Si parla sempre più spesso di agricoltura rigenerativa come di una possibile alternativa produttiva in grado di generare cibo nutriente, sequestrare carbonio, aumentare la biodiversità e restituire fertilità ai suoli, migliorando nel contempo i servizi ecosistemici.
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Tra le varie pratiche rigenerative c'è l'integrazione animale, di cui si parla ancora poco nonostante sia tra le più efficaci e quella che dà i benefici nel più breve periodo. Inserire gli animali nei sistemi agricoli permette di migliorare la salute del suolo, gestire in modo naturale l'inerbimento e ridurre l'uso di fertilizzanti, generando anche un'ulteriore fonte di reddito.
Quando però l'allevamento è l'attività principale, o l'unica, entra in gioco una tecnica di agricoltura rigenerativa: il pascolo razionale. Consiste nello spostamento periodico degli animali, che quindi ruotano da parcella a parcella; in questo modo l'erba ha il tempo di rigenerarsi, si evita il sovrapascolamento e si riduce il rischio di patogeni. La tecnica del pascolo razionale aumenta il carbonio organico e la fertilità del suolo, migliora la sua struttura e lo rende più resistente all'erosione.
Al contrario, quando gli animali restano troppo a lungo su uno stesso appezzamento non si rispettano i tempi di recupero delle essenze foraggere che pian piano si esauriscono, degradando il suolo.
Per questo articolo abbiamo intervistato Arianna Marengo dell'azienda Pascoli di Amaltea che si trova in provincia di Cuneo, in Piemonte. Insieme a suo marito, Alessandro Boasso, gestiscono un allevamento impostato sul pascolo razionale: lui segue gli animali e la gestione dei prati, lei si occupa della trasformazione del latte in formaggi.
Arianna Marengo e Alessandro Boasso dei Pascoli di Amaltea
(Fonte: Pascoli di Amaltea)
Come funziona il pascolo razionale
Nel pascolo razionale gli animali vengono spostati continuamente. Ce lo spiega Arianna dei Pascoli di Amaltea: "Questo metodo prevede la parcellizzazione dei pascoli in parcelle molto piccole; si ha un carico di animali alto su una parcella piccola. In questo modo gli animali riescono a mangiare bene tutta l'erba che c'è nella parcella. Quindi, ogni giorno, o ogni due, si cambia parcella, così che gli animali non vadano a sovrapascolare, cioè a insistere troppo sulle erbe che a loro piacciono".
Il principio è semplice: il pascolo viene diviso in piccole sezioni delimitate da recinti mobili. Gli animali non accedono a tutto il terreno ma solo a una parcella per volta, senza perciò esaurire le risorse del prato. Le parcelle già utilizzate hanno così il tempo necessario per rigenerarsi e garantire il ricaccio delle piante. Le piante hanno, infatti, bisogno di un tempo di riposo sufficiente per ricostituire e immagazzinare le riserve di nutrienti necessarie alla loro sopravvivere e utili per l'alimentazione animale. Lo conferma anche Arianna Marengo: "Questo metodo era stato teorizzato da Voisin, un francese che aveva osservato come i bisonti selvaggi tornavano sui pascoli solo quando questi erano pronti".
André Marcel Voisin, agricoltore e biochimico francese, tra gli anni '40 e '50 ideò la tecnica del pascolo razionale a partire dall'osservazione del comportamento animale in natura. Secondo i suoi studi, gli animali non dovrebbero rimanere in una parcella per più di 3 giorni, perché da quel momento le piante iniziano a usare le riserve per il ricaccio. Se in quella fase vengono nuovamente brucate, si indeboliscono.
Per questo il pascolo razionale migliora lo sfruttamento delle risorse foraggere e massimizza il benessere degli animali. Inoltre, si gestiscono meglio anche le deiezioni che, invece di restare ferme per qualche mese come succede in un pascolo brado, nello spazio ristretto delle parcelle vengono calpestate spesso e si accelera la loro degradazione e l'assorbimento nel suolo.
Oggi, attraverso le tecnologie Gps si può mappare il terreno e suddividerlo in parcelle di superficie equivalente, e attraverso i recinti elettrici si possono spostare facilmente gli animali nelle varie parcelle. Questa tecnica è adatta a tutti gli animali: non è il tipo di bestiame a fare la differenza, ma la gestione del pascolo.
Pascoli di Amaltea, un esempio di pascolo razionale rigenerativo
"Abbiamo cominciato ad allevare animali al pascolo nel 2007, ma solo nel 2021 abbiamo cominciato con il pascolo razionale. Ci siamo affidati alla consulenza di Matteo Mancini di Deafal e di Mariana Donnola, esperta del settore in Italia", racconta Arianna Marengo.
