Il pioppo è una pianta coltivata in Italia da lungo tempo per l'ottenimento di materiale destinato sia alla produzione di pannelli di legno, sia per ottenere pasta di cellulosa per le cartiere o come biomassa per usi energetici (cippato). Se i primi tentativi di miglioramento genetico risalgono ad oltre un secolo fa, quando il regime fascista chiedeva che l'Italia fosse autosufficiente nella produzione di carta, oggi la ricerca ha fatto grandi passi avanti e sono disponibili cloni di pioppo che offrono ottime performance sia in termini di crescita che di resistenza alle principali avversità.

 

Negli anni d'oro in Italia si coltivavano oltre 100mila ettari di pioppeti, crollati tra il 2010 e il 2015 a causa delle basse quotazioni del legno. Oggi l'interesse degli agricoltori verso questa coltura sta aumentando e così anche le superfici, che si attestano intorno ai 46mila ettari. Il pioppeto infatti richiede bassi investimenti sia dal punto di vista economico che del tempo dedicato alla gestione degli impianti. Tuttavia, se si vuole ottenere un ritorno soddisfacente sull'investimento è necessario conoscere bene le necessità di questa cultura e avere un approccio professionale. Anche perché, a differenza delle colture annuali, il pioppo si sviluppa su un lasso di tempo lungo, all'incirca di dieci anni.

 

Per capire quali sono i bisogni di questa coltura e le prospettive per l'agricoltore abbiamo intervistato Giuseppe Nervo, dirigente di ricerca del Crea e responsabile della sede di Casale Monferrato (Al), che da anni lavora sulla coltura del pioppo. E proprio Nervo ha pubblicato un articolo su Crea Futuro, la rivista di divulgazione del Crea.

 

Un pioppeto in primavera

Un pioppeto in primavera

(Fonte foto: Crea)

 

"Grazie al lavoro di miglioramento genetico portato avanti da tempo soprattutto dal Crea, oggi sono disponibili dei cloni resistenti alle principali avversità biotiche che interessano il pioppo. Si tratta di piante che crescono piuttosto velocemente e che offrono buone performance per quanto riguarda la produzione di legno. Inoltre stiamo anche lavorando sul tema dell'adattamento ai cambiamenti climatici", sottolinea Nervo.

 

"Tuttavia, per avere produzioni qualitativamente elevate, in grado di generare un ritorno economico soddisfacente, è necessario un approccio professionale a questa coltura, che è sì rustica e poco impegnativa, ma che non può essere lasciata a se stessa".

 

 

 

Il territorio e l'importanza del fattore acqua

La prima cosa da tenere in considerazione è che il pioppo ha bisogno di un'ampia disponibilità di acqua e predilige terreni profondi e freschi. Per questo motivo la sua coltivazione si concentra prevalentemente nella Pianura padano veneta, tra Piemonte, Lombardia, Emilia, Veneto, fino al Friuli Venezia Giulia e soprattutto nei pressi dei grandi fiumi. In particolare predilige le aree golenali, intese come lo spazio tra la riva del fiume e il suo argine. Per avere buone produzioni, dunque, occorre avere terreni fertili con abbondante disponibilità idrica.

 

"Dato che le giovani piante vengono messe a dimora senza radici, ma come pioppelle tagliate in vivaio all'altezza del colletto, soprattutto nei primi due anni è necessario irrigare le piante in modo da facilitarne la radicazione", sottolinea Giuseppe Nervo. "Negli anni successivi si può anche ridurre o interrompere l'irrigazione, soprattutto se sono disponibili delle falde abbastanza superficiali, da cui le piante possono attingere. Tuttavia, nel caso di più annate siccitose, come quelle recenti, sarebbe bene sostenere la crescita delle piante con una irrigazione di soccorso per evitare danni alla produzione".

 

Lo stress idrico del pioppo può facilitare l'attacco di funghi e insetti dannosi

Lo stress idrico del pioppo può facilitare l'attacco di funghi e insetti dannosi

(Fonte foto: Crea)

 

Impianto: cicli brevi, medi e lunghi

Nel caso di impianti con cicli produttivi decennali solitamente si mettono a dimora 260-280 piante per ettaro. Le pioppelle di uno o due anni, provenienti dai vivai privi di radici e di rami, vengono interrati a circa 1 metro di profondità, in modo da offrire un'ampia superficie per lo sviluppo radicale. Nei primi due o tre anni vengono effettuate delle lavorazioni superficiali del terreno, ad esempio con erpici a dischi, in modo da eliminare la competizione con le piante infestanti. Negli anni successivi, invece, poiché le chiome coprono interamente il terreno, le lavorazioni diventano quasi superflue e generalmente si effettua un intervento anche solo di trinciatura o erpicatura nel periodo estivo.

