USA verso il fuori giri produttivo, Russia che va a mezzo gas, in attesa di innalzare nuovamente le proprie produzioni agricole. USA che opinano sul set-aside, Russia che di terre incolte ne ha fin troppe e non riesce ancora a coltivarle tutte. USA che dà sussidi per la conservazione dei suoli e per l’utilizzo delle energie alternative, Russia che lamenta l’assenza di sussidi agli agricoltori semplicemente per acquistare fattori produttivi e per lavorare. USA depositari delle più avanzate tecnologie, Russia ansiosa invece di acquisirne. Mondi divisi da un muro, come una volta, o due vasi comunicanti in attesa di essere economicamente congiunti?

Chi avesse ancora l’idea che la Russia sia ormai un gigante ferito, schiacciato sotto le macerie del crollo comunista, beh, deve ricredersi. Konstantin Babkin, presidente di SoyuzAgromash (la Unacoma russa), inizia sparato, enfatizzando il raddoppio della produzione delle macchine agricole negli ultimi 3 anni: l’industria nazionale (72 differenti aziende) è cresciuta da 1,24 a 2,23 MMM $, con una previsione per il 2009 di 2,67 MMM $. Va molto forte la produzione di mietitrebbie, dei cingolati e dei trattori di grandi potenze. Il mercato russo delle macchine cresce quindi con percentuali a doppie cifre (soltanto le seminatrici crescono del 38%). L’acquisto interno è passato da 1,6 a circa 3,5 MMM $, con una previsione per il 2008 di 5 MMM $. Di questi, circa 1,7 MM $ sono importati. L’export, però, è di soli 250 MM $: ciò stimola la Russia verso gli sbocchi commerciali sull’estero, che sembra infatti avere ampi margini di crescita. Anche l’innovazione è galoppante: i nuovi tipi di macchine collaudate sono più che quadruplicate in soli 2 anni: da 35 a 120. 
Le aziende agricole medio-piccole, in Russia, sono più un’eccezione che una regola: solitamente sono grandi aziende, con elevate potenzialità produttive. Durante gli anni ’70 – prosegue Babkin – si sono toccati gli apici produttivi. Per esempio, di grano – nella Russia comunista degli anni ’80 – se ne producevano 127 MM Tons, ora siamo solamente a 82 MM Tons, dopo aver però toccato il fondo nel 2000, con soli 67,6 MM Tons. Gli ettari coltivati a grano sono stati 124 MM nel 1980: oggi sono solo 76 MM. Una rapida manata di conti ci porta perciò a considerare che da oltre 30 anni la produzione media per ettaro è di poco superiore a 1 tons/ha: una miseria. Con l’adozione di nuove tecnologie, e la riconquista dei terreni lasciati incolti per decenni, a quali livelli produttivi potrà arrivare il colosso ex-sovietico? La stessa domanda credo se la siano posta molti Paesi, come pure credo faccia tintinnare i registratori di cassa di centinaia di aziende produttrici di mezzi tecnici e macchinari. Per il 2020 – ipotizza Babkin – si pensa di ritornare a produrre ad alti livelli. Gli obiettivi a breve sono quindi di oltre 140 MM Tons di grano, per marciare poi al completo sfruttamento dell’intero potenziale produttivo, che si stima in 300 MM Tons. La fotografia ad oggi, però, ci dice che la produzione nazionale non appare sufficiente a soddisfare a domanda interna. Nonostante ciò la Russia oggi esporta grano. Un dazio verso l’export (+40% sul prezzo) ha comunque cercato di mantenere i cereali sul territorio russo. Ora – sostiene Babkin – dovrebbe essere tolto. Circa i prezzi del frumento Babkin ricorda come in Russia essi siano circa 1/3 più bassi di quelli internazionali.
Tornando al discorso meccanizzazione, Babkin rammenta come molti componenti nelle macchine russe siano di origine europea. Le partnership possono crescere ancora in modo importante. I sussidi agli agricoltori (all’ettaro) sono circa 40 volte più bassi rispetto a quelli europei. Le tasse sono ancora molto elevate, come pure i prezzi dei carburanti sono più alti, per esempio, che in America. SoyuzAgromash – conclude Babkin – lavora attivamente a livello istituzionale, promuove programmi educazionali, relazioni internazionali, exhibitions. Si vorrebbe vedere più sostegno all’export: la sua mancanza impedisce oggi agli agricoltori sovietici di partecipare ai mercati internazionali. Anche lo sviluppo delle infrastrutture per il trade viene chiesto a gran voce.
Babkin conclude dando appuntamento al 19-22 Novembre, per l’Agrosalon a Mosca: per la Russia, l’expò si mostra una delle iniziative più strategiche per connettere nel migliore dei modi i nuovi potenziali partners da coinvolgere nella risalita dell’agricoltura nazionale.

