L’incipit calcistico è molto più affine al tema in oggetto, gli organismi geneticamente modificati, di quanto si possa pensare.
In Italia un razionale dibattito sulle colture biotecnologiche non è infatti mai nato, né sul metodo, né sul merito. In tal modo si è dato spazio solo alle voci più sguaiate della “curva”, ovvero quelle contrarie agli ogm. Voci che sono perciò dilagate indisturbate andando a influenzare negativamente un’opinione pubblica che oggi si dice contraria al biotech sebbene la maggior parte di essa si mostri del tutto ignorante in materia. E così oggi, proprio come certi arbitri di calcio ci pensano dieci volte prima di assegnare un rigore a favore di una squadra insignificante se questa giochi contro una importante, altrettanto sembra fare la politica italiana, suddita e al contempo complice della "pancia" elettorale. Soprattutto quando tale "pancia" si mostri trasversale e si esprima su temi che ai politici, in fondo, non arrecano alcun disturbo personale, come sono appunto gli ogm. Molto opportunisticamente, il consenso popolare pare infatti sia da cercare dove costi meno acquistarlo, magari anche quando non vi siano presupposti logici per farlo. Far contento un popolo, del resto, è da sempre molto più facile che farlo stare bene. Perché fra stare bene ed essere contenti possono correre profonde differenze.
Un altro parallelismo che accomuna ogm e calcio è nelle modalità espressive, sia dei pro sia dei contro. Il dibattito, come detto, non c’è mai stato davvero. Sono invece proliferati cori da stadio e prese di posizione da veri ultrà, cioè quelle che portano spesso alla sospensione dei campi da gioco con somma rabbia di tutti, pubblico e giocatori compresi.
A riprova di quanto sopra, spicca il Tweet di Gian Luca Galletti, attuale ministro dell'Ambiente italiano, il quale pare sia partito dall’Italia per portare a Bruxelles solo la voce dei no, dimenticandosi come al solito quella dei si: "A Lussemburgo per consiglio dell'ambiente Ue, ribadisco no Italia a ogm. Partita da vincere, come quelle di Brasil 2014". Ed eccoci di nuovo al calcio: il no è stato deciso prima ancora di giocare la partita sul piano scientifico, quasi fosse un due a zero a tavolino affibbiato agli sfidanti per mancata presentazione della squadra. Peccato che la squadra dei favorevoli agli ogm sia da sempre imbavagliata mediaticamente, rendendole di fatto impossibile giocare in una partita dove si sapeva fin dall’inizio chi dovesse essere il vincitore acclamato dalle folle.
E così, oggi l’Italia potrà dire no perfino a Bruxelles, ultimo baluardo razionale contro la marea di feticci grotteschi perennemente agitati dai demagoghi del no a prescindere.
Da un lato la decisione di rendere indipendenti gli Stati membri in materia di scelte pro o contro ogm può anche fare piacere: ognuno si prenderà le proprie responsabilità e dovrà quindi rendere conto delle proprie decisioni di qui a qualche anno. Dall’altro sprofonda invece nel baratro il partito favorevole agli ogm, dato che tale decisione rappresenta una sorta di pietra tombale sulle residue chance per le colture biotech di essere seminate in Italia, Paese del Bio, del tipico, del KmZero e dei siti archeologici in progressivo disfacimento, come Pompei, tanto per citarne uno. Veri emblemi del degrado economico, culturale, tecnologico e quindi sociale che attanaglia lo Stivale.
Qualcuno pagherà per queste decisioni antistoriche? Improbabile. L’Italia è quello strano Paese dove nessuno paga mai per le derive impresse dalle proprie classi dirigenti, politiche o sindacali che siano.
Al contrario, nei Paesi del Nord Europa è presumibile che la politica cercherà di affrontare la questione ogm sul piano scientifico ed economico, conscia di poggiare su un elettorato poco incline a dimenticare gli errori decisionali.
In Italia vi è oggi il rischio che venga quindi sdoganato il solito messaggio furbetto, fittiziamente rassicurante, circa le decisioni prese a protezione della salute, dell’ambiente, del tipico e del patrimonio artistico nazionale. Del resto, c’è anche chi, nelle alte sfere, continua a propugnare il Bio e l’agriturismo quali uniche vie di sviluppo dell’agroalimentare italiano, cavalcando maliziosamente la menzogna che vuole gli ogm inutili per la nostra agricoltura.
Lascia quindi l’amaro in bocca il commovente tentativo della Senatrice a vita Elena Cattaneo, affermata scienziata prestata alla politica, di portare la voce dei si all’attenzione dei media e della gente. Nella sua intervista rilasciata al Corriere della Sera, la Senatrice caldeggia infatti la rivalutazione delle biotecnologie apparendo in tal modo come il classico ingenuo che spera di vuotare il mare con un bicchiere. Ben poco vale purtroppo la sua voce, per quanto autorevole sia dal punto di vista scientifico, perché di scientifico il dibattito sugli ogm nulla ha.
Né aiuteranno le prese di posizione di altre personalità di alto spessore scientifico, come Pierdomenico Perata, Rettore della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, né quelle degli accademici dei Lincei, né tanto meno varranno agli occhi dei pasionari anti-biotech i pareri di quell’Efsa che da Parma si esprime costantemente a favore delle colture geneticamente migliorate.
Tutti pareri tanto autorevoli quanto favorevoli che restano purtroppo lettera morta in un Paese rimasto con il cuore (tanto) e la testa (poca) ai tempi di Dante, di Petrarca e dei trasporti a trazione animale. Pure poco aiuterà l’Italia, in vera e propria caduta libera quanto ad autosufficienza alimentare, la creazione di una banca dati di ricerche e articoli sugli ogm, i quali in futuro potranno confermarsi strumenti preziosi in ampie porzioni del Globo, ma non in questa Italia, tanto innamorata del proprio passato quanto irrazionale e autolesionista quando guarda al proprio futuro.
Di certo, ora come ora il Popolo italiano sarà ancora meno attento al tema in questione: anche se ha battuto l’Inghilterra due a uno, l'attenzione è tutta rivolta ai prossimi turni. Perché nel Brasile del biotech a perdita d'occhio nei campi coltivati, quello che l’Italiano medio saprà vedere saranno probabilmente solo i campi di calcio, con i dribbling di qualche giocatore al quale, visti gli stipendi che prendono, del declino economico e tecnologico azzurro interessa meno di una rimessa laterale.