 

Se gli impianti con ciclo decennale sono i più diffusi in quanto più redditizzi, è anche possibile avere cicli più brevi o più lunghi. "Nel caso di cicli più brevi si mettono a dimora anche 10mila piante ad ettaro, le quali vengono raccolte dopo due-tre anni con delle macchine che trinciano tutta la biomassa analogamente a quanto si fa con il mais", racconta Nervo. "Il cippato viene poi destinato per la produzione di pasta di cellulosa, di pellet o di pannelli di basso valore".

 

La trinciatura di un pioppeto a ciclo biennale

La trinciatura di un pioppeto a ciclo biennale

(Fonte foto: Crea)

 

È anche possibile realizzare piantagioni a turno quinquennale, con investimenti di 1.200-1.400 piante ad ettaro. In questo caso si scelgono cloni con buona capacità di ricaccio, in quanto dopo la ceduazione (il taglio del tronco) dal colletto nascono nuove piante che verranno a loro volta tagliate dopo due o tre anni. In questo modo si prolunga la vita dell'impianto, che se gestito in modo corretto può durare anche trent'anni ed è in grado di generare un reddito costante nel tempo, anche se il prezzo della materia prima sul mercato non è molto elevato.

 

Altro caso è quello dei pioppeti con cicli più lunghi, mediamente di almeno quindici anni. In questo caso, solitamente, ai pioppi vengono associate anche altre specie arboree (farnia, noce, eccetera) a crescita più lenta, con tagli diversificati nel tempo (impianti policiclici), con l'obiettivo di avere per le diverse essenze tronchi di qualità e di dimensioni elevate.

 

Il ciclo di coltivazione più diffuso in Italia è quello decennale

Il ciclo di coltivazione più diffuso in Italia è quello decennale

(Fonte foto: Crea)

 

Genetica, benvenuti cloni MSA

La scelta del clone è un elemento cruciale per salvaguardare ed ottimizzare l'investimento. In Italia la varietà più diffusa è I-214, selezionata da Giovanni Jacometti alla fine degli Anni Venti del secolo scorso, in quanto resistente alla defogliazione primaverile dovuta al fungo Pollaccia elegans Serv. (forma conidica Venturia populina) e in grado di crescere velocemente, offrendo un legno leggero e facile da lavorare.

 

"Nonostante l'adattabilità ai diversi ambienti di coltivazione e l'ampia diffusione in tutto il mondo, anche a seguito dei cambiamenti climatici il clone I-214 è risultato particolarmente suscettibile a malattie, come la ruggine, e ad insetti, come l'afide lanigero. Questo spesso comporta la necessità di dover intervenire tempestivamente con dei trattamenti fitoiatrici per il contenimento dell'infezione, come si sta diffusamente verificando anche quest'anno", sottolinea Giuseppe Nervo.

 

"I ricercatori del Crea hanno intrapreso negli anni un lungo lavoro di miglioramento genetico del pioppo volto a selezionare varietà clonali a Maggiore Sostenibilità Ambientale, detti MSA. Si tratta di piante che offrono livelli elevati di resistenza genetica e richiedono quindi minori trattamenti, consentendo un abbattimento dei costi di produzione e una maggiore sostenibilità delle piantagioni con vantaggi ambientali per la qualità degli ecosistemi".

 

Di seguito riportiamo una tabella che riassume le caratteristiche di resistenza delle principali varietà sul mercato.

 

Tabella delle caratteristiche di resistenza delle principali varietà sul mercato

Tabella delle caratteristiche di resistenza delle principali varietà sul mercato

(Fonte foto: Crea)

 

"Va tuttavia sottolineato come l'industria di prima trasformazione sia spesso ancora oggi legata alla qualità ed alle caratteristiche tecnologiche del legno del clone I-214, ben conosciute e apprezzate. Anche i cloni MSA tuttavia offrono numerosi vantaggi e alcune aziende, come quelle che producono pannelli strutturali per l'edilizia, per la logistica o pallet, ne apprezzano la robustezza. Resta il fatto che il pioppicoltore, al momento dell'impianto, deve saper valutare le scelte da fare sia in termini varietali che di modalità di gestione colturale, tenendo conto delle esigenze e dei prezzi forniti da acquirenti ed utilizzatori finali".

