I soldi dell'Europa
E' un breve articolo, ma ricco di informazioni, quello firmato da Davide Gaeta per le pagine di economia di “QN” in edicola il 31 agosto. Si fa il punto sulle provvidenze previste da Bruxelles per il mondo agricolo in conseguenza dell'emergenza sanitaria.La prima misura, si ricorda, riguarda la flessibilità nell'impiego dei Psr. Poi l'accesso a prestiti agevolati sino a 200mila euro. I singoli stati possono andare oltre con aiuti sino a 5mila euro per agricoltore.
Inoltre saranno aumentati gli anticipi sui sostegni al reddito previsti dalla Pac (dal 50% al 70%). Deroga infine per gli aiuti di Stato, con un aiuto massimo per azienda agricola di 100mila euro.
E se non basta, ecco gli aiuti per l'ammasso privato destinati a diverse filiere il cui mercato è in difficoltà.
Purché non sia solo un “libro dei sogni”.
Che ne sarà del vino
La stagione della vendemmia entra nel vivo e si moltiplicano le analisi e le previsioni sul vino che verrà.Stando alle anticipazioni firmate da Annamaria Capparelli sulle pagine del “Quotidiano del Sud” in edicola il primo di settembre, la qualità si preannuncia ottima. Peccato che per ottenere questo risultato si debbano prima affrontare molti ostacoli, in primo luogo la difficoltà di trovare manodopera.
Oggi il problema riguarda la raccolta dell'uva, ma subito dopo lo stesso problema si presenterà per mele e kiwi e poi per le olive. Senza una proroga dei permessi per i lavoratori stagionali, salvare i prossimi raccolti sarà un compito arduo.
Una soluzione potrebbe arrivare dai voucher, strumento diventato talmente complesso da essere inapplicabile.
Superati i problemi della manodopera, il vino dovrà vedersela con il drastico ridimensionamento dell'export, già ora in flessione del 4%. Sul fronte export, pur avendo archiviato, per il momento, l'aumento dei dazi statunitensi, resta sul tavolo l'incognita Brexit, mentre le vendite in Gran Bretagna sono già cadute del 12%. Peggio ancora l'export verso la Cina, che segna un meno 44%.
Non stupisce di fronte a questo quadro a tinte fosche che quattro cantine su dieci siano in affanno. Si spera riescano a superare questa fase.
La debacle della “quarta gamma”
Era difficile prevederlo, eppure l'emergenza sanitaria ha messo alle corde anche un settore in forte crescita come quello delle orticole di quarta gamma.Una perdita di fatturato che secondo le analisi di Nielsen si aggira sui 50 milioni di euro, ma che a detta degli operatori è assai di più.
Lo si apprende il 2 settembre da “Italia Oggi”, che lancia un allarme per la tenuta di numerose aziende del settore, che potrebbero non superare questa profonda crisi. A rischio default, si legge, è circa il 10% del migliaio di aziende produttrici di insalate in busta, alle quali si potrebbero aggiungere i trasformatori che lavano, tagliano e confezionano gli ortaggi.
Tutta colpa, si dice, del cambiamento nelle abitudini dei consumatori indotto dall'emergenza Covid.
Facile immaginare che anche ristoranti e più in generale mense e ristorazione collettiva facessero largo uso di queste tipologie di prodotto. La loro chiusura ha probabilmente trascinato nella crisi anche le insalate in busta.
Al contrario di quanto avvenuto in Italia, negli Usa il consumo della quarta gamma è aumentato, anche grazie ai vantaggi offerti in tema di sicurezza e di minori sprechi.
Per questo Unaproa, l'Organizzazione dei produttori ortofrutticoli, ha presentato al Mipaaf un progetto per sviluppare azioni di comunicazione per rilanciare i consumi.
Ridateci i voucher
I voucher sono stati sostituiti nel 2017 dai contratti di prestazione occasionale, che però si stanno rivelando inefficaci per il lavoro agricolo.Troppo complessi e con troppi adempimenti: prima occorre la registrazione al sito dell'Inps, il versamento con il modello F 24, la creazione del rapporto di lavoro, la comunicazione un'ora prima dell'avvio della prestazione lavorativa.
Una complessità messa in evidenza da “Il Sole 24 Ore” del 3 settembre, che su questo argomento ha interpellato le principali organizzazioni agricole, per chiedere quali soluzioni suggeriscano. La risposta è unanime e punta ad uno strumento normativo sicuro e senza burocrazia, come lo erano i vecchi voucher cartacei.
Quanto sia importante il lavoro in campo agricolo lo dimostrano alcuni importanti dati, con 1,2 milioni di lavoratori, di cui 370mila non italiani. Con la vendemmia già in atto e la prossima raccolta della frutta autunnale e delle olive, il problema della manodopera in campo agricolo si fa sempre più pressante, specie di fronte alle difficoltà di ricorso al contratto di prestazione occasionale.
