ma immettono nell'atmosfera anche l'ossigeno che ci serve per vivere. Tuttavia, negli ultimi anni si sta studiando anche la possibilità di sfruttare le piante per produrre proteine, enzimi ed altre molecole utili all'uomo, sia a livello farmaceutico che industriale e alimentare.

 

Si chiama molecular farming ed è un approccio alla produzione di alimenti, medicinali e altre tipologie di molecole attraverso la modifica genetica di piante. L'obiettivo è trasformare una pianta di tabacco o di patata, ad esempio, in una biofabbrica in grado di sintetizzare molecole complesse ad un costo contenuto.

 

Molecular farming, una storia lunga decenni

Il molecular farming non è un approccio completamente nuovo, visto che già in passato l'uomo ha modificato altri organismi affinché producessero molecole di interesse. Il caso più eclatante è forse quello dell'insulina. Dopo la scoperta che la carenza di questo enzima nel sangue umano causa il diabete, si iniziò a produrla estraendola dal pancreas degli animali macellati, come bovini e suini. Si trattava tuttavia di un'attività molto costosa, scarsamente pianificabile e potenzialmente pericolosa per i pazienti, a causa della trasmissione di virus e patogeni.

 

Grazie alle biotecnologie si modificò allora un batterio, Escherichia coli, in modo che producesse l'insulina. La "coltivazione" di questo microrganismo viene effettuata all'interno di bioreattori dove viene offerto un ambiente di crescita ideale e controllato. Successivamente, l'insulina prodotta viene estratta e purificata per poi essere confezionata e distribuita. Questo approccio ha permesso di offrire insulina di elevata qualità a prezzi bassi.

 

Tuttavia, i batteri non sono in grado di produrre tutte le molecole che sarebbero utili all'uomo, sia a fini medicali, che industriali o per l'alimentazione. Da qui l'idea di utilizzare le piante, che come organismi eucarioti sono molto più flessibili. Inoltre, si possono coltivare su ampie estensioni, eliminano il vincolo rappresentato dai bioreattori, che comprimono la scalabilità delle produzioni. Infine, nelle piante non ci sono virus che possono essere trasmessi all'uomo e si risolvono in questo modo alcuni dei problemi di sicurezza.

 

La possibilità di usare le piante come biofabbriche è stata esplorata dagli scienziati agli inizi del secolo, ma non ha avuto molto successo a causa di difficoltà tecniche, regolatorie e di finanziamento. Con lo scoppio dell'epidemia di ebola nell'Africa centrale e successivamente con l'epidemia di covid-19, questa possibilità è tornata alla ribalta, tanto che nel marzo 2022 il Canada ha autorizzato la produzione di un vaccino contro il covid-19 prodotto da piante di tabacco geneticamente modificate.

 

Molecular farming: una storia lunga decenni

Molecular farming: una storia lunga decenni

(Fonte foto: ACI Limited)

 

Non solo medicinali, anche cibo

Ma quali tipologie di molecole sarebbe possibile produrre con il molecular farming? Un settore interessante è sicuramente quello medicale, visto che le piante potrebbero essere usate come biofabbriche per produrre in quantità elevata e meno costosa certe tipologie di molecole, enzimi e vaccini.

 

Un altro settore riguarda la produzione di molecole per l'industria. Già oggi, ad esempio, sono commercializzati dei cagli per il settore caseario prodotti da microrganismi e non estratti dallo stomaco dei ruminanti.

 

Ma le piante potrebbero produrre anche alimenti. Un esempio è lo zafferano, che ha un costo molto elevato a causa dell'enorme quantità di manodopera che serve per lavorare i fiori. Sarebbe invece possibile far produrre grandi quantità degli elementi costitutivi di questa spezia ad altri vegetali.

 

Ma le piante potrebbero anche produrre alimenti "di origine animale". Facciamo l'esempio del latte. Questo alimento è composto da diversi elementi, come la caseina e la lattoglobulina, due proteine che danno al latte il sapore e le caratteristiche tecnologiche che ben conosciamo.

 

In linea di principio, si potrebbero utilizzare delle piante per sintetizzare queste proteine e, attraverso un processo di estrazione, si potrebbero produrre sostituti del latte di origine vegetale, ma con le caratteristiche di quello animale.

 

Dove coltivare le piante geneticamente modificate?

Le piante modificate geneticamente potrebbero essere coltivate in pieno campo, oppure in serra o nelle vertical farm. Nel primo caso i bassi costi di produzione permetterebbero di avere grandi quantità di materia prima da lavorare, ma l'attuale legislazione europea non consente la coltivazione di piante Ogm in campo aperto.

 

Ci sono poi le serre, dove grazie al controllo ambientale sarebbe possibile avere produzioni maggiormente controllate. Ma anche qui ci si scontra con la normativa.

 

Le vertical farm invece rappresentano un ambiente di crescita ideale. Si tratta infatti di strutture segregate, in cui tutti i fattori produttivi sono attentamente controllati. Di contro, gli spazi ridotti e l'alto investimento per unità di superficie rendono questa opzione percorribile solo per produzioni ad alto valore aggiunto, come quella dei medicinali.

 

Molti ostacoli sulla strada del molecular farming

C'è poi un altro tema da affrontare, che riguarda le lavorazioni post raccolta. Le molecole contenute nelle cellule vegetali devono essere infatti estratte e purificate, in modo che non siano contaminate da altri elementi. Questa operazione è tanto più costosa e lenta quanto più si vuole ottenere un composto puro.

 

Di conseguenza, alti standard di lavorazione potrebbero essere adottati dall'industria farmaceutica, mentre quella alimentare potrebbe accontentarsi di prodotti con un grado minore di purezza, senza che questo impatti sulla sicurezza dei prodotti.

 

Infine, c'è da considerare l'accettazione sociale. Nel caso dell'insulina nessuno si è mai chiesto se fosse meglio quella estratta dal pancreas di un maiale o quella ottenuta dal batterio Escherichia coli. E probabilmente anche nel caso del molecular farming volto a produrre altri medicinali i consumatori non percepirebbero alcuna differenza.

 

Discorso diverso riguarda la produzione di alimenti, come il latte. In questo caso il molecular farming difficilmente potrebbe usare la leva del prezzo, ma piuttosto quella della sostenibilità ambientale e del benessere animale. Di contro sarebbe zavorrata dallo spauracchio della provenienza Ogm. Insomma, si tratta di un settore agli albori, che offre interessanti opportunità, ma che è ben lontano dal diventare una realtà.