 

Difesa più semplice coi cloni MSA

Il pioppo è una pianta piuttosto rustica che in condizioni colturali adeguate richiede un numero limitato di trattamenti. La principale avversità è rappresentata dall'afide lanigero (Phloeomyzus passerinii), un insetto che nutrendosi della linfa indebolisce le piante e in annate con un andamento climatico favorevole, come il 2024, può seriamente compromettere la produttività dell'impianto.

 

"Anche se il numero dei principi attivi ammessi è molto limitato rispetto al passato, i pioppicoltori hanno comunque a disposizione alcuni prodotti per la difesa, oltre all'impiego dei cloni resistenti", spiega Nervo.

 

Sono invece di origine fungina due malattie che colpiscono la chioma: la bronzatura (Marssonina brunnea) e la ruggine (Melampsora spp). Si tratta di funghi che creano delle necrosi sulle foglie con abbondante filloptosi, riducendo il metabolismo e quindi la capacità fotosintetica delle piante, rallentandone significativamente lo sviluppo. Anche in questo caso, se non ci usano cloni MSA è necessario effettuare dei trattamenti a seconda dei livelli di suscettibilità delle cultivar.

 

Non desta invece preoccupazione la defogliazione primaverile causata da Venturia populina, un'altra malattia fungina della chioma che tuttavia viene controllata egregiamente dalle resistenze genetiche selezionate già il secolo scorso.

 

"L'utilizzo di cloni MSA consente pertanto una significativa riduzione dei trattamenti, che comunque devono essere effettuati nei primi anni dopo l'impianto per il controllo degli insetti del legno particolarmente dannosi per il pioppo, come il tarlo vespa (Paranthrene tabaniformis), oltre ad interventi per il contenimento di ifantria americana (Hyphantria cunea) e del coleottero giapponese (Popillia japonica), quando ritenuti necessari a seguito di monitoraggio".

 

Tabella dei principi attivi attualmente registrati per il pioppo e rispettive avversità

Tabella dei principi attivi attualmente registrati per il pioppo e rispettive avversità

(Fonte foto: Crea)

 

Concimazione, senza troppe pretese

Il pioppo è una pianta che ha poche esigenze dal punto di vista della nutrizione. Se nei primi due anni dall'impianto è bene fornire i principali macroelementi per far partire bene le piante, negli anni successivi si può invece sospendere la concimazione, a meno che non si operi in terreni sciolti, dove la disponibilità dei nutrienti è generalmente scarsa.

 

In terreni fertili, e ancora di più in quelli profondi e freschi, l'apparato radicale del pioppo è in grado di reperire i nutrienti di cui ha bisogno. "Sono in corso anche degli studi per verificare se il pioppo sia in grado di instaurare un rapporto simbiotico con alcuni batteri e/o micorrize in grado di assorbire l'azoto atmosferico, un po' come accade nelle leguminose", racconta Giuseppe Nervo.

 

Naturalmente, se si vuole avere una crescita più veloce delle piante, in modo da accorciare il ciclo produttivo di uno o anche due anni, ottenendo rapidamente piante con circonferenze adeguate (110-130 centimetri), come richiesto dal mercato, può essere necessario prevedere una concimazione più spinta, senza però esagerare.

 

Potatura, essenziale per la qualità

"Se si vuole produrre un legno di qualità è assolutamente necessario potare le piante fin dall'anno successivo all'impianto per correggere le punte, eliminare le doppie cime e i rami turionali assurgenti", ci tiene a sottolineare Nervo. "Ciò consente di garantire una buona dominanza apicale per favorire la drittezza del fusto ed evitare la formazione di grossi nodi. Negli anni successivi vanno eliminati gradualmente i rami laterali fino a 6-8 metri da terra (potatura di pulizia del fusto) che possono deprezzare il legno destinato alla produzione di compensato di qualità".

 

Soprattutto nei primi anni è dunque necessario entrare in campo periodicamente per effettuare gli interventi più opportuni in modo tempestivo, con particolare riguardo per la potatura, che è d'altronde l'attività più onerosa per l'azienda pioppicola. È anche vero che deve essere effettuata durante i mesi invernali, quando di solito gli agricoltori hanno meno impegni.

