Ogni anno un terzo del cibo prodotto per l'alimentazione umana finisce sprecato. Sono 1,3 miliardi di tonnellate di frutta, verdura e carne che si deteriorano e devono essere scartati.
È un male che affligge non solo il ricco mondo occidentale, ma anche i Paesi in via di sviluppo. Per questa ragione la Commissione europea ha deciso di presentare a dicembre, all'interno di un più ampio pacchetto sull'Economia circolare, una serie di proposte che mirano a ridurre il "food waste".

La Commissione Ue ha scelto Expo 2015 per la conferenza di lancio, un evento che ha messo assieme tutti i soggetti della filiera alimentare. Dalle associazioni di agricoltori fino ai consumatori, passando per legislatori e aziende di trasformazione e distribuzione.

In Europa ogni anno si buttano via 100 milioni di tonnellate di cibo”, spiega Vytenis Andriukaitis, Commissario europeo per la salute e la sicurezza alimentare. AgroNotizie l'ha intervistato il 15 ottobre a Expo, in occasione della giornata conclusiva del dibattito scientifico promosso dall'Unione europea all'Esposizione di Milano.

Se non faremo nulla diventeranno 120 nel 2020 - continua Andriukaitis - E' uno spreco intollerabile non solo dal punto di vista etico, ma anche economico e ambientale. Se la domanda di Expo è come fare a sfamare una popolazione mondiale che nel 2050 supererà i nove miliardi di persone, certamente la riduzione dello spreco di cibo è una risposta”.

I numeri sono impressionanti: basti pensare che secondo le stime della Fao il Pianeta sarebbe in grado di sfamare 20 miliardi di persone, se il cibo non fosse sprecato e ben distribuito. Ma il nord e il sud del mondo sperperano risorse in egual misura. In Occidente il 40% delle perdite si focalizza nell'ultimo miglio, nella vendita al dettaglio e nelle nostre case. Nei Paesi in via di sviluppo invece dopo il raccolto e nel trasporto.

Il problema è che negli Stati poveri gli agricoltori non hanno mezzi per conservare i prodotti alimentari, le infrastrutture di comunicazione sono carenti, non esiste una filiera del freddo né tecniche di conservazione adeguate. Un punto cruciale visto che la maggior parte delle persone malnutrite abita in quei Paesi.

In Occidente invece lo spreco avviene soprattutto nella parte finale della filiera. Le industrie di trasformazione sono responsabili di gran parte delle perdite, così come la grande distribuzione e le famiglie. Uno studio di Eurobarometro ha dimostrato come solo il 40% degli europei conosce la differenza tra "da consumarsi entro il" e "preferibilmente entro". Questa incomprensione rappresenta da sola tra il 15% e il 33% degli sprechi domestici.

Visti questi numeri, alcuni sollevano dubbi circa la reale necessità di aumentare la produzione agricola, magari con l'utilizzo degli Ogm, per rispondere alle necessità del mercato.
Le due cose vanno di pari passo”, spiega Andriukaitis. “Serve sia una riduzione degli sprechi che una migliore distribuzione del cibo. Ma non possiamo avere un atteggiamento anti-scientifico, precludendoci la possibilità di avere più cibo, più nutriente e sano”.

Per combattere il food waste la Commissione presenterà a dicembre un pacchetto di norme che ha come obiettivo la riduzione del 30% degli sprechi da qui al 2025.
Si va da una migliore comunicazione, ad esempio attraverso le etichette, all'adozione di tecniche innovative di conservazione degli alimenti in tutta la filiera, dal campo alla tavola. La Commissione chiederà che si renda più facile la donazione del cibo ad enti caritatevoli e che si promuova una filiera corta. Meno tempo passa dalla raccolta al consumo meno cibo viene sprecato. E se proprio qualcosa deperisce deve poter essere riutilizzato. Come? Ad esempio nella nutrizione animale oppure nella produzione di energia.


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