Crescono i riconoscimenti dei vini a Denominazione d'origine e Indicazione geografica; sono 20 le new entry rispetto ad inizio anno che, se sommate alle precedenti, toccano quota 521. Crescono anche le quantità prodotte: +2,4% per le Dop e 3,3 per le Igp nel solo 2010.
Le maggiori spinte per le prime vengono da Prosecco, Conegliano Valdobbiadene e dalle Doc Piemonte e Asti; per le identificazioni geografiche spiccano le Igt Salento e Puglia.
A fornire il dato è il report 'Vini a denominazione di origine. Struttura, produzione e mercato' pubblicato da Ismea. In base a quanto rilevato dall'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare, la produzione complessiva a fine novembre 2011 ha raggiunto i 30milioni di ettolitri, a dire due terzi del vino prodotto in Italia.
Mercato oligopolistico
Ad avere in pugno il mercato delle denominazioni è il nord della penisola che si aggiudica il 41% della produzione nazionale di vini a marchio d'origine identificabili, alla luce del Regolamento CE 479 del 29 aprile 2008 e del Decreto legislativo 61 dell'8 aprile 2010, come Dop comprendenti Doc e Docg e Igp comprendente le Igt.
In tal senso il dato numerico nazionale conta 403 vini Dop e 118 Igp, ma per meglio disegnare la situazione lo scindiamo in Doc che rappresentando i due terzi del totale e primeggiano con 330 riconoscimenti seguite dalle 118 Igt e dalle 73 Docg.
Il 41% del volume produttivo totale inoltre, è nelle mani delle prime dieci Doc-Docg; un'uguale situazione si ritrova anche per le Igt in cui la produzione è concentrata su poche di esse. In questo mare di indicazioni, detiene lo scettro di plurititolata la regione Piemonte con 58 denominazioni, seguita da Toscana (56) e dal Veneto (50) entrambe in forte ascesa negli ultimi quattro anni. Seguono Lombardia (42) e, in fine Lazio, Sardegna e Puglia tutte sopra le 30 rappresentanze.
Un dato interessante emerge dando un diverso peso al numero e al volume produttivo delle denominazioni Dop su base regionale. Veneto, Emilia Romagna e Trentino alto Adige risultano avere un maggiore peso in termini di volumi rispetto all'incidenza del numero di riconoscimenti; la sutuazione si ribalta in ambiti territoriali quali Marche e Lazio caratterizzate da elevato numero di denominazioni ma da minore incidenza produttiva in termini di volumi.
Volumi e superfici
Secondo le stime Ismea ottenute da un indagine effettuata presso InfoCamere, alcune Camere di Commercio provinciali ed alcune agenzie regionali, le superfici Dop dedicate nel 2010 sarebbero circa 211mila ettari per un totale di 156mila aziende con, quindi, una ridotta superficie aziendale media pari a 1,4 ettari. Fa eccezione a quest'ultimo dato la Docg Chianti, caratterizzata da un'estensione media di 4,3 ettari.
Da contare poi le 130mila aziende con produzioni Igt per 148mila ettari e una superficie media aziendale di un ettaro che scende significativamente nelle regioni Puglie e Sicilia.
Sono 20,7milioni i quintali di uva che, con una resa di 98milioni di quintali per ettaro, alimentano il mercato mondiale delle produzioni vitivinicole Dop generando 14,4 milioni di ettolitri cui si aggiungono i 19,1 milioni di quintali di uva con resa di 128,9quintali per ettaro trasformati in 15,2 milioni di ettolitritri delle produzioni Igt.
Mercati e conferimenti
Il cinquanta per cento circa del volume produtto nel 2010 ha seguito la strada delle strutture cooperative, elementi aggregatori per eccellenza grazie ai quali è possibile aggirare i limiti strutturali. Il 22% della produzione totale è stata vinificata in proprio e la restante parte, venduta.
Sul mercato delle Dop ma anche su quello delle Igp, dopo due anni poco favorevoli nel 2011 si è visto un rialzo dei listini all'origine (per le Dop +11% sul 2010) grazie ad una cresciuta domanda estera e alla tenuta di quella interna influenzata, quest'ultima, dal cambiamento nella destinazione d'uso del vino divenuto prodotto di consumo 'culturale' da intenditori o occasionale legato ad eventi speciali.
Si è avuto, per queste ragioni, un calo costante dei consumi che si è portato al disotto della soglia dei 40 litri pro-capite ma che ha riguardato maggiormente i vini comuni con conseguente diminuzione dei volumi (-1% nel 2011) cui si è contrapposto un aumento della spesa (+1%). Un dato importante vista la contingente crisi economica.
Export
Uno sguardo, infine, alla domanda estera in crescita nel 2011 di 9 punti percentuali sul 2010, assegna il ruolo di leader mondiale all'Italia per il volume esportato (23,5 milioni di ettolitri) pari ad un valore superiore ai 4miliardi di euro (+12% sul 2010).
Non sufficientemente apprezzate all'estero le denominazioni, fa eccezione il Giappone, la cui importazione segue quella dei vini comuni principalmente sfusi.
Esportatore netto, l'Italia importa infine, 2,5milioni di ettolitri di cui il 21% da Paesi comunitari e il 28 da paesi extra Ue rappresentato per lo più da vino sfuso statunitense.