 

Attrezzature: investimenti limitati

Di solito un'azienda agricola che diversifica le proprie attività colturali investendo anche nel pioppo è in possesso di quasi tutte le attrezzature necessarie alla gestione dell'impianto. È opportuno poter disporre di attrezzi per la lavorazione superficiale del terreno nella prima metà del turno, impiegando erpici a dischi o trinciaerba, ma vanno bene anche frese o erpici rotanti.

 

Nella seconda metà del turno queste operazioni colturali possono essere sostituite dall'inerbimento controllato con soli interventi di sfalcio o di trinciatura della vegetazione spontanea.

 

Serve poi un atomizzatore in grado di irrorare i prodotti fitosanitari sulla chioma dei pioppi, anche quando questi hanno raggiunto la massima altezza, pari a 20-25 metri. Se si vuole procedere in autonomia all'impianto serve poi una trivella, dal costo contenuto, per predisporre le buche per l'impianto almeno di 1 metro di profondità.

 

Un vivaio di pioppi

Un vivaio di pioppi

(Fonte foto: Crea)

 

Occorre poi avere delle piattaforme aeree o di cestelli, capaci di arrivare almeno a 7-8 metri, in modo da portare in quota i potatori. Mentre, a seconda del terreno e dell'areale, è bene dotarsi di un sistema di irrigazione, che può andare dal semplice rotolone usato per il mais fino ai più sofisticati impianti di irrigazione localizzata o di subirrigazione.

 

Per il taglio e la prima lavorazione delle piante, invece, di solito ci si affida ai contoterzisti, che lavorano a stretto contatto con le aziende di trasformazione. Questi procedono al taglio delle piante e alla selezione dei toppi (porzioni di tronco) destinati alla trancia per la produzione dei pannelli di compensato. La parte superiore della pianta viene invece destinata alla produzione di pannelli in legno meno pregiati, come ad esempio i pannelli OSB o pannelli truciolari. La parte della chioma di diametro inferiore come i cimali ed i rami vengono cippati ed utilizzati come biomassa energetica o per la produzione di pasta di cellulosa.

 

Destinazione d'uso: puntare ai pannelli

Se si vuole avere un ritorno economico vantaggioso è necessario puntare alla produzione di piante di elevata qualità, maggiormente richieste dall'industria del pannello compensato, di cui l'Italia è tra i migliori produttori al mondo. Per capire che cosa serve alla filiera è necessario sapere dunque quali sono i differenti prodotti finiti.

 

Il prodotto più pregiato è il pannello di compensato. Il tronco di pioppo fino ad un'altezza di 7-8 metri, opportunamente tagliato in toppi di varia lunghezza, viene inserito all'interno di una linea di lavorazione per l'ottenimento di fogli di legno (sfogliato) di diverse dimensioni, dello spessore di pochi millimetri. Questi vengono poi asciugati e incollati l'uno sopra l'altro, incrociandoli, per essere poi pressati ottenendo in questo modo un pannello con diversi strati, leggero e resistente, che non si deforma nel corso del tempo e che è quindi è molto usato nella produzione di mobili, come nella cantieristica navale o per il rivestimento di roulotte e caravan.

 

Un altro prodotto piuttosto diffuso è il pannello OSB, prodotto a partire da scaglie di legno che vengono incollate e pressate per ottenere dei pannelli molto resistenti e versatili, ma esteticamente meno interessanti rispetto al compensato. Se invece delle scaglie di legno si usano dei trucioli di legno si ottengono i pannelli truciolari, certamente meno resistenti e qualitativamente inferiori, che generalmente vengono nobilitati con un rivestimento di fogli imbevuti di resina melaminica, con la quale è possibile ricreare in maniera realistica le naturali venature del legno.

 

I differenti prodotti ottenibili dal pioppo

I differenti prodotti ottenibili dal pioppo

(Fonte foto: Crea)

 

Altri semilavorati sono i pannelli di paniforte, composti da due facce esterne di piallaccio tipo pannelli di compensato, all'interno dei quali è presente del listellare di legno duro di varie dimensioni, che conferisce resistenza e rigidezza. Di ancora meno valore è il legno utilizzato per produrre pasta di cellulosa oppure biomassa per uso energetico, come il cippato, che si ottiene dalle porzioni meno nobili della piante quali rami e cimali.