Seduto proprio al fianco di Babkin, sornioneggia Russel “Rusty” Fowler, dagli USA. Un tempo, tale vicinanza avrebbe lasciato pensare solo a trattative su quante testate nucleari dismettere (o far finta di). Oggi, i due ex-rivali storici siedono gomito a gomito, mostrandosi così a proprio agio da far capire che il mondo è davvero cambiato.

Fowler, in rappresentanza dei costruttori americani, fornisce subito una panoramica del mondo agricolo statunitense: oltre 370 MM di ha coltivati, più di 2 MM di aziende agricole, di cui il 90% a conduzione famigliare con meno di 250.000 $ annui di reddito, proventi che a Fowler – evidentemente – sembrano scarsi. Il valore fornito complessivamente dagli agricoltori USA è di 92 MMM $, il 75% del quale è prodotto dal 10% delle aziende, quelle cioè di grandi dimensioni. Va sottolineato come sia umoristico parlare di “piccole” e “grandi” aziende quando si tratti degli USA: per “piccole” aziende si parla di realtà imprenditoriali che, di media, hanno 72 ha. Quelle grandi, sempre di media, di ettari ne vantano 382. La media nazionale è quindi di ben 182 ha/azienda.
 Lo scenario attuale è conseguenza di un processo inarrestabile, che ha visto gli agricoltori decrescere di quasi il 70% rispetto ai 6,5 MM registrati nel 1920. Di concerto, l’ettarato medio è salito del 50% rispetto ai circa 120 ha del 1910. All’inizio del secolo scorso un solo agricoltore alimentava 25 persone, oggi ne alimenta circa 130. E’ aumentata pertanto anche la specializzazione colturale (monocultura) e l’acquisizione di alti livelli di automazione. California e Texas sono i due stati più produttivi in termini di cereali, latte e carni. Seguono Florida, Illinois, Kansas, Minnesota e Nebraska. Sono 38 MM gli ettari coltivati a mais (+19% rispetto al 2006), anche se si prevede un calo verso i 35 MM nel 2008. Per la soia ci sono quasi 26 MM ha (+16% verso il 2006). Il prezzo della soia è oggi quasi il quadruplo di quello del mais: 4,61 vs. 13 $/bushel (1 bushel = 35 L). Per questo motivo si prevede una crescita fino ai 30 MM di ettari investiti con la preziosa leguminosa iperproteica. E per le bioenergie? Si prevedono nel 2008 quasi 12 MMM di galloni di bioetanolo derivante dal mais (1 gallone US = circa 3,78 L). A causa dell’aumento dei consumi però, gli stock di mais e grano si sono abbassati sempre più. Sulla meccanizzazione Fowler non batte ciglio nello snocciolare i dati: rispetto allo stesso periodo del 2007, oggi si registra un calo del 21% nelle vendite dei trattori <40 Cv, del 18,4% delle trattrici tra 40 e 100 Cv, mentre sono in crescita le alte potenze (+28,2% per i >100 Cv) e le mietitrebbie (+10,8%).
Per quanto le due economie, americana e russa, siano ben lontane tra loro, c’è comunque un’analogia storica: negli anni ’70 si sono toccati anche negli USA i vertici dei volumi produttivi nel comparto meccanizzazione. Allora, si erano attestate sopra le 30.000 le mietitrebbie e sopra i 60.000 i trattori > 100 Cv. Nel giro di pochi anni si è scesi rispettivamente a 10.000 e 25.000. I volumi son poi rimasti poco inferiori a quelli dei primi anni ‘80. A oggi sono 7.000 e 20.000. Di certo, le macchine sono sempre più grandi e produttive, questo compensa il calo numerico. Attualmente vi sono circa 82 MMM $ di revenue dei macchinari, con 6,2 MMM $ di export. L’innovazione punta soprattutto sui biofuels (anche come biomasse), sulla guida automatica (GPS) per andare incontro alle necessità di automazione (scelta avvantaggiata dalle grandi superfici aziendali), la Precision Farming e la conservazione dei suoli.
Fowler conclude il proprio intervento presentando il cosiddetto “The Farm Bill”: è l’atto per il cibo, la conservazione e l’energia. Dapprima caduto sotto il veto del presidente Bush, è stato poi riaffermato dal Congresso. Il suo intento è quello di incentivare l’uso di energie alternative, le pratiche per la conservazione dei suoli e i programmi per la fornitura di cibo. Anche per Fowler il set-aside non ha più senso oggigiorno. I sussidi devono andare nella direzione dell’investimento, non della mancata produzione.

 

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