Manodopera, ecco la soluzione
Si continua a parlare di lavoro agricolo il 3 settembre, questa volta su “Italia Oggi”, che in una breve nota riporta una notizia destinata a raccogliere molto interesse da chi ha esigenza di reclutare manodopera.Nell'articolo si parla del decreto Rilancio, che all'articolo 34 prevede che i percettori del reddito di cittadinanza possano stipulare contratti a termine nel settore agricolo, purché non superiori a 30 giorni.
Il vantaggio per loro sta nel mantenere immutato il beneficio del reddito di cittadinanza, sempre che non si superi la soglia dei duemila euro, limite peraltro difficile da raggiungere, visto che la durata massima del contratto è di un mese.
La stessa regola si estende ad altre categorie di lavoratori in difficoltà, ai quali sono destinati altri sostegni, come la cassa integrazione e altri ammortizzatori sociali.
Sembrano così accolte le richieste di quanti invocavano la possibilità di mettere all'opera nei campi disoccupati e persone in cerca di lavoro.
Nel breve articolo si fa solo un accenno alle procedure che occorre seguire, si spera siano meno astruse e complicate di quelle che stanno facendo naufragare l'applicazione dei contratti di prestazione occasionale.
Il vino e gli aiuti nel cassetto
L'Italia ancora una volta sarà al primo posto per quantità di vino prodotto. Lo dicono le anticipazioni elaborate da Assoenologi, Ismea e Uiv, che indicano in 47,2 milioni di ettolitri la produzione 2020 di vino, che pure segna una modesta riduzione (meno 1%) rispetto allo scorso anno.A queste previsioni dedica un ampio articolo il “Corriere della Sera” del 4 settembre, dettagliando l'andamento della produzione nelle diverse regioni. Si scopre così che mente il Nord aumenta di oltre il 3%, il Centro arretra del 2% e il Sud rallenta del 7%.
Il presidente di Uiv (Unione italiana vini), Ernesto Abbona, prevede che anche la qualità sarà buona, con punte di eccellenza.
Restano sullo sfondo le difficoltà vissute dal settore in conseguenza dell'emergenza sanitaria, affrontata con il ricorso ai sussidi per la vendemmia verde, utilizzata però solo in parte. Ancora più cautela per il ricorso alla distillazione di crisi.
Ricordo che complessivamente le due misure hanno messo a disposizione 150 milioni di euro (50 per la distillazione di crisi e 100 per la vendemmia verde), dei quali ne sono stati utilizzati solo 53 milioni. Quel che rimane, ha assicurato la ministro Teresa Bellanova, sarà utilizzato sempre a sostegno del settore, ma bisogna prestare attenzione alle scadenze.
Se l'agricoltura vale oro
“Il Fatto” in edicola il 5 settembre dedica alla notizia solo poco righe, ma il via libera al “pegno rotativo” sui prodotti agricoli a marchio di origine, introdotta nel “Cura Italia”, meriterebbe assai più spazio.Vediamo allora di cosa si tratta. In pratica con questo decreto i prodotti Dop possono essere dati in pegno e rappresentare una forma di garanzia al pari dei metalli preziosi. Non è una novità assoluta. Questa formula era infatti già applicata per alcuni prodotti Dop; uno su tutti il Parmigiano Reggiano.
Non a caso molti magazzini di stagionatura di questo formaggio facevano capo, specie in passato, a istituti di credito e questo formaggio in più di un'occasione si è rivelato un ottimo investimento.
La novità sta nell'allargamento del “pegno rotativo” a tutte le produzioni che possono vantare un marchio Dop o Igp.
L'agricoltura e più in generale l'agroalimentare, ha dimostrato durante l'emergenza sanitaria la sua importanza strategica. Ora va oltre e si presta a nuove formule di apertura del credito, enzima necessario alla ripresa in ogni settore economico. Burocrazia permettendo.
Attenti all'alternaria delle pere
Prima aveva colpito le coltivazioni di pere in Emilia Romagna, regione dove questa coltura è concentrata, e ora si va espandendo in Veneto e in particolare nel rodigino e nel veronese. E' l'alternaria delle pere, fungo parassita che attacca i frutti già lesionati o debilitati per altre cause, come spiega in dettaglio “Fitogest”.Della diffusione del patogeno si occupa “L'Arena” del 6 settembre, per ricordare che sono quasi tremila gli ettari coltivati a pere fra Verona e Rovigo, per un valore di 55 milioni di euro. E ora si rischia di perderne fra il 30 e il 70%.
Ad essere colpita è in particolare l'Abate, una delle varietà di maggior pregio.
A complicare la situazione c'è la decisione delle autorità europee di proibire alcuni principi attivi che sino a ieri hanno svolto un ruolo fondamentale per contrastare la maculatura bruna e l'alternaria.
Ogni lunedì uno sguardo agli argomenti affrontati da quotidiani e periodici sui temi dell'agroalimentare e dell'agricoltura, letti e commentati nell'Edicola di AgroNotizie.