L'azienda è composta da 15 ettari in gran parte dedicati al pascolo, ma con presenza anche di boschi. Qui Arianna e Alessandro allevano circa 70 pecore e 50 capre su prati stabili, senza lavorazioni né risemine.
(Fonte: Pascoli di Amaltea)
I prati stabili, infatti, non vengono mai toccati: "Anni fa avevamo provato a piantare dell'erba medica nell'unico terreno in piano che abbiamo. Il risultato non ci piaceva. L'erba medica è molto nutriente, quindi gli animali in teoria fanno più latte, ed è vero. Eppure non ha gusto, perché è un'unica erba. Ciò che a noi piace è la varietà delle piante, per questo facciamo anche parte del presidio Slow Food dei prati stabili e pascoli".
"Con il metodo del pascolo razionale - continua Arianna - non c'è bisogno di lavorare i prati e riseminare perché gli animali sfruttano bene il pascolo, non si impoverisce il terreno e c'è tantissima sostanza organica".
La prima differenza tra il pascolo razionale e quello brado tradizionale, infatti, sta proprio nella gestione delle risorse foraggere. A proposito del fenomeno del sovrapascolamento, Arianna ci spiega: "Prima di conoscere e applicare questo metodo, i nostri animali pascolavano su grandi parcelle ed erano molto selettivi: se per più giorni erano sulla stessa porzione di pascolo tendevano ad insistere sempre sulle erbe che preferivano e che quindi venivano sovrapascolate. Le erbe che a loro non piacevano venivano lasciate indietro e così crescevano troppo, diventavano dure, andavano a fiore e a seme. In questo modo già da agosto nei prati non avevamo più erba". Con il pascolo razionale, invece, si impedisce la scomparsa delle specie più gradite e si mantiene alta la biodiversità.
Oggi i prati stabili dei Pascoli di Amaltea sono ricchi di circa 30 essenze diverse: tarassaco, piantaggine, amaranto, achillea, equiseto, farinaccio, malva, lattuga selvatica, ortica, pisello selvatico, pratolina, primula, salvia selvatica, lassana, vedovella campestre, viola, tanaceto, camomilla, canapaccio, cerfoglio, finocchio selvatico, menta, origano selvatico, timo serpillo, pimpinella.
Il pascolo è suddiviso in 90 parcelle da 40x40 metri, pensate in base al numero degli animali. Ogni giorno viene pascolata una parcella diversa ma "in primavera - spiega Arianna - quando l'erba cresce veloce, pecore e capre restano su una parcella anche 2 giorni. In autunno, invece, basta mezza giornata. Gli animali tornano su una stessa parcella circa 5 o 6 volte nell'arco di una stagione, ovviamente dipende dalle annate".
Sin dall'inizio della conversione a questo tipo di pascolo i risultati sono stati evidenti: "L'erba ricaccia molto più facilmente e riusciamo a pascolare fino a fine novembre". Insomma, riescono a guadagnare 2 mesi in più di stagione di pascolamento.
Inoltre, il suolo sopporta meglio lo stress idrico: nell'estate del 2022, per esempio, non ha piovuto da maggio a settembre ma i pascoli dell'azienda piemontese erano verdi e l'erba ricacciava comunque.
La migliore gestione del foraggio ha un effetto non solo sulla salute del suolo, ma anche sulla produzione di latte.
"Le nostre capre e pecore vanno in calore tra agosto e settembre e partoriscono in inverno. - spiega Arianna - In quel periodo iniziamo a mungerle e poi, verso ottobre, smettiamo perché sono di nuovo gravide. Prima, quando sfruttavamo male l'erba, ad agosto la produzione di latte diminuiva tantissimo e anche molto velocemente. Ora, anche se in quel periodo il latte fisiologicamente diminuisce comunque perché le pecore e le capre sono gravide, avendo la possibilità di continuare a mangiare erba fresca la qualità è molto più alta. E infatti, da quando pratichiamo il pascolo razionale, il latte che si produce da agosto in poi è il migliore della stagione".
Per quanto riguarda la produzione di formaggi in azienda: "Vendiamo i nostri prodotti solo direttamente e non lavoriamo con distributori - racconta Arianna Marengo - Partecipiamo al Mercato della Terra di Slow Food ad Alba e vendiamo anche a ristoranti e vinerie. Non ci interessa per forza la quantità ma la qualità".
Infatti il tipo di pascolo può influenzare fortemente le caratteristiche del latte e dei formaggi, ci spiega Arianna: "Il latte di aprile non è lo stesso di luglio o ottobre. I formaggi cambiano di stagione in stagione. Per questo è importante avere un contatto diretto con chi acquista, ci permette di spiegare il nostro prodotto e costruire una relazione con i cuochi e le famiglie che vengono al mercato e raccontare cosa c'è dietro ogni prodotto. Oltre alla vendita diretta organizziamo anche delle visite con degustazione dove spieghiamo le nostre pratiche così il cliente è più interessato".
