Miliardi in fumo
Complessivamente le imprese agricole hanno perso 6 miliardi. A causa soprattutto del cambiamento climatico e della siccità, del caro energia e conseguente aumento dei costi dei concimi.
Lo scrivono Michelangelo Borrillo e Milena Gabanelli sul Corriere della Sera del 21 novembre analizzando nella consueta rubrica "Data Room" i numeri dell'agricoltura.
Si evidenzia così il calo del 7,4% della produzione di grano duro e la flessione del 9% del grano tenero.
Ancor più pesanti i dati sulla produzione di olio, che secondo Unaprol è scesa del 30%.
Nemmeno la vendemmia si salva, ma riduce le perdite al 10%.
Alla base di questi numeri "in rosso" è la carenza di acqua, bene prezioso che secondo il Centro Studi Divulga è indispensabile per la nostra agricoltura, costretta a ricorrere all'irrigazione per il 42% della produzione.
Con questi numeri si rende sempre più necessaria una politica di gestione delle risorse idriche e a questo proposito l'articolo ricorda che dal 2014 esiste un "Piano strategico nazionale" per l'adattamento ai mutamenti climatici.
Il Piano prevede fra l'altro la costruzione di invasi per trattenere l'acqua piovana, ma al momento è solo il 10% quella che si raccoglie.
Mentre si progetta la costruzione di nuovi invasi, è necessario utilizzare al meglio l'acqua della quale si dispone, evitando le dispersioni e gli sprechi.
Fondamentale a questo fine l'agricoltura di precisione che consente di risparmiare in alcuni casi anche il 20% dell'acqua per irrigare.
Il passo successivo è quello della selezione di varietà vegetali resistenti alla siccità.
Le "forme" del credito
Il periodico Focus del 22 novembre spiega come le forme di Parmigiano Reggiano possano rappresentare una garanzia per le operazioni di credito finanziario.
Il primo a "inventarsi" questa formula fu il Credito Emiliano nel 1953 e ancora oggi sono centinaia di migliaia le forme "depositate" nel magazzini di stagionatura quale pegno per i crediti concessi.
Come intuibile, sono in particolare i produttori di Parmigiano Reggiano i più interessati a questa strategia finanziaria quando vi è la necessità di liquidità per le attività produttive.
Al termine della stagionatura le forme potranno essere commercializzate per onorare il debito contratto.
In caso contrario, conclude l'articolo, si potranno lasciare le forme alla banca, che provvederà essa stessa a venderle, guadagnandoci.
L'insetto, meglio in mangiatoia
Sarà necessario attendere un radicale mutamento delle abitudini alimentari prima di vedere sulle nostre tavole cibi realizzati con insetti.
Ma già ora l'allevamento degli insetti può rappresentare una valida opportunità nell'alimentazione degli animali.
E' quanto emerge dall'intervista raccolta da Silvia Nucini con Beppe Tresso (di Bef biosystem) pubblicata sul periodico Vanity Fair del 23 novembre.
Come racconta lo stesso Tresso, la sua azienda si occupa dell'allevamento della "mosca soldato" dalla quale realizzare alimenti ad alto contenuto proteico da destinare agli animali.
Un percorso circolare che inizia dagli scarti di produzione delle aziende alimentari, che dopo la sanificazione si trasformano in substrato per l'allevamento e al termine del ciclo divengono concime.
Il destino degli insetti è quello di trasformarsi in farine per mangimi, ma è allo studio la possibilità di separare i grassi e dall'esoscheletro ricavare chitina e acido laurico, la prima utilizzata nell'industria chimica e il secondo nei cosmetici.
Pensando alla crescita della popolazione mondiale e all'esigenza di sfamare un sempre maggior numero di persone, l'articolo ricorda che un chilo di farina di insetti mangiato dagli animali da allevamento fa risparmiare 2 o 3 kg di soia, che rimangono disponibili per l'alimentazione umana.
Voucher, a chi non piace
Tempo fa il mondo agricolo, alla prese con la carenza di manodopera stagionale, aveva chiesto il ritorno dei voucher, che ora il nuovo Governo si appresta a ripristinare.
Una decisione che Il Fatto in edicola il 24 novembre commenta con toni aspramente critici.
Carlo Di Foggia, che firma l'articolo, ripercorre le tappe della storia dei buoni lavoro, introdotti nel 2003 per poi vedere ampliare il loro raggio di azione a partire dal 2008 e infine eliminati nel 2017 sotto la spinta di talune richieste sindacali.
Il loro posto è stato preso dai "Presto" e dai "libretti famiglia", ma il totale delle ore utilizzato è crollato.
Ora il Governo intende reintrodurli con un limite di 10mila euro (ora è di 5mila euro) e il loro raggio di azione incorporerà braccianti e lavoratori agricoli.
Raddoppia anche il limite dei dipendenti delle imprese, che dagli attuali 5 sale a 10.
Il timore espresso nell'articolo è che il ritorno dei voucher favorisca una precarizzazione del lavoro, in particolare dei giovani.
A questo proposito si rammenta che nel 2008 la quasi totalità dei voucher erano utilizzati in campo agricolo, quota scesa nel 2016 al solo 1,1% mentre aumentava l'impiego alle voci "servizi" e "altre attività".