 

Ritorno economico buono se si produce qualità

Veniamo ora alla parte strettamente economica della pioppicoltura. Quanto si guadagna a coltivare il pioppo? Giuseppe Nervo del Crea ci ha fornito alcuni numeri, che tuttavia devono essere ponderati, in quanto i costi di produzione, come la redditività, sono influenzati da innumerevoli fattori, primo fra tutti il prezzo del legno sui mercati di riferimento a seconda del periodo.

 

Fatte queste doverose premesse, è possibile ipotizzare qualche calcolo. All'interno di 1 ettaro di pioppeto sono presenti circa duecentosettanta-trecento piante, che attualmente possono essere vendute ad un prezzo di circa 100 euro a pianta. Questo significa un ricavo lordo di circa 30mila ad ettaro, a cui bisogna sottrarre mediamente circa 8mila euro di spese colturali, che portano ad un guadagno netto di 22mila euro in dieci anni di coltivazione, pari a 2.200 euro all'ettaro all'anno.

 

Non si tratta certamente di cifre elevate, ma comunque in grado di giustificare l'investimento iniziale e ripagare il lavoro del pioppicoltore anche in considerazione del fatto che il pioppo è una coltura poco impegnativa e che richiede un investimento di partenza relativamente contenuto.

 

"La vera incognita è tuttavia il prezzo di vendita, poiché l'agricoltore mette a dimora oggi qualcosa che venderà dopo dieci anni. Attualmente le quotazioni sono molto buone, ma in passato, quando gli industriali hanno preferito il prodotto estero, più economico ma anche di minore qualità, il prezzo era sceso fino a 70 euro a pianta (linea rossa nel grafico sotto, Ndr), compromettendo la sostenibilità economica della coltivazione e portando molti agricoltori ad abbandonare la coltivazione del pioppo per altre colture annuali più remunerative e meno rischiose",  sottolinea Nervo.

 

Grafico: l'andamento dei prezzi dei vari sottoprodotti del pioppo. Come si vede, tra il 2013 e il 2015, il pioppo da trancia, quello usato per i pannelli di compensato, ha subìto un brusco deprezzamento

L'andamento dei prezzi dei vari sottoprodotti del pioppo. Come si vede, tra il 2013 e il 2015, il pioppo da trancia, quello usato per i pannelli di compensato, ha subìto un brusco deprezzamento

(Fonte foto: Crea)

 

"Per dare maggiore stabilità a tutto il settore sarebbero auspicabili dei contratti di filiera, che garantiscano all'agricoltore un giusto prezzo e all'industria la sicurezza su volumi e qualità del legno prodotto. Tuttavia, nonostante gli sforzi per proporre degli accordi di filiera anche a livello politico-istituzionale, non siamo mai riusciti a far passare questa linea, soprattutto a causa del ciclo colturale relativamente lungo del pioppeto rispetto ad altre colture agrarie".

 

Aiuti Pac e crediti di carbonio

Il pioppo non è una coltura che a livello di Primo pilastro della Politica Agricola Comune goda di particolari aiuti, come ad esempio quello accoppiato. Tuttavia, alcune regioni prevedono degli aiuti all'interno del Csr, Complemento per lo Sviluppo Rurale, non solo per l'impianto ma anche per il mantenimento, per quegli agricoltori che utilizzano cloni MSA, quindi a maggiore sostenibilità ambientale.


Una fonte di guadagno alternativa può provenire dai crediti di carbonio. Durante la propria crescita il pioppo, come ogni altra pianta, assorbe anidride carbonica dall'aria. In un'ottica di carbon farming dunque la biomassa legnosa, nel caso in cui venga destinata ad usi durevoli, può essere considerata come fonte di assorbimento netto di anidride carbonica e per questo ottenere l'emissione di crediti di carbonio.

 

Si consideri da questo punto di vista che un pioppeto produce circa 220 m3 di legno, all'interno dei quali sono sequestrate circa 24 tonnellate nette di CO2, considerando quindi anche le emissioni per il taglio e la lavorazione (dati progetto C-FARMs). Ebbene, 24 tonnellate di CO2 corrispondono a ventiquattro crediti di carbonio che, se venduti sul mercato al prezzo attuale, genererebbero un ricavo di 240 euro, quindi alquanto trascurabile. Ma se, come prevedono alcuni, il prezzo dovesse salire sensibilmente (si spera intorno ai 100 euro al credito), tutta l'operazione potrebbe farsi maggiormente interessante.

 

Il taglio del pioppo effettuato a mano con motosega

Il taglio del pioppo effettuato a mano con motosega

(Fonte foto: Crea)