Pascolo razionale e agroforestazione
Per rendere la pratica il più rigenerativa possibile si possono integrare animali e colture nello stesso ecosistema produttivo. In questo caso si parla di agroforestazione e di sistemi agrosilvopastorali in cui le chiome degli alberi possono fornire ombra agli animali e anche foraggio; in cambio gli animali fertilizzano il terreno e tengono sotto controllo la vegetazione spontanea.
Anche ai Pascoli di Amaltea si guarda in questa direzione e per diversificare la produzione vogliono produrre sidro di mele. "Stiamo piantando meli e peri lungo i confini delle parcelle del pascolo" - spiega Arianna - "È un progetto di agroforestazione che abbiamo iniziato 3 anni fa piantando alberi di 3 anni. Quest'anno avremo il primo raccolto. La produzione di sidro però è già partita: per ora acquistiamo mele biologiche da un'azienda certificata biologica della Valle Bronda, in Piemonte".
Le varietà messe a dimora sono circa 200, scelte tra antiche varietà piemontesi e altre più adatte alla produzione di sidro, come la Renetta del Canada e la GoldRush.
"Abbiamo deciso di guardare al prato non solo come ad un pascolo e pian piano vogliamo piantare anche siepi di gelso, perché le foglie sono molto nutrienti, e prugnolo. Abbiamo messo a dimora anche una piccola vigna e lì già pascolano alcune pecore, non tutto il gregge perché le piante sono ancora piccole. Ovviamente l'idea è quella di non usare rame, che per gli animali è tossico".
Agroforestazione e pascolo delle pecore
(Fonte: Pascoli di Amaltea)
Solo benefici
Nessuna criticità? Nessun punto debole? "No, no, no. Mio marito Alessandro quando parla di questo metodo dice sempre: c'è stato solo da guadagnare - racconta Arianna dei Pascoli di Amaltea - È un sistema che consigliamo a tutti i nostri colleghi. Da quando abbiamo iniziato ad applicare il pascolo razionale, abbiamo avuto solo tantissime ricadute positive: gli animali stanno meglio, la curva del latte è migliorata e la nostra azienda ha cominciato a sostenersi di più economicamente.
Dal punto di vista della salute animale, prima nel gregge c'era sempre una parte di animali che non ci convinceva e non capivamo il motivo. Provavamo con un po' di integrazione utilizzando un mix di orzo, piselli proteici e fave, ma ne davamo poco perché volevamo mantenere il latte da erba e fieno. Da quando seguiamo il metodo del pascolo razionale, la differenza si vede. Certo, ogni tanto un animale si ammala, può capitare, ma nel complesso il gregge è molto più sano".
E poi c'è anche il latte: "Anche i formaggi sono molto più buoni. Probabilmente perché adesso gli animali mangiano tutte le erbe, non solo le 10 che preferiscono. C'è più complessità, più varietà nel latte".
E a livello di agroecosistema? Arianna ci risponde che: "ci sarebbero da fare le analisi del terreno per vedere a che livello è la sostanza organica. Però già empiricamente si vede che il suolo è bello, pieno di lombrichi, e non è per niente asfittico. Ci piace che si fertilizza meglio con il letame, così noi utilizziamo molto meno il trattore. Prima dovevamo sempre rientrare a fine stagione per distribuire del letame, ora non ce n'è più bisogno".
A conferma di questi risultati, in questo studio scientifico hanno valutato la salute del suolo in terreni gestiti con strategie di pascolo differenti (continuo, rotazionale e nessun pascolo) e a diverse intensità (pascolo pesante, moderato e leggero) utilizzando 64 studi fatti in tutto il mondo. È emerso che il pascolo continuo è il più impattante in negativo: riduce la sostanza organica, compatta il suolo e abbassa il rapporto carbonio/azoto. Al contrario, il pascolo rotazionale - come quello razionale - migliora la salute del suolo e garantisce nel terreno un contenuto di carbonio organico migliore rispetto a quello del pascolo continuo ma non diverso dai terreni in assenza di pascolo.
Un consiglio per chi vuole avvicinarsi a questa tecnica? "Secondo me non si può prescindere da una consulenza, da un progetto che ti fa un tecnico perché non ci si può improvvisare. La parcellizzazione dipende da quanti animali si ha, da come è esposta la terra e dal luogo in cui si è", afferma Arianna Marengo.
E quanto tempo ci vuole per la conversione? "Poco perché è solo questione di fare dei recinti più piccoli. Chiaramente noi eravamo avvantaggiati dal fatto che il gregge era già abituato al pascolo; qualcuno che ha gli animali sempre in stalla e vuole partire col pascolo, è chiaro che ci metterà un po' più di tempo. Però è assolutamente fattibile per tutti".