Cibo artificiale, no grazie
Ha riscosso l'attenzione dei media il XX Forum sull'agroalimentare che si è svolto a Roma in questi giorni.
Fra i vari argomenti affrontati, quello degli alimenti ottenuti in laboratorio, a iniziare dalla carne artificiale.
Attilio Barbieri affronta l'argomento sulle pagine di Libero del 25 novembre ricordando che il Crea, il Consiglio per la ricerca in agricoltura, avvierà un'indagine per verificare la reale sicurezza e qualità di questi alimenti.
Contro i cibi artificiali il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini, ha presentato una petizione che ha raccolto circa 200mila firme, mentre al contempo alcune analisi sull'andamento dei consumi confermano l'apprezzamento per il cibo made in Italy e in particolare per i prodotti a marchio di origine.
Dietro al "cibo Frankestein", come sono definite le produzioni di alimenti artificiali, si celano le strategie delle multinazionali che con abili operazioni di marketing puntano a modificare gli stili alimentari e a omologare i gusti.
A fronte di queste denunce il il vicepresidente della Commissione Europea Frans Timmermans ha tenuto a precisare che non ci sono progetti dell'Unione europea per lo sviluppo del cibo sintetico.
Dimenticando forse i fondi che già sono stati stanziati da Bruxelles e dei quali nemmeno l'articolo sembra ricordarsi.
Dall'olio all'Irpef
Sono numerosi gli argomenti di interesse per il settore agroalimentare quelli pubblicati su Il Sole 24 Ore del 26 novembre.
A iniziare dallo scenario descritto da Giorgio dell'Orefice per il settore dell'olio di oliva, che si appresta a chiudere un'annata 2022-2023 al minimo storico.
Le stime parlano di una produzione di sole 200mila tonnellate, quando all'inizio degli anni 2000 eravamo oltre le 700mila.
Il pesante buco produttivo si fa sentire inevitabilmente sia sul fronte dei consumi interni, sia per il fatturato delle imprese che esportano.
Le cause di questa caduta della produzione sono soprattutto strutturali, ma anche legate all'andamento del clima.
Andrea Carrassi, direttore di Assitol, teme che questa situazione porti ad un aumento dei prezzi che non aiuterebbe il rilancio dell'olio extravergine.
Altro argomento affrontato nello stesso giorno sulle pagine de Il Sole 24 Ore è quello delle novità in tema di imballaggi, argomento affrontato da Silvia Marzialetti.
Il 30 novembre a Bruxelles si dovrà discutere la revisione della direttiva sui rifiuti di imballaggio, che potrebbe coinvolgere da vicino il settore dell'ortofrutta.
Fra le proposte in ballo c'è quella del passaggio al bio e alla compostabilità di alcuni materiali, come i bollini adesivi posti su frutta e verdura e il divieto di utilizzare imballi monouso per i prodotti ortofrutticoli freschi.
Le cooperative di otto paesi, fra i quali l'Italia, chiedono alla Commissione europea un percorso graduale e armonizzato, che renda questa transizione compatibile con le esigenze del settore.
C'è intanto la conferma, anche questa notizia è pubblicata su Il Sole 24 Ore del 26 novembre, che sarà estesa al 2023 l'agevolazione sul pagamento dell'Irpef sui terreni.
Per i coltivatori diretti e gli imprenditori agricoli professionali la norma prevede la non concorrenza alla formazione della base imponibile ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e delle relative addizionali, dei redditi dominicali e agrari.
Purché, avverte Alessandra Caputo autrice dell'articolo, che i soggetti interessati all'esenzione siano iscritti nella previdenza agricola.
Non possono invece beneficiare dell'esonero i soci delle società agricole in nome collettivo e in accomandita semplice.
Un tesoro da scoprire
Degli oltre 5mila prodotti agroalimentari tradizionali (i Pat) censiti delle regioni, e che si aggiungono ai prodotti a denominazione di origine, si sa praticamente tutto.
Come scrive Attilio Barbieri sulle pagine di Libero del 27 novembre, si tratta di un patrimonio irripetibile della cultura agroalimentare italiana, che è la migliore risposta al cibo artificiale prodotto in laboratorio.
Ben poco invece si conosce delle Denominazioni comunali di origine, le "Deco".
Colpa della mancanza di una legge dello Stato che ne disciplini registrazione, certificazione e comunicazione da parte del singolo comune.
Gli analisti del settore stimano che si possano individuare quasi tremila DeCo.
Una enorme ricchezza agroalimentare nascosta fra le pieghe dei territori e come si legge in conclusione dell'articolo, spetta ai nuovi ministri Lollobrigida (Agricoltura) e Urso (Imprese e made in Italy) far emergere la loro potenzialità.
Ogni lunedì uno sguardo agli argomenti affrontati da quotidiani e periodici sui temi dell'agroalimentare e dell'agricoltura, letti e commentati nell'Edicola di AgroNotizie.
Nel rispetto del Diritto d'Autore, a partire dal 23 novembre 2020 non è più presente il link all'articolo recensito.