Riuscirà Davide ad affermare la propria identità contro Golia? Il Lambrusco mantovano (e la sua nicchia viadanese), con tre realtà cooperative (Viadana, Gonzaga e Quistello) per una trasformazione aggregata complessiva inferiore ai 100mila quintali di uva, 2,34 milioni di bottiglie e circa 320 soci, ce la farà a difendere la peculiarità della produzione e a valorizzarla, senza essere bevuto dai giganti emiliani?

La questione nasce dalla volontà, deliberata dalla cantina sociale di Gonzaga nei giorni scorsi, di valutare l’ipotesi di un progetto di fusione nella cantina sociale di Carpi e Sorbara. Un colosso da grandi numeri, tipici del cooperativismo emiliano: oltre 1.200 soci, una produzione di 450mila ettolitri di vino, corrispondente a 3-4 milioni di bottiglie vendute all’anno; inoltre, sono sei gli stabilimenti attivi (cinque di pigiatura, uno di imbottigliamento).

La notizia ha mobilitato la Regione Lombardia ed il quattro aprile si è tenuto un tavolo di confronto a Mantova (l’enclave produttiva del Lambrusco mantovano e viadanese si estende tutta in quella fascia di provincia che si specchia nell’Emilia), convocato dall’assessore all'Agricoltura, Gianni Fava.

Presenti le tre cantine sociali di Viadana, Gonzaga e Quistello, i rappresentanti dei sindacati agricoli e Confcooperative Mantova, che subito dopo Vinitaly (10-13 aprile) si farà carico di convocare le realtà di Quistello (1 milione di bottiglie), Viadana (140.000 bottiglie) e Gonzaga (1,2 milioni di bottiglie) per definire un piano strategico di valorizzazione congiunta del Lambrusco mantovano.

Per il Lambrusco, dopo la querelle europea sulla tutela dei vini identitari, al momento risolta, si apre un ulteriore problema, questa volta circoscritto all’area virgiliana.
“La Regione Lombardia - ha precisato l’assessore Fava - non entrerà nel merito delle decisioni imprenditoriali delle singole aziende, ma garantirà, qualora venisse definito un percorso finalizzato a promuovere l’identità del Lambrusco mantovano, qualsiasi tipo di supporto previsto dalle normative o dall’Ocm vino per l’internazionalizzazione verso i Paesi terzi”.

Fava ha ribadito la convinzione di valorizzare congiuntamente il prodotto mantovano, “perché è distintivo di un territorio specifico, conosciuto e apprezzato anche all’estero”.

Il dialogo, dunque, vince. Nulla per ora è scontato, anche per la situazione differente di bilanci o di prospettive. La volontà di stringere un rapporto con la cantina sociale di Carpi, spiega infatti Paolo Bernini, presidente della cantina di Gonzaga, non nasce da difficoltà economiche, ma da prospettive di collocazione del prodotto.

Differente la situazione di Viadana, reduce da tre annate tutt'altro che esaltanti, per colpa del meteo. La peculiarità del territorio e della produzione di Lambrusco viadanese, nell’alveo del più ampio prodotto targato Mantova, secondo Andrea Pezzali, numero uno della cantina di Viadana, va difesa e valorizzata.

Bisogna capire in che modo. E qui le filosofie di approccio ai mercati differiscono. La cantina di Quistello, ad esempio, da anni ha scelto di valorizzare la qualità e la territorialità, sostenendo un processo finalizzato alla vendita in bottiglia e nei canali horeca. Nessuna concessione alla Gdo, per non svilire il prezzo. Altre realtà mantovane non hanno ancora pienamente abbandonato la prevalenza dello sfuso, strada decisamente più impervia per strappare prezzi remunerativi per i soci delle cantine.

Dopo Vinitaly sarà necessario trovare una sintesi e individuare progetti di promozione del marchio territoriale, che potrebbero anche contare su formule di sostegno da parte delle istituzioni. Intanto, come da mandato dell’assemblea dei soci, la cantina sociale di Gonzaga non chiude la porta ai “cugini” di Carpi e Sorbara, ma si dichiara disponibile a un confronto per valorizzare il Lambrusco mantovano.