Il futuro del vino è in mano ai giovani. Questo è un dato innegabile e incontrovertibile. È la ruota dell'anagrafe che gira, anche se sulle tendenze dei consumi i dati non sono così omogenei. Nel corso dell'ultima edizione di Vinitaly è stata presentata una indagine dell'Osservatorio del mondo agricolo Enpaia-Censis intitolata "Il consumo di vino per generazioni. Analogie e differenze dei modelli di consumo per età".

 

La sorpresa è un'inversione dei consumi fra i giovani, che bevono sempre più vino, mentre si riduce il numero di consumatori con più di trentacinque anni. Non sembra essere così, almeno a sentire quanto ci racconta Cristiana Lauro su Il Sole 24 Ore, nel Nord America, dove Millennials e Generazione Z si stanno orientando su bevande a basso contenuto alcolico: gli hard seltzer (sodati alcolici).

 

I motivi di un minore consumo di vino sono legati in parte all'incremento dei prezzi di acquisto (+6,2% l'aumento dei prezzi delle bottiglie fra il 2021 e il 2023), dal momento che l'inflazione e l'aumento dei costi di produzione (energia, affitti, agrofarmaci, trattrici e mezzi agricoli, riparazioni, eccetera) hanno spinto i produttori ad incrementare il costo delle bottiglie (e dove non lo hanno fatto direttamente ci ha pensato il trade) e in parte ad un fattore culturale.

 

Si è persa, rispetto al passato, la conoscenza del vino, la cultura del prodotto, la ricerca di abbinamenti, mentre sono rimasti gli aspetti del bere in compagnia. Ma capita, talvolta, che i consumatori più adulti siano anche i più consapevoli, meno propensi a bere per alterarsi.

 

Come conquistare i giovani, che sono nient'altro che i consumatori di oggi e, soprattutto, per i prossimi lunghi anni a venire, i consumatori di domani?
La promozione, lo studio, la cultura restano driver privilegiati per favorire un consumo consapevole. L'Italia, che nel decennio 2010-2020 ha visto diminuire le aziende agricole con coltivazione a vigneto da 389mila a 255mila (-34%), senza che questo ridimensionamento abbia influito sulle superfici destinate alla viticoltura (-5%), può contare su un patrimonio varietale unico, con quasi seicento vitigni e 1.500 vini, tanto da essere un baluardo della biodiversità.

 

Comunicare simili punti di forza, una "biblioteca" del vino che peraltro si sposa benissimo non solo con la varietà della cucina provinciale italiana dei mille campanili, ma anche con tutte le cucine del mondo, può avvicinare i giovani al consumo consapevole di vino.

 

Servono, quindi, le giuste leve per comunicare con i giovani, per raccontare le peculiarità dei vini, dei vitigni, la storia delle aziende e dei pionieri, le curiosità. I giovani, in particolare, hanno bisogno di una formazione rapida, intessuta di aneddoti, veloce. Oggi i giovani sono voraci fruitori di social, inutile perdersi con dotte lezioni estenuanti per lunghezza temporale, fermiamoci semmai al dotto, perché non è vero che chi è giovane è superficiale e distratto. Semplicemente si appassiona in maniera diversa e ha approcci differenti rispetto agli adulti.

 

Il vino non va demonizzato e nemmeno assolto, va raccontato, spiegato. Servono corsi? Non è detto, un primo approccio dovrebbe avvenire in casa, con i nonni o i genitori a trasmettere i primi rudimenti di una cultura della degustazione e della moderazione.

 

Il made in Italy del vino ha tutte le carte in regola per vincere sui mercati, facendo leva sulla biodiversità e sulla sostenibilità, quest'ultimo aspetto particolarmente sentito dai consumatori green, che sono perlopiù giovani (ma non solo).

 

C'è un futuro nel vino. Servono strategie consapevoli di comunicazione e promozione, che passano anche da un modello di consumo abbinato al cibo come avviene da sempre in Italia. Eviteremmo così gli inciampi di campagne mediatiche che demonizzano l'alcol, dimenticando che in passato le strategie proibizioniste non sono state vincenti. Anzi. Brindiamo ai giovani, con un bicchiere in mano e uno smartphone nell'altra, ma solo per girare video tutorial per accrescere la cultura fra i nuovi consumatori.